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“Keep sleeping on us” – questa la frase, dimenticata da tutti e dal tempo, proferita da Karl-Anthony Towns nell’ormai lontano 2019 riguardo a dei Minnesota Timberwolves molto diversi da quelli attuali, ma molto in linea con il resto della storia recente, fin lì, della franchigia – 19 vittorie e 45 sconfitti stagionali, prima che il COVID interrompesse tutto. Non è una frase visionaria o iconica, non merita l’attenzione mediatica di un The Process, per fare un esempio comune, non ha aperto una legacy, ha solo anticipato quello che KAT, che a Minnesota ne ha viste di tutti i colori, stava sentendo: un cambiamento. Ed effettivamente è stato così. Lo slancio competitivo avuto da quel 2019 è stato notevole, si è passati attraverso varie peripezie, da Andrew Wiggins a D’Angelo Russell, da D’Angelo Russell a Mike Conley, dal costruire un roster e accumulare asset fino al ritorno ai Playoffs, scalando trionfalmente il Play-In, alla distruzione immediata di quel nucleo per ottenere Rudy Gobert, il tutto per arrivare alla prima vittoria di una serie dopo 20 anni. Certo, prima o poi deve pur smettere di piovere, non si tratta di nulla di troppo eclatante, se non fosse per un singolo, gigantesco motivo: nel mezzo, è arrivato Anthony Edwards. Qui si nota da un lato la fallacia dell’affermazione di Towns, perché quella finestra temporale non prevedeva un simile stravolgimento di eventi e quel nucleo non sarebbe arrivato mai così a un secondo turno, dall’altro la giusta consapevolezza alla base di essa, perché il front office a tutti gli effetti ha lavorato benissimo in questi ultimi 5 anni, facendo prima in modo di avere a disposizione un roster competitivo nel quale inserire una prima scelta al Draft, poi di adattarlo al suo astro nascente. Quella frase, minacciosa negli intenti, ridicola nei fatti, quantomeno al tempo, si è finalmente esaurita, perché ad oggi non c’è più nessuno, o quasi, che sottovaluti i Minnesota Timberwolves. Soprattutto i Denver Nuggets, campioni in carica, loro prossimi avversari al secondo turno e che questa squadra hanno già affrontato lo scorso anno, con successo, ma non senza fatica. La franchigia del Colorado non sottovaluterà gli avversari perché più di tutte sa cosa significhi rinascere dalle ceneri dopo anni di lavoro mirato, seguire una superstar nella sua parabola ascendente credendo in essa e accettando i fallimenti e i sacrifici necessari. Sembra quasi provvidenziale che Tim Connelly, l’architetto alla base del nucleo costruito su Nikola Jokic, sia stato anche artefice della “rivoluzione francese” la trade per Gobert in quel di Minnesota, dove è attualmente President of Basketball Operations. Una serie di intrecci, dagli executive ai coaching staff, costruiti su ex dell’una e dell’altra, da Ryan Saunders a Micah Nori, che rende questa serie la più intrigante in assoluto di questo secondo turno, tatticamente e provvidenzialmente. Una serie che merita il dovuto approfondimento.

“How much help does Gobert need?”

