La carriera di Randle è stata costantemente tra alti e bassi. E ora?

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Questo contenuto è tratto da un articolo di Eli Cohen per The Knicks Wall, tradotto in italiano da Vincenzo Raffaele Cervone per Around the Game.


Julius Randle ha ricevuto palla in post alto e preso le misure al suo difensore, pronto ad attaccare, sicuro del suo vantaggio fisico. Un primo passo rapido a sinistra, due palleggi a destra, attirando l’aiuto difensivo del rim-protector; poi un duro scontro mentre tenta di scaricare la palla al suo compagno sotto canestro. Palla persa ed entrambe le squadre che stanno correndo dall’altra parte del campo. Tutti, tranne Randle, che è rimasto a terra, con una smorfia di dolore. Ha sentito il “pop”, sa cos’è successo prima che gli diano un parere i medici.


Quella sera la sua tibia si è fratturata. La carriera NBA di Julius era iniziata da 14 minuti. Il giorno seguente, l’allenatore Byron Scott ha descritto la scena dopo la partita, in una stanza dello Staples Center, dicendo che “in pratica lo stava sorreggendo e lo ascoltava piangere”.

Mentre coach Gary Vitti gli avvolgeva la gamba per tenerla immobilizzata e lo staff medico gli preparava la barella, Kobe Bryant era vicino alle sue orecchie. Più tardi, quella notte, un messaggio di Kobe sul telefono: “La tua riabilitazione e la tua mentalità iniziano ora”, ricordandogli che altri grandi avevano subito infortuni simili e sono tornati più forti di prima, non solo facendo riferimento alla sua rottura del tendine d’Achille, ma anche a Blake Griffin, che era mancato tutto il suo primo anno da rookie per poi essere nominato cinque volte consecutive All-Star nei suoi veri primi cinque anni in NBA.

Il supporto di Kobe è stato rafforzato dal grande “Big Game” dei Lakers, l’Hall of Famer James Worthy, che lo ha chiamato a mezzanotte, per sincerarsi delle sue condizioni e per raccontargli la storia della sua tibia rotta da rookie.

Randle ha attribuito a Kobe il merito di essere stata una delle persone principali a tirarlo fuori da quella che chiamava la sua “festa della compassione”. “Ho pianto qualche volta per questo”, ha detto Randle. “Ma, voglio dire, piango per 10 minuti e poi sto bene.”

L’infortunio lo avrebbe tenuto fuori per il resto dell’anno, durante il quale ha subito due interventi chirurgici separati. Era il primo bivio che avrebbe dovuto affrontare come giocatore NBA, ma ce n’erano ancora molti davanti a lui.

IL GIOVANE JULIUS

Randle arrivò ai Lakers dopo un unico anno a Kentucky, dove era entrato come prospetto numero due del Paese (Joel Embiid era 14esimo, dietro Wayne Seldon, entrambi i gemelli Harrison, Kasey Hill e Chris Walker; Christian Wood era 48esimo, e Zach LaVine era 51esimo). Si è unito alla classe di reclutamento dei Wildcats ampiamente considerata una delle migliori di Calipari e ha contribuito a guidarli fino alla finale del campionato NCAA, persa contro UConn di Shabazz Napier.

Durante la sua unica stagione a Lexington, Randle si è affermato come un dominante rimbalzista offensivo e uno scorer nel pitturato, guidando la squadra in termini di Usage, punti, tentativi di tiri liberi e rimbalzi. Un fastidioso infortunio alla caviglia lo ha limitato nel torneo NCAA ed è stato uno dei (anche se forse non l’unico, dato quello che abbiamo visto negli ultimi anni) motivi per cui la sua produzione nelle ultime due partite è stata ben al di sotto del suo standard.

