We the North esiste ormai da quasi un decennio. Cosa ci aspetta ora?
Questo contenuto è tratto da un articolo di Tim W. per Raptors Republic, tradotto in italiano da Anna Cecchinato per Around the Game.
Questa offseason potrebbe essere tra le più importanti nella storia della franchigia canadese. Oppure potrebbe essere solo l’ennesimo bivio in cui sembra ritrovarsi ogni due o tre anni.
Nel 2018 la squadra arrivava da un record di 59 vittorie nella Eastern Conference, ma era stata vittima di uno sweep al secondo turno firmato LeBron e Cavs per il secondo anno consecutivo. Era ormai chiaro che la squadra, così com’era stata costruita, non sarebbe stata in grado di competere per un titolo, così Masai Ujiri ha smantellato il suo core e ha spedito DeMar DeRozan, Jakob Poeltl e una scelta del primo turno a San Antonio in cambio di Kawhi Leonard. Ne risultò la conquista del primo titolo della storia dei Raptors.
Nel 2021, a un anno di distanza dalla vittoria del campionato, i Toronto Raptors migliorano la loro percentuale di vittorie rispetto alla stagione precedente, nonostante la perdita di Kawhi, ma escono comunque al secondo turno. I due lunghi, Marc Gasol e Serge Ibaka, erano free agent, e in particolare Gasol faticava a mantenersi in salute. Lasciarli andare entrambi in cambio di niente dimostrava che la squadra aveva intrapreso una nuova direzione. I Raptors non erano arrivati ai Playoffs per la prima volta nell’era di Masai Ujiri, ma la squadra aveva guadagnato Scottie Barnes al Draft.
E adesso nel 2023 i Raptors si sono persi i Playoffs per la seconda volta in tre anni (dopo non aver mancato i sette precedenti) e rischiano di perdere tre dei sei migliori giocatori in rotazione, ora unrestricted free agent.
Non è che ai Raptors manchi il talento. Si può sicuramente affermare che la scorsa stagione il loro rendimento sia stato insufficiente, ma nemmeno il tifoso più ottimista direbbe che questa squadra abbia le caratteristiche per competere per un titolo. Oltre al problema imminente dei free agent, ai Raptors manca una direzione. I loro due migliori giocatori, Pascal Siakam e Fred VanVleet, hanno 29 anni e sono nel fiore della loro carriera, mentre Poeltl avrà 28 anni all’inizio della stagione. Uno dei migliori giocatori della panchina, Chris Boucher, ha 30 anni, e Thaddeus Young ne avrà 35 all’inizio della prossima stagione. All’altro capo dello spettro, Scottie Barnes, che potrebbe diventare il miglior giocatore della squadra negli anni a venire, ha solo 21 anni e la maggior parte del resto del roster ne ha dai 25 in giù.
L’idea era quella di poter sviluppare i giocatori più giovani in un’atmosfera vincente, pur dipendendo molto dai veterani per vincere partite. Sembrava una strategia valida, e Golden State ci aveva provato con un po’ più di successo, ma in entrambi i casi ha limitato il rendimento della squadra, al contempo riducendo il minutaggio dei più giovani. Quindi non hanno ottenuto i risultati in campo e non hanno fatto crescere i giocatori come volevano. È stato un fallimento su entrambi i fronti (ne abbiamo parlato QUI).
La trade di metà stagione che ha portato Poeltl a Toronto è sembrata mantenersi su questa strategia, cercando di ottenere qualche vittoria in più senza cedere alcun giovane, anche se ha lasciato perplessi molti tifosi. Nelle settimane precedenti alla cessione di Poeltl, giravano voci su quasi ogni giocatore dei Raptors che non si chiamasse Scottie Barnes e sembrava che la franchigia canadese fosse disposta a scambiare uno o più dei loro pregiati veterani con dei giocatori giovani e/o scelte al Draft. Ciò era dovuto alla stagione deludente dei Raptors, diverse partite sotto .500 e al decimo posto a Est. Sebbene nessuno abbia contestato la necessità di un giocatore come Poeltl, e dopo la trade il bilancio per Toronto sia stato di 15 vittorie e 12 sconfitte, era difficile immaginare che questa squadra potesse essere competitiva nella post-season. A rendere la trade ancora più sconcertante è stato il fatto che i Raptors abbiano incluso una scelta protetta al primo turno nella top 6 del 2024, costringendoli ad adottare un approccio win-now.
Per metterla in prospettiva, il giorno dello scambio di Poeltl, Portland aveva un record leggermente migliore di quello dei Raptors (1 partita sotto .500), ma si trovava comunque al decimo posto a ovest. Mentre Toronto ha acquisito Poeltl nella speranza di risollevare le sorti della loro stagione, Portland ha mantenuto tutti i suoi asset senza ottenere grandi risultati, finendo poi per tenere Lillard fuori fino a fine stagione.
Entrambe le squadre non sono arrivate ai Playoffs, ma i Raptors hanno ottenuto la tredicesima scelta, Portland la terza. Non è difficile intuire quale squadra si sia trovata in una posizione migliore all’inizio dell’offseason.
Una stagione così deludente non si poteva certo ripetere, ed è per questo che il miglior allenatore nella storia della franchigia è stato licenziato. Ma con una squadra che ha perso i Playoffs per due volte in tre anni, è ovvio che un semplice cambio di allenatore non basterà a rendere Toronto di nuovo una contender. Darko Rajakovic sarà d’aiuto, ma non può risolvere tutto da solo.