Frase ricorrente, spesso con un soggetto diverso. La verità è che, per quanto la narrativa comune voglia questo, lo scontro uno-contro-uno, il miglior difensore contro il miglior attaccante, molto probabilmente non sarà affatto Rudy Gobert a fare da marcatore primario su Nikola Jokic. La difesa dei Timberwolves è un capolavoro organizzativo, ha mille opzioni a disposizione per fare in modo di tenere il lungo francese a copertura del pitturato, essendo dotata di eccellenti screen navigator perimetrali e di aiuti secondari puntuali e di altissimo livello. Per quanto assurdo, l’incarico più complesso spetterà al peggior difensore a roster: Karl-Anthony Towns (o comunque all’ala presente al posto suo, Naz Reid o Kyle Anderson). Minnesota sa benissimo che il due volte MVP è un’arma offensiva inarrestabile, indipendentemente da chi abbia di fronte, pertanto farà il possibile per metterlo in difficoltà difendendo di squadra. La tattica predefinita, soprattutto sul post, ma anche in isolamento, è quella di disturbarne il moto con un’ala/lungo fisici, lasciando Gobert in roaming nel pitturato e mandando anche un terzo show/stunt (nelle clip successive spesso McDaniels) a sporcarne il palleggio. La sola gara emblematica sotto questo aspetto – in tutte le altre stagionali Towns era assente e che nei passati Playoffs i Timberwolves erano senza Naz Reid e Jaden McDaniels – è forse quella di novembre scorso, chiusa dal serbo con 25 punti, ma “soli” 3 assist e 11 su 23 dal campo.

Su questo genere di copertura su post e isolamenti, il più pericoloso si farà senza alcun tipo di dubbio Aaron Gordon. Quest’ultimo sarà ovviamente “ignorato” da Gobert o chi per lui, preoccupato di aiutare su Jokic e di chiudere il pitturato, pertanto si apriranno moltissime chance di ricevere nel dunker spot, dal quale l’ex Orlando Magic è letale. L’unico approccio plausibile dei Timberwolves è quello di avere sempre uno fra Edwards e McDaniels nei pressi del ferro come aiuto secondario, o comunque anche piccoli come Conley o Alexander-Walker per sporcare le ricezioni sul taglio. Inutile dire che la coperta, a questo punto, si farebbe corta, dal momento che si avrebbe sempre un tiratore non battezzabile sul perimetro, ma queste sono le migliori strategie a disposizione per fermare la macchina perfetta e inevitabile di Denver.


Lo scorso anno, i Timberwolves sono stati infatti massacrati quando Gobert è stato incaricato di marcare direttamente Jokic, dal momento che i Nuggets hanno cominciato a inserirlo in qualunque pick&roll. Il francese è uscito spesso alto al livello del blocco – considerando anche l’assenza di McDaniels, la drop, già di per sé rischiosa, non era ponderabile – lasciando Towns come aiuto al ferro, aprendo così la strada dello short roll a Jokic. Inutile spiegare che sia stato un disastro per Minnesota e un successo per Denver, la quale ha dimostrato anche in stagione, contro i Wolves al completo, di poter beneficiare di queste soluzioni – con il solito Gordon pronto a raccogliere qualsiasi lob passi sopra il ferro.

Avere Towns o un’ala su Gobert permette a Minnesota di avere un rim protector molto più efficace nei pressi del ferro, con una wingspan e un senso dello spazio tali da poter limitare le ricezioni di Gordon nel dunker spot non cedendo comunque un centimetro a Jokic. La strategia di far uscire KAT al livello del blocco, inoltre, è stata collaudata con l’arrivo del lungo francese, ma si è già vista ai Playoffs 2022 contro i Grizzlies, quando gli aiuti secondari erano costituiti da Jarred Vanderbilt in primis. Questo permette sia di limitare i problemi di falli di Towns, suo tallone d’Achille mai risolto, sia di sfruttarne la rapidità sull’asse delle ordinate – dato che, su quella delle ascisse, le cose non vanno affatto bene.

