Il veterano ha messo il suo interesse per la salute mentale a disposizione della squadra, fornendo leadership ed esperienza nella corsa al titolo di Denver.

Foto: Garrett Ellwood

Questo contenuto è tratto da un articolo di Marc J. Spears per Andscape, tradotto in italiano da Anna Cecchinato per Around the Game.


Mentre il 38enne LeBron James correva sul parquet per 48 minuti nelle Western Conference Finals, DeAndre Jordan guardava dalla panchina la stella dei Lakers mentre sfuggiva a Padre Tempo. Sebbene il centro veterano dei Denver Nuggets sappia che i suoi giorni da All-Star in NBA siano ormai lontani e che la sua carriera sia al capolinea, il 34enne ha ancora un grande obiettivo: vincere un anello prima che Padre Tempo lo raggiunga.


“Mi rendo conto che Padre Tempo è invincibile”, ha detto Jordan ad Andscape. “Ovviamente uno come Lebron è un mostro, ma Padre Tempo è invincibile. E so che a un certo punto per me il pallone smetterà di rimbalzare e va bene così, sono in pace con la mia carriera. So di aver fatto tanto sul campo. Sono stato un ottimo compagno di squadra, così come lo sono ora ai Nuggets. Sono contento, ma non sono ancora soddisfatto, perché vincere il titolo è importantissimo ed è un mio obiettivo”.

Il ruolo di Jordan a Denver è quello di veterano e voce nello spogliatoio, quasi mai impiegato dai Nuggets nei Playoffs e mai nello sweep sui Lakers. Ne è passato di tempo, dunque, da quando era un giocatore con uno status importante nella lega. La sua unica presenza come All-Star è stata nel 2016, quando giocava nei Clippers dell’era Lob City, al fianco di Blake Griffin a chiudere gli alley-oop serviti da Chris Paul.

Jordan ha vinto una medaglia d’oro con la Team USA nel 2016, ma non hai mai vinto un anello e nei Playoffs 2023 sta vivendo, pur con un ruolo secondario, la sua grande occasione. Ha viaggiato a una media di 5.1 punti e 5.2 rimbalzi in 39 gare di regular season con Denver in questa stagione, la sua 15esima nella lega. “Mi godo la posizione in cui mi trovo ora e apprezzerò ogni momento presente”, ha detto. “E credo che questo mi abbia aiutato a superare gli alti e bassi della stagione, perché a volte giochi, a volte non giochi. Giochi una bella partita, giochi una brutta partita.”

Nella sua carriera in NBA, DeAndre si è dovuto scontrare con diverse difficoltà: i Clippers che non sono riusciti a raggiungere completamente il loro potenziale; far parte della franchigia quando l’allora proprietario Donald Sterling fu bandito a vita dall’NBA nel 2014, per commenti razzisti; e far parte dell’esperimento fallito dei Nets di Durant, Irving e Harden. La più grande notizia da prima pagina nella carriera di Jordan è stata nel 2015, quando ha scioccato il mondo NBA cambiando rotta durante la free agency.

Il 15 luglio 2013, il due volte All-NBA Defensive First Team si era accordato verbalmente con i Mavericks per un contratto da quattro anni e 80 milioni di dollari, per poi cambiare idea otto giorni dopo e rifirmare con i Clippers (per 8 milioni di dollari in più). “Dopo essermi accordato con Dallas e poi essere tornato ai Clippers, è stata una situazione tossica per un po’. E riuscire a separare queste cose dalla vita reale e dalla gioia per la pallacanestro è stato davvero positivo per me”.

Ora, come detto, il suo ruolo è un po’ come quello di Udonis Haslem a Miami. Con diversi giovani giocatori a Denver, può contribuire al successo della squadra con la sua esperienza da veterano. Anche se coach Michael Malone ha detto che non esiterà ad impiegarlo ancora se necessario, come ha fatto quando Nikola Jokic era in foul trouble contro i Timberwolves nel primo turno.

“DeAndre non ha paura di usare la propria voce, e la sua leadership sta anche in questo”, ha spiegato Malone. “Se chiedete a tutti i giocatori e allenatori NBA che conoscono DeAndre, vi diranno che ha un QI straordinario. È uno di quei giocatori che conosceva ogni schema avversario e che era in grado di chiamarlo per aiutare la sua squadra. È così anche quando non gioca. Si impegna. Ascolta. Partecipa alle riunioni. Partecipa alle sessioni di studio e offre il suo contributo. Penso che abbia un valore inestimabile, perché è stato per tanto tempo là fuori, ha giocato con questi ragazzi e ci ha giocato contro. La voce e la leadership di DeAndre sono state preziose per tutta la stagione e ancora di più in questi Playoffs.”

