Questo contenuto è tratto da un articolo di Aaron Dodson per Andscape, tradotto in italiano da Alessandro Di Marzo per Around the Game.


L’era dei bad boys in NBA è giunta al termine, non c’è opinione contrastante che tenga. Trash talking, risse, multe, sospensioni, giocatori che sembravano voler sfidare il mondo da soli… tutto ciò è stato parte integrante delle ultime decadi dell’NBA. E con il ritiro di Matt Barnes, annunciato tramite Instagram a fine 2017, i ragazzi di questo genere sono rimasti davvero pochi.


Si può pensare a DeMarcus “Boogie” Cousins e Draymond Green forse, ma resta comunque difficile assistere a più di qualche semplice scintilla in campo. Oggi si preferisce criticarsi con magliette e cappellini nel pre-partita piuttosto che scontrarsi direttamente sul parquet; per non parlare dell’utilizzo dei social network, anche tramite account falsi – qualcuno ha parlato di Kevin Durant?

Appare però evidente che questa nuova versione di falsi bad boys si configuri come una pura forma di intrattenimento, nulla di più.

Il 28 novembre 2017 James fu espulso per la prima volta in carriera e venne sanzionato con una multa da $4.000. Briciole, se si pensa a giocatori come Matt Barnes: in 14 stagioni con 9 squadre diverse, il prodotto di UCLA ha infatti ricevuto sospensioni per 6 gare e sanzioni pecuniarie del valore di ben $414.276, al contrario del Re, le cui multe ammontano a $70.000 in carriera (spotrac.com).

Con l’addio definitivo di Barnes, se ne è dunque andato uno di quei giocatori audaci che hanno portato avanti una cultura che ormai appartiene agli anni ’80 e ’90. Come il quintetto dei Pistons di Isiah Thomas, Bill Laimbeer, Dennis Rodman, John Salley e Rick Mahorn. E la lista, volendo, continua: Larry Bird, Charles Barkley, Charles Oakley, Reggie Miller, Vernon Maxwell, Latrell Sprewell, Isaiah Rider, Kevin Garnett, Rasheed Wallace, Ron Artest aka Metta World Peace.

Come molti tra i sopra citati, Barnes ha probabilmente avuto atteggiamenti eccessivi qualche volta di troppo. O forse, quella era proprio la sua natura.

In seguito vi raccontiamo 5 momenti indimenticabili dell’ormai ex giocatore, tra attimi di pazzia e passione per il Gioco.

#5: Barnes vs Kobe Bryant – 7 marzo 2010

Ci voleva un certo tipo di carattere per andare contro a Kobe Bryant, ma a uno come Barnes certamente non mancava personalità. Nel marzo del 2010, durante una gara tra gli Orlando Magic e i Los Angeles Lakers – dunque dopo meno di un anno dallo scontro tra le due squadre nelle NBA Finals – i due si punzecchiano per tutto il tempo; finché, durante il terzo quarto, arrivarono petto contro petto, guadagnandosi un tecnico a testa.

La vicenda divenne celebre dopo che Barnes fintò di lanciare il pallone addosso a Kobe, che però rimase completamente impassibile. “Sapevo che non avrebbe fatto un cazzo di niente”, confessò Bryant dopo la fine del match, perso 96-94. “Per cosa avrei dovuto spaventarmi, allora?”.

Non una grande figura. Ma l’atteggiamento è stato quello giusto, e per questo motivo bisogna rispettarlo.

#4: Barnes vs bottiglietta d’acqua – 12 dicembre 2014

Durante le sue tre stagioni ai Clippers, dal 2012 al 2015, Barnes ha ricevuto ben 32 multe, inclusa una decisamente evitabile del valore di $25.000 a Washington nel dicembre del 2014.

Dopo l’uscita dal campo dei titolari da parte di coach Doc Rivers nei minuti finali, a partita ormai chiusa, Barnes disse qualcosa di poco gradevole ai tifosi avversari; poi, improvvisamente, sferrò un calcio e fece volare nel pubblico una bottiglietta d’acqua, mentre tornava verso la panchina – guadagnandosi una delle 4 multe da $25.000 della sua carriera.