Se questa soluzione sul pick&roll sembra buona, non pensiate che KAT non verrà attaccato su ogni possesso in altri modi. Si tratta dell’anello debole dell’altrimenti perfetta catena difensiva dei Timberwolves, migliorato molto ma ancora non abbastanza mobile da poter evitare blocchi ciechi e soprattutto ancora sottoposto a numerosi cali di concentrazione. Nella passata serie Playoffs, anche a causa dell’infortunio che lo ha tenuto fuori tutta la stagione, i minuti con Gobert sono stati tragici, in primis dal punto di vista comunicativo – quando è bastato qualche semplice pick&roll fra Jokic e Gordon per mandare la difesa del tutto fuori giri:

Uscire così tanto come nelle clip precedenti è ovviamente insensato e un suicidio cestistico, per quanto si tratti di un tentativo di cambio/show repentino per venire incontro a Gobert, anche lui non troppo abituato a navigare sui blocchi in punta. Questo è notoriamente uno dei rebus irrisolvibili di Jokic: troppo grosso per marcarlo con un “piccolo” sul perimetro, troppo bravo a passarla per potervi mettere un lungo tradizionale, incapace di passare sui blocchi nei pick&roll fra due lunghi. E questo è forse l’aspetto meno grave di avere Gobert lontano dal pitturato e Towns costretto a impazzire sul perimetro, perché i Nuggets hanno il miglior attacco a metà campo della Lega e soprattutto un migliaio di bloccanti, anche fra le guardie:

La scelta più sostenibile, dunque, è quella di avere Gobert il meno possibile lontano dal pitturato e possibilmente non in marcatura diretta su Jokic. Già contro i Suns, Towns è stato mandato su KD come vittima sacrificale, cavandosela anche piuttosto bene, lasciando il francese in roaming, ignorando Nurkic. Contro Denver sarà diverso, Jokic non è Durant e l’attacco è molto più costruito e coordinato, ma non per questo inarrestabile. Nei casi precedenti, intanto, si può fare un lavoro molto migliore dal punto di vista comunicativo, aspetto approfondito da questa versione completa e aggiornata dei Timberwolves, che sia chiamando il cambio preventivamente o facendo stringere un terzo aiuto al ferro in situazione di short roll – per quanto non facile, con i tiratori di Denver e le azioni decoy sul lato debole. Inoltre, Towns ha fatto qualche progresso in termini di consapevolezza difensiva, pertanto anche sui pick&roll fra “doppio lungo” (Jokic-Gordon) ci sono varie possibilità di applicare coverage differenti e di cambiare con tempi più adeguati:

Ant-Man versione playmaker

Se c’è qualcosa che abbiamo imparato di Anthony Edwards dalla passata stagione, fino alla serie contro i Phoenix Suns, è che ha sbloccato qualche lettura avanzata in termini di playmaking. C’è bisogno che tale versione di Ant-Man si veda con costanza in questo secondo turno, perché sarà una serie in cui avrà moltissimo palla in mano, ancor più del solito. Lo scorso anno, Minnesota ha iniziato a ottenere risultati migliori quando Edwards ha cominciato a tartassare Nikola Jokic sul pick&roll con Gobert, bruciandolo spessissimo al ferro o chiudendogli in faccia senza neanche sentirlo. L’aggiustamento è stato quello di far uscire spesse volte più alto The Joker, lasciando in aiuto Michael Porter Jr., ed è qui che si deciderà la serie per l’attacco di Minnesota:

Questo skip pass sarà tanto importante quanto mettere pressione costantemente al ferro, spingendo la difesa a collassare e ad aprire l’angolo. I drive&kick di Edwards nei passati Playoffs sono stati il motivo per cui spesso i Timberwolves sono riusciti a restare a contatto con i Nuggets, producendo tiri puliti – aumentati addirittura in questa stagione, tanto che la squadra ha chiuso al primo posto in NBA per percentuali di conversione al tiro da tre punti.

