Abbiamo deciso di raccogliere i dieci momenti migliori delle varie edizioni, dalle schiacciate più spettacolari ai tiri più improbabili

L’All-Star Game. Tutti ne abbiamo guardato almeno uno nella vita, che fosse per lo Slam Dunk Contest, il Three Point Contest o la partita delle Stelle vera e propria. Ognuno di noi ha inevitabilmente scolpito nel cuore il suo All Star moment: una schiacciata spettacolare magari? Un tiro incredibile da centrocampo? Un alley-oop no look? O magari un balletto inaspettato prima dell’ingresso in campo, perché no.
Perché l’All-Star Game è spettacolo, è intrattenimento, forse quanto di più lontano ci sia dal basket (escludendo il fatto che comunque si gioca con la palla a spicchi) eppure non possiamo fare a meno di guardarlo. Ce ne lamentiamo magari, inflazionando ogni commento sarcastico sulle difese nulle, sul graduale calo di spettacolarità delle schiacciate, su un roster di tiratori alle volte modesto. E ciononostante siamo lì ad accendere la televisione e dargli un’occhiata. E qualcosina, bello o brutto che sia, basket o non basket, rimane. Questi sono i dieci momenti migliori (senza un particolare ordine), tra i tanti, che l’All-Star Game ci ha regalato nel corso del tempo.
10 – La “battaglia” degli inni
L’inno nazionale cantato prima delle partite è iconico, e per uno show come la gara delle stelle vengono spesso scomodate, ovviamente, delle star della musica. Perché battaglia degli inni? Perché a distanza di anni, trentacinque per la precisione, accadono due momenti che scolpiscono indelebilmente “The Star-Spangled Banner” nel cuore e nella mente del pubblico e dei giocatori, per motivi diametralmente opposti.
È il 1983 quando Marvin Gaye emoziona il Forum di Los Angeles con un’interpretazione dell’inno talmente fuori dal comune che perfino i giocatori, abituati più di tutti a sentirlo ad ogni partita, non riescono a rimanere indifferenti. Sicuramente non una totale sorpresa viste le indiscutibili qualità di Gaye, ma rimane comunque la migliore performance sull’inno mai attribuita ad un cantante all’All Star Game e probabilmente anche al di fuori.
Uno dei momenti migliori indubbiamente, dal lato giusto della storia.
Trentacinque anni dopo? Mica tanto. Stavolta è Fergie, volto noto dei Black Eyed Peas, a dare la sua versione dell’inno. Se Marvin Gaye è passato alla storia come il miglior interprete, Fergie non può che prendere posto sul trono del peggior inno mai sentito (non una novità per lei che aveva steccato anche l’Halftime Show del Superbowl).
Perché è uno dei momenti migliori? Perché le facce dei giocatori dicono tutto, alcuni provando a mascherare le risate, altri lasciandosi semplicemente andare senza curarsi delle telecamere.
Ma potete godervi immediatamente la loro reazione.
9 – Michael e Julius Skywalker
No, non è un ambizioso crossover con Star Wars ma una delle camminate più famose della storia del basket. Il primo a metterla in atto è Julius Erving, “Doctor J”, nel 1976 quando la ABA e la NBA erano ancora due campionati separati. Nella sfida a colpi di schiacciate spettacolari, Erving parte dalla linea di fondo, stacca dalla lunetta e inchioda al ferro. Vittoria assicurata.
A recuperare questo pezzo di storia saranno in tanti nel corso degli anni ma la riproposizione più iconica rimane quella di Michael Jordan nel 1988. Le sfide contro Dominique Wilkins sono ormai un instant classic dello Slam Dunk Contest, ma in quell’annata particolare le due stelle hanno sfoderato un repertorio di altissimo livello, chiuso in bellezza da His Airness con lo stacco dalla linea del tiro libero per la vittoria finale in back-to-back.

