FOTO: Setanta Sports

Nuova stagione, stessi Denver Nuggets. Avevamo lasciato Jokic e compagni alla parata in Colorado, con la Ball Arena che ribolliva di entusiasmo dopo il colpo del 4-1 inferto dritto al cuore dei Miami Heat. Li ritroviamo 4 mesi dopo ancora dominanti, forse di più, perché stanno confermando di essere ancora la squadra da battere.

Se dovessi descrivere questa franchigia con una sola parola, quella sarebbe continuità, a tutte le latitudini. Tutti e 16 i componenti del coaching staff che hanno portato il titolo nella Mile High City sono ritornati anche quest’anno, alcuni anche fortemente richiesti sul mercato: per farne il nome di un paio, David Adelman (figlio dell’Hall of Famer Rick Adelman, ex allenatore dei Sacramento Kings che sfiorarono la finale NBA nel 2002) che è di fatto l’offensive coordinator della squadra e Ogi Stojakovic, director of player development e membro anche del coaching staff della Serbia medaglia d’argento agli scorsi mondiali FIBA. In campo, gli unici giocatori che hanno salutato in estate sono stati Bruce Brown, compensato con un biennale da $45 milioni dagli Indiana Pacers, e Jeff Green, accasatosi agli Houston Rockets.

Proprio la profondità del roster era l’incognita primaria e, probabilmente, anche il motivo principale per il quale i bookmakers (come Draft Kings) davano Denver indietro rispetto ad altre contendenti al titolo come Boston o Milwaukee. La risposta che la prima settimana di regular season ha dato è stata positiva: la panchina è efficace e non crea un differenziale negativo contro quella avversaria.


Per quanto un campione di 5 partite, le prime cinque, sia molto ridotto, la second unit maggiormente utilizzata, quindi quella con Jackson, Braun, Watson, Nnaji e l’aggiunta di Murray dal quintetto, ha tenuto gli avversari a 105.2 di defensive rating su 60 possessi complessivi, valido per un discreto 76esimo percentile, a cui integrare il 44.9 eFG% e il 22.4 turnover% avversario, entrambi dati buonissimi, al massimo percentile. Questa difesa di Watson su Markkanen nella partita giocata contro gli Utah Jazz è la conferma del vigore e della difesa messa in campo da questo quintetto.

Un giocatore che uscendo dalla panchina ha fatto le fortune di Denver l’anno scorso è Christian Braun, pesca miracolosa del front-office alla 22 del draft del 2022. Quest’anno non solo era chiamato ad elevare il suo livello rispetto a quello della scorsa stagione, già più che positivo, ma doveva anche aiutare la squadra a sopperire alla partenza di Bruce Brown, mettendo intensità e muovendosi senza palla, innescando quella girandola di tagli al centro dell’area che è il leitmotiv dell’attacco dei Nuggets, come questo taglio al ferro contro i Lakers.

Gli altri tre giocatori che escono dalla panchina sono Reggie Jackson, Julian Strawther e Zeke Nnaji. Il primo, dopo apparizioni non del tutto convincenti a Oklahoma City, Detroit e Los Angeles – sponda Clippers – sembra essersi ritagliato il suo spazio nel ruolo di point-guard di riserva che scende in campo nei minuti in cui Murray è seduto. Il secondo ha finora fatto solamente qualche sparuta apparizione, ma la sua abilità di tiro (40.8% l’anno scorso a Gonzaga) farà molto comodo a Denver, che ha speso la 29esima scelta all’ultimo draft per selezionarlo. Il terzo ha firmato un paio di settimane fa un’estensione quadriennale da $32 milioni: coach Malone gli richiede sostanzialmente un contributo costante in attacco, dove ha mano anche per il tiro da fuori, la protezione del ferro e la contesa di qualsiasi rimbalzo. E lui ripaga così:

Se sull’affidabilità della panchina potevano esserci dei dubbi, il quintetto titolare continua a fare fuoco e fiamme e l’uomo in copertina è sempre Nikola Jokic. Fresco vincitore del premio di giocatore della settimana ad ovest dopo aver messo a segno la tripla-doppia numero 107 della carriera, pareggiando il computo di giocatori del calibro di Jason Kidd e Lebron James, il serbo resta il direttore d’orchestra di questa squadra. In attacco, la sinfonia che compone è un valzer di leggiadria, sensibilità e tocco dall’alto dei suoi 130kg, intervallato da intermezzi utilizzati per rispondere agli aggiustamenti tattici delle difese avversarie. Come questo di Utah, che ha giocato la carta difesa a zona, presumibilmente alzando bandiera bianca di fronte a cotanto potere:

Le frecce nella faretra di Jokic sono infinite e non c’è partita in cui non ne dia sfoggio, ma la situazione di gioco che predilige, e nella quale Denver cerca di metterlo ogni volta che può, è il post alto. Da qui, le possibilità che possono nascere sono innumerevoli, come nelle seguenti situazioni presenti in fila, clip dopo clip, nel prossimo video:

  • Viene lasciato in isolamento e, grazie alla sua tecnica sopraffina e al suo uso del corpo, può tirare sulla testa del lungo
  • Passaggio consegnato e blocco per il jumper di Murray
  • Blocco di Murray per il taglio di Caldwell-Pope, Jokic aspetta per capire dove si crea vantaggio e serve Murray per una tripla
  • Stessa giocata di prima, con Gordon che blocca per Porter Jr., ma questa volta taglia anche il bloccante e riceve il passaggio da Jokic
  • Ricezione in isolamento, taglio al centro con conseguente raddoppio del difensore e scarico per il tiratore libero, in questo caso Caldwell-Pope

L’altra giocata mortifera per le difese avversarie è il pick&roll giocato tra Murray e Jokic. Un dilemma insolvibile per la difesa, non volendo mandare un terzo uomo in aiuto, e la motivazione è semplice: non si può lasciare neanche un briciolo di vantaggio a nessuno dei due e, nel caso di switch difensivo, sia il canadese che il serbo sanno sfruttare il mismatch a proprio vantaggio. Va da sé che, se la difesa non manda un giocatore in più, il risultato sarà sempre il seguente, come avviene ormai da un paio d’anni a questa parte:

I Denver Nuggets sono una squadra in salute e si vede, magari non termineranno in testa questa regular season, ma ad ovest rimangono ancora la squadra da battere. Se qualcuno voleva una risposta alla domanda: “Hanno ancora i postumi da sbornia dopo la vittoria del titolo della scorsa stagione?”, la risposta è secca e perentoria: “No”.