Nel cuore del Mese della Consapevolezza sulla Salute Mentale, che si celebra a maggio, Jordan ha dichiarato che è importante per lui aiutare i suoi compagni di squadra a essere “un paio d’anni avanti” rispetto a com’era lui a livello psicologico in quel periodo della carriera. Ha detto di aver guidato i suoi compagni di squadra in una sessione di meditazione prima di Gara 2 della serie contro Minnesota. Jordan, seguace del buddismo, medita quotidianamente, pratica yoga e segue una dieta rigorosa a base vegetale.

Da dove è nato tutto questo? Jordan racconta di essersi avvicinato al buddhismo durante i viaggi di precampionato in Cina con i Clippers, nel 2012 e nel 2015; nel corso dei suoi soggiorni, è rimasto particolarmente colpito durante le visite ai templi buddhisti e da lì ha iniziato ad incuriorsi. E quando si è unito ai Nets per un viaggio in Cina nel 2019, si recava ormai da solo nei templi ed era abituato a dedicare tempo alla meditazione e alla consapevolezza mentale. Ora, nella sua casa a Malibu (Los Angeles) c’è una guest house con un ampio spazio per il sound bathing, lo yoga e la meditazione.

“Quando ero più giovane e stavo entrando nell’età adulta, ho sempre messo in discussione le cose, cercando di trovare un modo per sentirmi in armonia. E durante i viaggi in Cina per i Global Games a Shenzhen, Shanghai e Pechino, le squadre di cui facevo parte andavano a visitare dei templi. E mi sono detto: ‘Oh, ok, questo mi interessa’. Evidentemente era la mia strada.”

“Si tratta di essere la persona migliore che si possa essere, di diffondere la massima positività e la massima energia possibile nel mondo. E non è un discorso di giusto o sbagliato. A ciascuno il suo, ma per me aveva senso e ho intrapreso questo percorso. Volevo recarmi in vari templi, meditare e incontrare persone diverse, parlarci, e ho portato a casa più insegnamenti che potevo. È bello vedere persone avvicinarsi a questa filosofia, perché non è così lontana come si pensa. Ho imparato così tanto negli ultimi anni, è bello poterlo condividere con chi ne è interessato”.

Foto: PlayersTV

Jordan ha frequentato Texas A&M per un anno e ha interrotto gli studi dopo aver partecipato al Draft 2008. Durante la pandemia di coronavirus, desiderava tornare a studiare online per approfondire temi come consapevolezza mentale, mindfulness, buddhismo e meditazione. Dopo aver preso in considerazione una manciata di scuole particolari che offrivano questi studi, nell’estate 2020 si è iscritto al programma di studi contemplativi della Brown University. L’obiettivo del Mindfulness Center della Brown University è offrire ai propri studenti programmi che migliorino la vita dei singoli e l’efficacia delle organizzazioni.

Oggi, Jordan è circa a metà del programma e sta per laurearsi. E sebbene far parte dei Nuggets richieda molto tempo, racconta di non vedere l’ora di utilizzare il tempo libero per studiare e andare a trovare i suoi compagni di corso alla Brown. “La Brown è stata una delle poche scuole con un programma che mi interessava. Ho frequentato un corso estivo per dimostrare che ero seriamente interessato a studiare e alla fine mi sono iscritto come farebbe qualsiasi altra persona. Ho fatto dei colloqui e sono stato accettato. Ovviamente non sto seguendo un corso completo, a causa del lavoro, ma sto rispettando i tempi per laurearmi. Sono entusiasta di poter imparare da alcune delle più grandi menti del Paese e di tutto il mondo. Ho imparato molto anche dai miei compagni di corso, con i quali ho stretto un bel rapporto nel corso dei tre anni insieme.”

Ora, quello che manca al curriculum (cestistico) di Jordan è un titolo NBA. Con i Nuggets prossimi alle Finals, DeAndre ha la migliore opportunità della sua lunga carriera di diventare campione. Nelle sue meditazioni nel corso dei Playoffs, ha provato a visualizzare cosa si provi ad esserlo. “Immagino come ci si sentirà, che aspetto avrà”, ha spiegato. “Ho sicuramente fantasticato su come sarà la folla, su dove sarò, sulle emozioni che mi attraverseranno, perché voglio essere in grado di visualizzarle fino a farle sembrare reali. Abbiamo una bella possibilità di farcela e se così dovesse essere, sono sicuro che non sarà come me lo sono immaginato. E va bene così.”

“Voglio essere il più presente possibile in quella circostanza perché, per quante persone abbiano giocato in questo campionato, non molte hanno vinto. E voglio vivere quel momento nel miglior modo possibile. Sono impaziente di viverlo, quando e se arriverà.”