Mentre si intravedeva il giocatore top of the key, size-up and drive che i fan dei Knicks conoscono ormai molto bene, Randle ha fatto la maggior parte dei suoi danni dal post-up, che costituivano il 20% del suo attacco a Kentucky (rispetto al 12.9% della scorsa stagione a New York), evitando quasi completamente il tiro dalla media distanza o da tre punti, giocando costantemente una specie di bully-ball.

A volte mostrava alcuni flash da passatore, specialmente quando attaccava il canesro, ma la sua AST% si fermava al 10% (un dato minuscolo comparato al 25% abbondante che ha registrato con i Knicks). La sua visione periferica era così limitata che un anonimo report pre-Draft affermava senza mezzi termini “Randle non può passare”.

Jonathan Wasserman scriveva: “Puoi contare di trovarlo che fa un virata nel traffico, invece che lontano da esso, almeno due volte a partita. Randle non sempre riconosce dove si trova l’aiuto e talvolta entra in modalità di attacco predeterminata senza un piano di fuga”.

Tuttavia, la sua rara combinazione di mobilità, stazza e abilità con la palla gli è bastata per essere una top-10 pick. Randle ha trascorso i successivi tre anni a Los Angeles, concentrato sull’ampliare il suo gioco e migliorare. Non sembrava, però, un giocatore molto diverso dalla versione di sé stesso a Kentucky. Ha registrato di gran lunga REB% più alto della sua carriera e ha fatto la maggior parte dei suoi punti all’interno dell’area; ha tentato 447 tiri nel pitturato nella stagione 2015/16. Già allora, qualcosa della sua abilità si intravedeva, avendo registrato la sua prima tripla doppia da professionista, diventando il Laker più giovane dai tempi di Magic Johnson a riuscirci.

L’anno successivo, il suo numero di rimbalzi è diminuito, ma la sua AST% ha fatto un grande salto in avanti (dall’11.0% al 19.3%), essendogli stato concesso più spazio in campo, in una squadra giovane che aveva iniziato la sua ricostruzione nel primo anno post-Kobe. Sotto il tabellone, dove ha preso 395 tiri, ha segnato con una eFG% del 61.1%.

In quello che doveva essere il suo ultimo anno in purple and gold, i fan dei Lakers hanno visto Randle migliorare in un’area che mancava al suo già intrigante set di abilità: la difesa.

Anche se non sarebbe mai stato in corsa per il Difensore dell’Anno, sembrava che avesse premuto un interruttore, rendendosi conto che la sua combinazione di stazza e rapidità non era solo una manna per segnare in attacco. Si è presentato all’inizio del campionato notevolmente dimagrito ed è stato usato molto come centro small-ball, e i Lakers di Luke Walton sono stati premiati dalla decisione con una difesa che è rimasta nella top-10 per gran parte della stagione regolare, prima di stabilirsi alla fine al 12esimo posto nella lega. Ovviamente, Brook Lopez, Lonzo Ball e Kentavious Caldwell-Pope erano stati determinanti nella rinascita difensiva della squadra, ma anche la crescita di Randle ha contribuito.

Questo un commento in quel periodo di Joey Ramirez: “Randle è stato isolato dagli avversari più di qualsiasi altro giocatore in questa stagione, ad eccezione di Ryan Anderson di Houston (una nota passività difensiva). Ma gli avversari hanno imparato che Randle non è più un difensore che può essere preso di mira. Hanno tirato solo 14/46 in isolamento contro di lui. Il 30.4% è la percentuale più bassa concessa da qualsiasi giocatore che abbia difeso almeno 30 iso-shots. Solo l’ex DPOY Marc Gasol ha una percentuale comparabile tra i big men, anche se è stato isolato solo un terzo delle volte di Randle.”

Allo stesso tempo, la sua produzione di punti ha raggiunto un nuovo record in carriera: 16.1 punti a notte, in gran parte grazie alla migliorata shot selection. Ha registrato un record in carriera nella frequenza dei tentativi al ferro (54.5%), un minimo in carriera nei tiri da 3-5 metri (4.1%) e il secondo dato più basso nei tiri dal long mid-range e da tre (4.8% e 5.0%). Con le spaziature di cui ha beneficiato grazie a Lopez, ha registrato una ridicola eFG% del 68.7% al ferro, anche il suo contributo in termini di scoring è rimasto piuttosto limitato.