8 – All Star Game 2001
Parliamo della sfida in sé, East vs West. I quintetti la dicono già lunga: Iverson, McGrady, Carter, Mason, Davis contro Kidd, Bryant, Webber, Duncan e Garnett. Tra le riserve spiccano Kevin Garnett, Ray Allen, Stephon Marbury, Dikembe Mutombo, Karl Malone, David Robinson. Ci sarebbero stati anche Shaq, Grant Hill e Alonzo Mourning, ahinoi infortunati.
La sfida è una meraviglia, una serie di colpi spettacolari da parte di entrambe le squadre. Schiacciate, layup, alley-oop, auto-alley-oop perfino. E tutto culminato con uno dei finali più belli che questa gara senza obbiettivi possa regalare. A nove minuti dalla fine il punteggio dice 95-74 per la Western; tutti a casa, direte voi, partita finita. Non la vedono così Allen Iverson e Stephon Marbury.
Il primo inanella una serie di canestri che portano il suo score personale a 25. Prima di quei nove minuti ne aveva 10. Starbury contribuisce con due triple consecutive negli ultimi 53 secondi. La rimonta è completa, 111-110 per la Eastern, The Answer viene nominato MVP e stavolta sì, tutti a casa.

7 – “Potere ai piccoli“
Ho già menzionato gli schiacciatori e (SPOILER) lo farò ancora in seguito ma è impossibile non dedicare uno spazio a Spud Webb e Nate Robinson. Un metro e sessantasette il primo, uno e settantacinque il secondo, non certo delle torri ma non per questo meno esplosivi.
Spud si presenta alla gara delle schiacciate nel 1986 a Dallas per competere contro l’amico e compagno di squadra Dominique Wilkins, vincitore dell’edizione precedente. Tutti sanno cosa aspettarsi dallo Human Highlight Film, molte meno aspettative sul suo minuto compare. Eppure, appena infilata la prima schiacciata, Webb ammutolisce l’arena con una prestazione senza pari portandosi a casa il trofeo.

Senza pari fino all’avvento di Robinson. Il giocatore dei Knicks vince tre edizioni (record dell’All Star Game) di cui una saltando sopra lo stesso Webb, una sopra Shaquille O’Neal e una scavalcando Dwight Howard in versione Superman, momento che gli varrà il soprannome di KryptoNate. Schiacciatori fenomenali se ne sono visti tanti durante ogni edizione, chi l’avrebbe detto che in cima alla lista avremmo trovato una molla umana di un metro e settanta abbondanti?
6 – Record Breaking Steph
Non bisogna andare troppo indietro per trovare l’ennesimo record di Steph Curry raggiunto da oltre l’arco. Nell’edizione recente di Cleveland il #30 degli Warriors ha messo su un clinic dalla lunga distanza culminato con un massimo di sedici triple messe a segno, cifra mai raggiunta prima.
Di per sé sarebbe anche il record di triple segnate in una partita, superando Klay Thompson “fermo” a quindici, ma ovviamente in questo caso non conta. In ogni caso record in tasca, cinquanta punti segnati, primo premio come MVP dell’All Star Game e vittoria della partita. Non un brutto bottino.
5 – East e West
Prima di Team LeBron contro Team X (il Re è stato l’unico ad aver capitanato una delle due squadre ininterrottamente fin dal cambio di format), c’era una volta l’Est contro l’Ovest. I nostalgici rimpiangono enormemente quei momenti in cui le stelle di ogni Conference si riunivano per darsi battaglia a suon di giocate spettacolari, quando ancora si vedeva una parvenza di difesa. Andando ancora più a fondo, quando la partita si giocava con le canotte della squadra di provenienza.