La premessa è che, ovviamente, lo shot making resti su questi livelli. Lo scorso anno i Nuggets gli hanno tirato addosso tutto e tutti, da Kentavious-Caldwell Pope ad addirittura Aaron Gordon, passando per Bruce Brown. Ha dimostrato di poter divorare fisicamente chiunque di questi, fronte a canestro così come prendendo posizione e scansandoli in post: dovrà ripetersi se vorrà che la difesa gli dedichi un certo tipo di attenzioni. La serie contro i Suns, sotto questo aspetto, è stata molto incoraggiante, anche se spunti “distruttivi” dalla passata serie Playoffs se ne trovano a bizzeffe:

Il miglior modo per entrare in ritmo, per Anthony Edwards, sarà comunque la transizione offensiva e l’attacco convinto nei primi secondi dell’azione. Serve aggressività costante, per fare in modo di ottenere canestri facili al ferro o aprire spazi immediati, cercando di non far posizionare l’altrimenti molto organizzata difesa dei Nuggets – rimuovendo soprattutto gli aiuti nel pitturato. Una soluzione molto efficace per i Timberwolves è stata rappresentata dai drag/double drag lo scorso anno, cioè i blocchi sulla palla (singoli o doppi) in fase di transizione offensiva, utili sia a far ragionare gli avversari nel giro di pochissimi secondi, sia a creare vantaggio rapidamente per armare la mano dei lunghi tiratori di Minnesota – Towns su tutti, ma anche Naz Reid (ultime 2 clip del seguente video).

Accordare i secondi violini

Chiudiamo con un aspetto tanto ovvio, quanto fondamentale. Non ci sono molti dubbi sul rendimento delle due superstar: Edwards è un agonista nato che, anche in caso di brutte percentuali, troverà il modo di elevare il livello del proprio gioco quantomeno nella metà campo difensiva; così come lo è Jokic, che anche in caso di “difficoltà” farà sempre la giocata giusta e metterà insieme numeri da capogiro. A far la differenza sarà la capacità di attaccare il vantaggio creato da questi due poli da parte dei rispettivi secondi violini – e del resto del supporting cast, ovviamente. Per Jamal Murray, in primis, non sarà una serie facile: oltre a Edwards – e Mike Conley, sempre dimenticato ma cliente scomodissimo – stavolta ci sarà anche uno sempre fresco fra Jaden McDaniels e Nickeil Alexander-Walker. Il secondo violino di Denver è già acciaccato e, nonostante il solito shot making e la mano ferma nei finali di Gara con i Lakers, contro i quali ha segnato 2 game winner, non ha messo insieme ottime percentuali. Certo, il talento è indiscutibile e sia ai passati Playoffs contro NAW, sia in stagione contro McDaniels ha dimostrato di poter fare il brutto e cattivo tempo. Dal suo shot making dipenderà la serie, da un lato e dall’altro.

Molti più dubbi, invece, su Karl-Anthony Towns. Difensivamente per lui questa serie sarà un incubo, perciò è molto importante che possa restare in campo quantomeno con impatto neutro, concentrato nella propria metà campo e non commettendo falli stupidi. Al netto di queste premesse, però, dovrà farsi sentire di là. Qualora i Nuggets, per pareggiare la fisicità di Edwards, dovessero trovarsi a buttare Gordon in marcatura su di lui, per KAT si aprirebbero moltissimi mismatch favorevoli. Inoltre, per il modo di difendere dei Nuggets i pick&roll (Jokic alto al livello del blocco, Gordon/KCP sulla palla, Porter Jr. in aiuto), dovrebbero crearsi molte occasioni di attaccare il vantaggio creato, che sia convertendo in catch&shoot o tagliando al momento più opportuno. Infine, nei minuti senza Gobert sarebbe interessante vedere qualche suo pick&pop e post-up efficace in più: la mobilità, il tocco e la tecnica ci sono tutte, è la concentrazione che manca spesse volte. Ci sarà molto più bisogno del Dr. Jekyll di Gara 4 contro i Suns, anziché del Mr. Hyde del resto della serie. La differenza, per i Minnesota Timberwolves, si fa qui e ora, pertanto il senso di urgenza da parte di uno dei giocatori più rappresentativi nella storia della franchigia deve essere ai massimi storici. “Keep sleeping on us?” – se qualcuno continua a farlo, il momento di svegliarlo è ora.