Dopo anni passati a costruire il suo gioco dopo l’infortunio da rookie, Randle era arrivato al momento perfetto per capitalizzare la sua crescita, determinato a diventare la stella del futuro dei Lakers, al fianco di Lonzo Ball e Brandon Ingram.

Poi, cambiò tutto. L’arrivo di LeBron James a LA trasformò lo scenario intorno a lui. Da un lato, dopo aver giocato con Kobe, la possibilità di giocare accanto a LeBron sarebbe un sogno per molti giovani. Ma per un’ala forte con le sue caratteristiche, non era una situazione ideale. E così, è presto arrivato il momento dei saluti con i giallo-viola.

UNA NUOVA DIMENSIONE

Invece del contratto a lungo termine che molte stelle nascenti non vedono l’ora di firmare dopo aver completato il contratto da rookie, Randle ha dovuto accontentarsi di un contratto biennale da 18 milioni di dollari con i Pelicans, il secondo vincolato da una player option. Delle prime sette scelte del Draft 2014, solo Jabari Parker guadagnava meno con il secondo contratto, nonostante Randle fosse reduce da una stagione in cui era il migliore della sua Draft class per Off Win Shares, OREB%, FT rate e TS%, e il secondo per VORP, Box Plus-Minus, Win Shares/48min e Def Win Shares.

Una volta a New Orleans, comunque, il suo gioco ha assunto un aspetto piuttosto diverso. Dopo aver iniziato l’anno uscendo dalla panchina dietro il duo di Nikola MiroticAnthony Davis che aveva avuto successo l’anno precedente, Randle alla fine ha preso il posto da titolare e la sua produzione offensiva è lievitata. Dopo solo due “trentelli” nei tre anni precedenti, ha segnato 30 punti per ben 11 volte a NOLA, inclusa una partita mostruosa contro Portland da 45 punti, 11 rimbalzi, 6 assist e 2 stoppate.

Mentre il suo numero di tiri al ferro era ancora coerente con i suoi giorni ai Lakers e ancora molto efficace, la sua pericolosità dalla linea dei tre punti è letteralmente esplosa. Dopo aver tirato 129 triple nei suoi primi tre anni nella lega, ne ha tentate 160 nel suo anno a NOLA, mandandone a segno il 34.4%.

Ma non tutti i cambiamenti sono stati in positivo. I miglioramenti difensivi che aveva mostrano l’anno prima sembravano essere caduti in un baratro. Sebbene non fosse interamente colpa sua e spesso giocasse in lineup in cui era poco protetto, a volte sembrava totalmente disconnesso in quell’estremità del campo. Come se Randle avesse deciso che per mettere al sicuro il contratto che aveva perso l’anno prima, doveva concentrarsi solo su una cosa: le proprie cifre, per ottenere soldi. Dopotutto, ha funzionato per il compagno di Draft class Andrew Wiggins, no? E sapete una cosa? Ha funzionato anche per Randle!

Con Kevin Durant, Kyrie Irving, Zion Williamson e Kristaps Porzingis che si sono sistemati nelle loro nuove case non-Madison Square Garden, i Knicks sono andati sul loro piano B, firmando Randle con un accordo triennale da 62 milioni di dollari, per essere la loro prima opzione offensiva (dopo aver scambiato Marcus Morris per una manciata di scelte al Draft).

MONTAGNE RUSSE

Ora, se stai leggendo questo pezzo (grazie per essere arrivato fin qui, ecco un premio!), probabilmente sai già molto di quello che è successo da allora: le difficoltà nel primo anno, la seconda stagione da MIP e il brutale ritorno sulla Terra nel 2022. Anche per un giocatore la cui carriera è stata caratterizzata da continui alti e bassi, il suo tempo con i Knicks è stato particolarmente instabile. Ogni offseason ha posto una nuova, affascinante domanda a cui Randle doveva rispondere.