Shaq e Kobe hanno sotterrato l’ascia di guerra ritornando a calcare il campo insieme a Phoenix nel 2009, vincendo un MVP condiviso con il team West; LeBron e Wade hanno dato spettacolo giocando per l’East Team tanto quanto hanno fatto per i Miami Heat nel periodo dei Big Three; Anthony Davis ha battuto il record di punti in una partita di Chamberlain, resistito per cinquant’anni, con la maglia della Western Conference giocando a quella che allora era ancora la sua New Orleans.
“Cosa cambia?” direte voi. I record possono essere infranti anche con la maglia del Team Giannis. Le giocate spettacolari possono essere fatte anche con la maglia del Team Curry. Tutto vero, ma la sensazione di rivalità e di senso di appartenenza alla propria Conference davano un tocco più vero a quella che a tutti gli effetti è una gara fine a sé stessa.
4 – Il ritorno di Magic
Tanti di noi non erano ancora nati quando nel novembre del 1991 Magic Johnson annuncia il ritiro dalle scene dopo la contrazione del virus dell’HIV. A furor di popolo Magic viene però nominato titolare all’All Star Game di Orlando del febbraio successivo: tanti sono titubanti e preoccupati, essendoci ancora poca comprensione delle cause di infezione e del possibile contagio, e molti colleghi e compagni di Johnson non fanno molto per nasconderlo.
Dopo ogni rassicurazione alla fine viene permesso a Magic di partecipare e mandare un segnale importante da un palcoscenico non da poco sul piano nazionale e internazionale. Il talento è indiscusso e si va valere fino alla fine: 25 punti, 4 rimbalzi e 9 assist, un’ottima difesa su Isiah Thomas e Michael Jordan e Johnson viene eletto MVP della gara, il suo secondo e ultimo riconoscimento come All-Star prima del (primo) ritiro – abbiamo raccontato QUI la storia di quell’edizione.
3 – “Chi arriva secondo?”
Se la fiducia in se stessi avesse un nome e un cognome, probabilmente Larry Bird sarebbe tra i papabili candidati. All Star Game 1988: Larry ha già vinto il Three Point Contest per due anni di fila e si presenta per la terza volta non proprio in punta di piedi.
Arriva nello spogliatoio, chiede agli altri partecipanti “Ok, chi arriva secondo oggi?”, esce, chiude la gara infilando la moneyball (la palla che vale doppio) puntando già il dito al cielo sicuro del risultato e torna nello spogliatoio. Ah, il tutto con la giacca da riscaldamento ancora addosso.

2 – Lavine vs Gordon
Non me ne vogliano Jordan e Wilkins ma questo non può non essere universalmente considerato come il miglior duello tra schiacciatori in ogni epoca. La qualità e la purezza delle schiacciate di Zach Lavine e Aaron Gordon nel 2016 non hanno eguali, e hanno lasciato gli spettatori con la sensazione di non averne abbastanza.
Ad ogni schiacciata pubblico, giocatori e giudici non hanno potuto fare a meno di rimanere a bocca aperta, gustando una sfida ad altissimo livello di spettacolarità. Anche qui però le parole non bastano, e l’aiuto del video è necessario: se non lo avete mai visto preparatevi a rimanere strabiliati.
1 – Vinsanity
Ho chiesto a diverse persone quale fosse il loro All Star moment preferito e ne sono usciti parecchi, molti dei quali inseriti in questo articolo. Punto comune di ogni singola opinione è stato uno e uno soltanto: Vince Carter. Il suo clinic nella gara delle schiacciate del 2000 è iconico a dir poco, inciso a fuoco nella memoria di tutti non solo per la qualità delle giocate ma anche per quanto la concorrenza sia stata annichilita al punto da ricordare difficilmente gli altri partecipanti.
Non è stata una sfida, è stato un monologo in cui (in pieno stile Larry Bird) si poteva solo giocare per arrivare secondi. Gli altri ci hanno provato, eccome, ma Vinsanity è stato troppo, troppo superiore. Nel giro di pochi anni ha messo i Toronto Raptors sulla mappa portandoli alle finali di Conference, si è qualificato come uno dei migliori giocatori all-around dei primi anni 2000 e ha coronato il tutto inchiodando schiacciate su schiacciate una più spettacolare dell’altra, che fosse un All Star Game o una partita valevole per il passaggio di un turno di Playoff. Ma anche qui, a questo punto, buona visione.