Le prime due partite di questa serie disputate al Target Center ci hanno restituito dei temi ricorrenti che stanno facendo pendere la bilancia dalla parte di Dallas.

Le prestazioni di Edwards e Towns rispetto a quelle di Doncic e Irving, la capacità del back-court dei Mavs di manipolare la copertura sui p&r dei Wolves, l’inefficacia e l’indecisione di Ant-Man nei momenti decisivi di partita.

Questi primi 96 minuti ci hanno mostrato che Minnesota sta faticando in determinate situazioni, continuamente, che non riesce a mettere in atto soluzioni per incanalare gli avversari verso una difesa che è stata la migliore nella stagione regolare e che, cosa più disarmante, si ritrova sotto 2-0 dopo due uscite nelle quali è andata sotto per un complessivo di quattro punti, non riuscendo ad incidere nei momenti decisivi di gara.


L’esemplificazione di tutto questo è la tripla con cui Luka Doncic ha consegnato la vittoria ai suoi in gara 2

Con poco più di 12 secondi sul cronometro, il play sloveno è accoppiato, come in tutta la partita, contro Jaden McDaniels, uno dei migliori difensori perimetrali e a tutto tondo della lega. Come spesso è accaduto durante le due partite, viene giocato un p&r con il lungo, in questo caso Lively, per creare un vantaggio dal palleggio. Solitamente i T-Wolves hanno preferito restare in drop con Gobert, tenendo dentro il centro francese per evitare di esporlo contro giocatori più rapidi; oppure, talvolta, l’ex centro dei Jazz effettuava un blitz per far perdere un tempo di gioco al palleggiatore e permettere al marcatore sulla palla di ritornare nella sua posizione iniziale.

In questo caso, quando era lampante che Dallas (e in particolare Doncic) avrebbe preso un tiro da tre punti, Minnesota decide di cambiare, mettendo Gobert in prima linea: coach Finch a fine partita dirà che l’obiettivo era quello sì di cambiare, ma per forzare il palleggiatore a penetrare e costringerlo a prendere un tiro da due e non da tre. La capacità di Doncic di creare uno spiraglio per il tiro da tre punti, attraverso il suo ball-handling e l’enorme spazio che riesce a guadagnare con lo step-back, sono sufficienti per costruire un tiro non particolarmente contestato, che si infila in fondo alla retina per il sorpasso degli ospiti, che durerà poi fino al termine della contesa.

Al termine della gara, lo sloveno, sornione, ha giustamente puntualizzato che lui non è veloce, ma è sicuramente più rapido di Gobert; spiegazione ineccepibile, nonché la parafrasi del “You can’t f***ing guard me” urlato in faccia all’ex Jazz dopo la tripla del sorpasso.

I p&r difensivi sono stati un tasto dolente per Minnesota durante le prime due gare.

L’abilità di Gafford e Lively di bloccare e poi correre verso il ferro sta mettendo in enorme difficoltà Gobert come marcatore del lungo: come detto, lo staff tecnico sta indicando al proprio centro di fare contenimento in queste situazioni, ma questo sta solo aprendo spazi per i palleggiatori dei Mavs per permettere ai propri compagni di attaccare in rotazione su tutto il campo, spesso a canestro.

Il rookie e l’ex Wizards stanno beneficiando di una miriade di alley-oop, generati dalla posizione del lungo avversario, che finisce per trovarsi in mezzo a due fuochi dopo che il marcatore primario è costretto ad inseguire sul perimetro.

La difesa di casa ha provato a venire a capo di questo rompicapo mettendo in pratica, sporadicamente, due tipi di copertura differenti dal drop, prima il blitz e poi l’hedge.

Nella prima clip, i Mavs decidono di giocare un double-drag, un doppio p&r in transizione, con Jones e Gafford come bloccanti. Sul primo blocco, Conley si stacca e va in marcatura su Doncic, permettendo così a Anderson di staccarsi e andare a prendere il rollante. Visto il delinearsi dell’azione, Irving, con un’hesitation, fa tornare in posizione eretta Gobert per poi batterlo sul lato: Reid non può staccarsi da Washington sul perimetro, date le grandi percentuali nelle triple dall’angolo dell’ex Charlotte, così è costretto Anderson a ruotare, lasciando però libero dietro di lui Gafford per una semplice schiacciata.

Nella seconda, l’impostazione di Dallas è identica, solo che Doncic, a differenza del suo compagno di back-court, non dà il tempo a nessun difensore di reagire, a parte Towns che lo fa anche troppo: Conley non riesce a scalare sul giocatore in angolo, Gobert non disturba la visuale di Doncic e il dominicano, che dovrebbe scalare su Lively, accenna ad un passo verso il ferro salvo poi tornare a marcare il tiratore sul perimetro. Il risultato è, nuovamente, una schiacciata al ferro.

Doncic e Irving, in queste prime due partite, si sono dimostrati più pronti e più abili a non lasciarsi condizionare da alcun tipo di difesa avessero davanti; a mio avviso i Timberwolves dovrebbero utilizzare un po’ più spesso il blitz, nonostante la clip sopra non avvalori la mia tesi, ma è chiaro che la difesa in drop del lungo non sta disturbando né l’ex Brooklyn né tantomeno l’MVP dell’Eurolega (qualche anno fa con il Real Madrid).

Se le due stelle di Dallas stanno impattando positivamente sulla serie, non si può dire la stessa cosa dei loro pari livello avversari, Anthony Edwards e Karl-Anthony Towns.

Il confronto è impietoso: il duo di coach Kidd ha superato quello della coppia Finch-Nori 115-71, tirando con il 46.6% dal campo contro il 30%.

Edwards, in particolare, se prendiamo in considerazione anche gara 7 contro Denver, ha il 29% dal campo nelle ultime tre partite e non assomiglia neanche lontanamente al giocatore che ha affascinato la lega nei primi due round di Playoffs.

Tutta Minnesota ha bisogno che Ant-Man resetti il tutto e ritorni ad avere quel decision-making che ha permesso ai suoi di sovrastare prima Phoenix e poi Denver. Finch, al termine di gara 2, ha invitato il suo #5 a prendere esempio da Irving, che “sta cercando di batterci dal palleggio, prendendo decisioni veloci con la palla in mano”.

Le sue due palle perse nel finale di gara 2 si sono rivelate decisive per le sorti di Minnesota e, nel quarto quarto di questa partita, si è preso tanti tiri quante sono state le palle perse (due, appunto).

Il giocatore a cui il suo allenatore lo invitava ad ispirarsi, quello che lo stesso Edwards aveva richiesto come match-up individuale, invece, nel quarto quarto ha messo 13 dei suoi 20 punti totali, tra cui tre triple in fila ad inizio periodo per permettere ai Mavericks di rimanere a contatto e addirittura di passare a condurre nel punteggio.

Se nessuno dei due primi violini di Minnesota alza il proprio livello di gioco e vanifica le grandi prestazioni al tiro dei propri compagni, McDaniels in gara 1 e Reid in gara 2, questa serie si potrebbe rivelare molto più corta del previsto.

All’American Airlines Center, stanotte, c’è il primo, e potenzialmente decisivo, momento spartiacque: o le stelle di Minnesota scendono in campo e il supporting cast continua a sostenere la causa, o avremo tanti giorni senza pallacanestro dalla fine delle finali di Conference all’inizio delle finali Nba, tra i Boston Celtics e i Dallas Mavericks.