Il primo crocevia è arrivato dopo la sua prima disastrosa stagione con i Knicks, un anno in cui la sua efficienza realizzativa non è stata assolutamente all’altezza delle aspettative. Incoraggiato dal suo successo al tiro con i Pelicans, i tentativi di Randle al ferro sono crollati (solo il 35.8%, un numero inferiore dell’8% circa rispetto al suo precedente minimo in carriera), mentre quelli dal perimetro e dal mid-range hanno toccato il massimo in carriera. Quei tiri non entravano (46% dal campo e 27% da tre in stagione), l’attacco della squadra non girava e la sua difesa era atroce.

Ma dopo un’estate in cui i tifosi hanno caldeggiato la cessione di Randle per… per qualsiasi cosa, anche per un sacchetto di Voodoo Chips, Randle è tornato con una delle più impressionanti trasformazioni di metà carriera che abbiamo visto di recente in NBA. In un universo di eventi casuali e irripetibili, Julius Randle si è trasformato nel primo Dirk Nowitzki, con la difesa di Shawn Marion e la visione di gioco di Jason Kidd. Ha portato i Knicks ad avere il fattore campo nei Playoffs (a proposito di eventi casuali e irripetibili) ed è stato premiato come Most Improved Player.

La sua AST% è salita alle stelle, quasi raddoppiata rispetto ai tre anni precedenti, e la sua efficienza è incredibilmente aumentata, di pari passo con una shot selection più accurata. Tutto questo in un’ottima Regular Season. E nei Playoffs?

Dopo lo sweep subito dai Knicks per mano degli Hawks, era chiaro a chiunque avesse visto quelle partite che Randle si fosse improvvisamente involuto. I tiri dalla media distanza che erano entrati in modo quasi automatico per tutta la stagione, lo hanno abbandonato; e Randle non è riuscito ad attare il suo gioco e trovare delle soluzioni in tempo, schiantandosi insieme a tutta New York contro Trae Young e compagni.

Randle aveva fatto qualcosa di incredibilmente difficile e sorprendente, mettendo insieme una stagione All-NBA. Ma questo lo ha lasciato a un nuovo bivio: come replicare tutto questo anche la stagione successiva? Come ben sapete, semplicemente, non ci è riuscito.

Randle ha alzato un po’ la sua quantità di tiri al ferro nella stagione 2021/22, ma il 25.4% era ancora al di sotto di ogni altro anno della sua carriera, al di fuori della sopra menzionata stagione da MIP; ha aumentato ulteriormente la frequenza dei tiri da tre punti, passando dal 29.4% nel 2021 al 31.3% nel 2022, nonostante la sua percentuale di conversione fosse crollata dal 41% al 31%.

Ora, si potrebbe sostenere che, proprio come la stagione 2020/21 è stata un anno anomalo, così è stata questa più recente. Dopotutto, se guardiamo ai suoi numeri, sembrano troppo anomali. Possibile che alcuni di questi tendano al rialzo, nei prossimi mesi. Ma il vero problema è che mentre i suoi tiri dalla media distanza e da tre punti sono accresciuti negli ultimi due anni, i suoi tentativi al ferro si sono sostanzialmente dimezzati, nonostante quella sia storicamente la zona del campo in cui è più efficiente.

Sul fronte non-scoring, poi, è dove la sua stagione è stata davvero pessima. La sua involuzione è stata ancora più netta di quanto i suoi detrattori avrebbero mai immaginato, con un (non) effort in difesa che è stato davvero frustrante per i tifosi newyorkesi. Era stata una chiave del suo successo con Thibodeau l’anno prima, ma è peggiorata drasticamente ancora una volta.

Non serve postare le clip. L’abbiamo visto tutti.

E ADESSO?