Ma attenzione: questa non è affatto la somma di denaro più alta che ha dovuto pagare…

#3: Barnes vs Monja Willis (madre di James Harden) – 6 maggio 2015

Ok, a volte Barnes ha davvero esagerato con il trash talk.

Nel primo quarto di Gara 2 delle semifinali della Western Conference tra Houston Rockets e Los Angeles Clippers, James Harden subì un fallo piuttosto duro da Barnes, il suo difensore principale. E mentre il Barba si dirigeva verso la linea del tiro libero, Barnes gli andò addosso volutamente, costringendo l’arbitro a fischiare un fallo tecnico ai suoi danni.

Di conseguenza, i tifosi Rockets iniziarono a cantare cori diretti verso di lui. Barnes reagì con parole non proprio al miele. La diretta destinataria? Monja Willis, mamma di Harden, che avrebbe poi raccontato a TMZ di aver ricevuto le scuse da parte di Barnes.

“Mio figlio gli andò incontro ordinandogli di chiedere scusa… e lui lo fece. Mi disse che non avrebbe mai voluto mancare di rispetto a una madre, dato che la sua è mancata a causa di un tumore, e che era davvero dispiaciuto”.

Barnes negò sempre di aver pronunciato queste parole offensive. Che, però, gli costarono una multa di $52.000 (di cui $50.000 per le parole indirizzate a Monja Willis e $2.000 per il tecnico ricevuto).

Lasciamo fuori le madri da tutto questo, Matt.

#2: Barnes vs John Henson… e lo spogliatoio dei Bucks – 17 marzo 2016

Cosa succede quando un arbitro espelle un giocatore prima che Barnes abbia l’opportunità di dirgli ciò che pensa?

Succede che Barnes esce dal campo correndo e dirigendosi verso gli spogliatoi avversari, ovviamente. Ed è esattamente ciò che è successo nel marzo del 2016, in un match tra Memphis Grizzlies e Milwaukee Bucks.

John Henson, dopo una super stoppata ai danni di Barnes, si scontrò verbalmente con lui, ed entrambi si presero così un tecnico – per Henson era il secondo della gara, dunque dovette abbandonare il campo.

Tecnicamente, dunque, Barnes non era stato espulso, ma non ne volle sapere di restare in campo: corse negli spogliatoi, quelli dei Bucks, per affrontare il lungo di Milwaukee.

Fortunatamente, un paio di guardie riuscirono a fermarlo in tempo, ma le chiare volontà di Barnes gli costarono la sospensione per una partita e $32.205 di multa.

#1: Barnes vs Derek Fisher – 17 gennaio 2016

La prima riga di un articolo dell’ottobre 2015 pubblicato sul New York Post recitava così:

Derek Fisher, allenatore dei Knicks, è stato aggredito dal bad boy Matt Barnes, che ha guidato per 95 miglia con lo scopo di ‘fargli il culo’ dopo aver scoperto che lo stesso aveva una relazione con la sua ex moglie”.

L’NBA non intervenne nella questione, riguardante i due e Gloria Govan, fino a dicembre, quando decise di multare Barnes sospendendolo per 2 partite e dunque trattenendogli $64.000 dal suo stipendio.

Dopo il primo match tra Memphis e New York nel gennaio del 2016, tuttavia, Barnes non si diede per vinto, spiegando di non essersi pentito, definendo Fisher “snitch” e dichiarando di non volergi parlare. Questi commenti gli costarono ulteriori $35.000 di multa per aver tentato di giustificare la sua violenza.

Un mese dopo, Kanye West, nella canzone “30 hours” (album “The Life of Pablo”), ha ricordato questo episodio così:

I just be like, it was my idea to have an open relationship / Now a n—a mad / Now I’m ’bout to drive 90 miles like Matt Barnes to kill … / 30 hours …