Specialmente quest’anno, l’aura di Curry si sta spingendo ben oltre quello che fa in campo.

FOTO: CNBC.com

Due giorni fa Stephen Curry ha finalmente sorpassato Ray Allen nel conto totale di triple in carriera in Regular Season. Lo ha fatto nel miglior palcoscenico possibile, in un gremito Madison Square Garden, con Reggie Miller al commento televisivo e lo stesso Allen in prima fila.

Il picco di popolarità raggiunto negli ultimi giorni è pazzesco, ma è in realtà da inizio stagione che il numero 30 appare come il giocatore simbolo (almeno mediaticamente) della lega, con tutti gli occhi addosso.

Il fenomeno Curry nasce ormai 6 anni fa, nella stagione 2015/16, in cui il nativo di Akron strega gli occhi di tutti gli appassionati, e dopo le 73 vittorie conquistate con i Golden State Warriors vince l’MVP all’unanimità.


Quello del 2016 rimaneva, fino a quest’anno, il momento più alto della popolarità di Curry, andata poi ad assottigliarsi leggermente negli anni successivi, a causa dell’arrivo di Kevin Durant come compagno di squadra e dell’infortunio che l’ha tenuto fuori dai giochi nella stagione 2019/20.

La sensazione è che quest’anno Steph sia di nuovo tornato al centro della scena.

La spettacolarità

Prendiamo ad esempio il paragone tra Steph Curry e un altro giocatore nell’élite della lega, Giannis Antetokounmpo, uscente MVP delle Finals.

Provate a immaginare tre possessi consecutivi in cui il greco fa semplicemente quello che sa fare meglio, ovvero penetrare e concludere al ferro sfruttando la sua fisicità e il suo atletismo. Ora invece immaginate due possessi consecutivi in cui Curry mette un tiro da tre punti nel suo stile, magari dal palleggio, a otto metri abbondanti di distanza dal canestro. Entrambi hanno segnato sei punti, ma quello che ha rubato più l’occhio è quasi sempre il secondo.

In modo molto semplificato, questo è il motivo principale per cui Steph è così amato dal pubblico e dai media che si occupano di NBA: la spettacolarità del suo gioco. E’ la ragione per cui viene da moltissimi considerato il giocatore più intrattenente della lega.

Un mese fa, i risultati mostrati da Sports Media sottolineavano come gli Warriors fossero presenti in sei delle undici partite più guardate a inizio stagione nelle TV nazionali statunitensi, e in tre delle prime cinque (Lakers-Warriors, Nets-Warriors e Warriors-Bulls).

Due settimane fa, la TV nazionale ha deciso di trasmettere Warriors-Suns al posto di Lakers-Clippers, e vista l’importanza dei giallo-viola e la presenza di LeBron James, è una notizia.

Sette delle prossime dieci partite dei Dubs saranno trasmesse da un’emittente tra ESPN, TNT e NBA TV.

Non sono tuttavia solo gli spettatori ad apprezzare l’elettrizzante gioco del due volte MVP. The Athletic ha recentemente intervistato un gruppo di 188 ex giocatori NBA, chiedendo loro l’opinione su alcuni temi riguardanti l’attualità della lega.
Alla domanda su chi sia il giocatore più divertente da veder giocare, il risultato è stato schiacciante:

Il tifo in trasferta

In questo inizio di stagione, la sensazione è che Stephen Curry non giochi mai in trasferta. Affermare questo sarebbe esagerato, ma l’affetto che riceve anche dal pubblico delle arene lontane del Chase Center non ha eguali.

Aldilà dei tifosi dei New York Knicks eccezionalmente in piedi per gran parte dei minuti iniziali della partita, per aspettare che un avversario battesse un record all-time in casa loro, ci sono state dimostrazioni meno scontate nell’arco dei primi due mesi di stagione.

L’episodio più clamoroso si è verificato a Brooklyn il 17 novembre, quando nell’arena dei Nets si è chiaramente sentito il canto “MVP, MVP, MVP!” proveniente dagli spalti con Curry in lunetta, coperto da deboli fischi.

Un altro elemento di spettacolo è rappresentato dal riscaldamento pre-gara di Steph, che prevede giochi di prestigio per allenare il palleggio, tiri fuori equilibrio e gli immancabili tiri dal logo. L’abitudine di presentarsi con grande anticipo alla partita per assistere – e filmare – la routine pre-partita del numero 30 non è nata quest’anno, ma si è ulteriormente rafforzata.

Il parallelo con Roger Federer

In un recente articolo per il Wall Street Journal, Jason Gay ha paragonato Roger Federer e Stephen Curry, non tanto per quello che fanno nei rispettivi campi da gioco, ma per l’impatto che riescono ad avere sul pubblico.

Steph Curry è entrato nella “Roger Federer Zone”, in cui non esiste pubblico ostile ed è festa ovunque vada, perché è bello da guardare e non sei sicuro che potrai vedere di nuovo qualcuno giocare in quel modo.

Jason Gay

In virtù di quanto detto finora, il paragone non appare una forzatura poi così grande. Così come Federer ha sempre raccolto affetto e simpatia dai tifosi negli stadi di tutto il mondo, soprattutto negli ultimi dieci anni di carriera, Curry sembra essere da poco entrato in un momento in cui il pubblico dell’NBA vuole godersi ogni sua partita, ogni suo tiro, ogni cosa che fa.

Con il 34esimo compleanno alle porte, la carriera di “Baby faced assassin” sta entrando nella parte conclusiva, e gli spettatori lo sanno. Il pubblico – che sia al Chase Center, in trasferta o sul divano di casa – è consapevole di avere di fronte un giocatore unico nel suo genere, e vuole essere testimone di ogni istante dell’ultimo periodo della sua espressione ai massimi livelli.