Tutto ciò ci porta ai giorni nostri, a quello che forse è il bivio decisivo per la carriera di Julus Randle.

La stella di RJ Barrett è in ascesa, al punto che la domanda su chi dovrebbe essere l’obiettivo principale degli sforzi del front office nella costruzione del team è stata fermamente messa a tacere. L’ultimo e più grande free agent firmato dalla squadra da anni è Jalen Brunson, arrivato dai Mavs. Dove si inserisce Randle in questo quadro? La risposta è che probabilmente… non lo si inserisce.

Questo bivio va oltre il semplice ruolo di Randle con i Knicks. L’esperimento “Randle come opzione numero uno” sembra essere finito, definitivamente, e non solo al Garden. Ma il problema allora diventa: che aspetto avrebbe come seconda o addirittura terza opzione in una buona squadra?

Una tale “ristrutturazione” potrebbe non essere necessariamente disastrosa. Dopotutto, Julius è sempre stato al massimo dell’efficienza quando costretto a prendere decisioni rapide con la palla. La realtà, però, è che quanto visto nel primo e nel terzo anno nella Grande Mela non sono granché incoraggianti, anzi. L’arido mercato attorno a un giocatore nominato un anno fa All-NBA è esattamente il riflesso di questo. Anche mettendo da parte l’efficienza come scorer, Randle ha ormai sette anni di carriera e c’è uno schema chiaro (e molto strano) sulla sua presenza in difesa.

2015-2017? Difesa orribile. Stagione 2017/18? Bene. 2018-2020? Cattiva difesa. Stagione 2020/21? Alla grande! 2021-2023? Bene, non abbiamo ancora visto la stagione 2022/23 giocata, ma se lo schema rimarrà questo…

Inoltre, Randle ha avuto solo una stagione in cui ha raggiunto una percentuale soddisfacente dal perimetro, e anche per questo è un giocatore molto difficile da adattare. Quale squadra vorrebbe dare le proprie redini a un giocatore di cui non ci si può fidare del tiro e della difesa, e che ora sembra anche essere diventato una presenza discutibile negli spogliatoi?

Randle in questo momento si trova sull’orlo di un precipizio. C’è ancora una possibilità per lui di essere un giocatore dall’impatto positivo e di valere la cifra che c’è scritta sul suo contratto. La sua abilità di passaggio è genuinamente speciale. Tra le non-guardie, solo Draymond, Jokic, LeBron, Giannis, Ingram, Butler e Siakam hanno ottenuto una media superiore di assist potenziali; e in questo elenco ci sono quattro First-Ballot Hall of Famer, due All-Star perenni, e Ingram che sta per esplodere. Anche in un’era dell’NBA in cui i big dotati di playmaking sono di gran moda, la capacità di Randle balza all’occhio. E come abbiamo visto nella sua stagione da All-NBA, quando è concentrato al massimo in difesa, può essere un giocatore dall’impatto positivo anche in questa metà campo.

Se Randle sarà disposto a mettere da parte il suo amore per l’isolamento e a concentrarsi invece sulle parti del suo gioco che lo rendono davvero speciale, il trend iniziato dodici mesi fa potrebbe invertirsi. Facendo quello che gli riesce meglio: banchettare nel pitturato, segnare i tiri in ritmo con spazio, spingere la palla in transizione. Ma questo richiederà prima di tutto una buona dose di fiducia: in sé stesso, nella propria capacità di cambiare, nella squadra e nelle parti meno affascinanti del gioco.

Abbiamo già visto Randle cambiare il suo gioco, molte volte. Quando era a New Orleans, trasformarsi nel miglior realizzatore possibile era la cosa migliore per la sua carriera, perché gli avrebbe permesso di mettere sul tavolo quelle cifre una volta free agent. Ora, però, è necessaria una nuova evoluzione.

L’unica domanda è: Randle ha la volontà e la fiducia in sé stesso per affrontare la nuova realtà a testa alta?