Con la trade di Poeltl e il licenziamento di Nick Nurse, sembra che il decantato esperimento dei 6’9’’ (circa 206 cm) stia volgendo al termine. L’idea era interessante, ma ha funzionato solo sporadicamente. Ciò che li ha penalizzati è stata la mancanza di tiro da fuori e l’incapacità di proteggere il ferro, motivo per cui hanno introdotto un rim protector come Poeltl (che non sarà Jaren Jackson, ma era comunque top 15 in block percentage).
Un altro problema legato all’esperimento dei 6’9” è che l’NBA è cambiata negli ultimi anni. Quanto i Raptors hanno vinto il titolo nel 2019, Golden State è arrivata alle Finals senza un lungo dominante e per la maggior parte delle squadre i centri erano secondari. C’era una maggiore attenzione rivolta al tiro da tre e le spaziature e si diceva infatti che l’era dei big man nell’NBA fosse ormai finita.
Guardando al presente invece, sembra che i lunghi siano di nuovo in voga. Negli ultimi cinque anni, il premio di MVP è stato vinto da un giocatore sopra i 210 cm (dopo che una guardia lo aveva vinto nei quattro anni precedenti), Nikola Jokic ha dominato i Playoffs come pochi prima di lui e Victor Wembanyama minaccia di trasformare la NBA nel suo parco giochi personale e di regalare agli Spurs un’altra dinastia prima ancora di aver messo piede sul parquet NBA.
Ma non si tratta solo di centri dominanti. Cleveland ha due lunghi difensivi nel proprio quintetto iniziale, e l’anno scorso ne aveva addirittura tre prima di scambiare Lauri Markkanen per Donovan Mitchell, una guardia di 185 cm. Memphis schierava Adams e Jaren Jackson, almeno per la metà della stagione prima dell’infortunio di Steven Adams. Milwaukee aveva Brook Lopez e Giannis. Persino Magic e Pistons vantano frontcourt imponenti. La NBA sembra stia tornando ad avere giocatori più alti (almeno nel frontcourt), e un roster di quelle dimensioni non è più sufficiente. Ecco perché finalmente Masai ha deciso di introdurre Poeltl.
Ora, c’è certamente un argomento a favore di mantenere la rosa intatta e vedere se una stagione completa con Poeltl e un miglioramento interno, specialmente da parte di giocatori come Barnes e Precious Achiuwa, insieme a un nuovo allenatore, possano essere sufficienti a trasformare la squadra in una contender. Masai è celebre per la sua pazienza, e ci sono molti tifosi dei Raptors che non vorrebbero vedere i loro giocatori preferiti andar via. C’è da dire però che Masai è famoso anche per la sua mancanza di sentimentalismo, e i Raptors non si sono mossi l’estate scorsa. Vogliono davvero dirigersi di nuovo verso quella strada?
A complicare ulteriormente le cose è la situazione contrattuale di VanVleet, Poeltl e Gary Trent Jr.
Si ritiene che Poeltl sia sicuro di tornare con un contratto abbastanza favorevole per la squadra, possibilmente a uno stipendio ancora più basso di quello attuale (non ci sono molte squadre con spazio salariale e quelle che ce l’hanno non cercano un giocatore come Poeltl). Trent Jr. stava apparentemente considerando di esercitare la player option (la sua produzione statistica è diminuita in generale nella scorsa stagione), ma ora ci sono voci che Orlando gli potrebbe offrire un contratto importante se diventasse free agent, quindi potrebbe decidere di declinare l’opzione.
VanVleet sembra aver rifiutato la sua player option e diventerà unrestricted free agent quest’estate. Nonostante sia stato ingiustamente criticato da molti tifosi (approfondiremo questo punto tra poco), sarà uno dei migliori free agent disponibili quest’estate, avrà diversi pretendenti (tra cui, apparentemente, Houston, Orlando, i Lakers e Philadelphia – con Nick Nurse) e andrà alla ricerca di un aumento, il che non è certo una buona notizia per i Raptors.
Se i Raptors riuscissero a rinnovare il contratto di tutti e tre i free agent (o se Trent Jr. accettasse la sua opzione), ciò li metterebbe in una situazione pericolosa a livello di luxury tax per una squadra da lottery, soprattutto dal momento in cui entri in vigore il nuovo CBA. Essere in luxury tax non vuol dire solo pagare di più, limita anche le mosse che una squadra può fare, motivo per cui di solito solo le contender la pagano. Riportare tutti e tre significherebbe perdere la possibilità di utilizzare la Mid-Level Exception e li danneggerebbe nel lungo termine. La loro situazione peggiorerebbe l’estate successiva quando OG Anunoby avrà una player option e otterrà quasi sicuramente un aumento consistente.
Quindi, se Trent Jr. accettasse la sua opzione, i Raptors potrebbero decidere che pagare VanVleet non valga le implicazioni della luxury tax. E potrebbero dover decidere chi vogliono, o chi possono permettersi di tenere.
C’è una possibilità che prevede di riportare tutti i free agent e utilizzare gli asset dei Raptors (che ora includono la 13ª scelta) per cercare di acquisire una stella. I Raptors hanno tentato questa strada quando Kevin Durant era disponibile, ma la loro riluttanza a separarsi da Barnes ha impedito un accordo. Se i Raptors possono scambiare per una stella, senza smantellare la squadra, potrebbero ottenere il talento necessario per essere competitivi ad Est, quindi la luxury tax non sarebbe così problematica.
Il problema è che potrebbero non esserci stelle disponibili, e se giocatori come Trae Young o Jalen Brown lo diventassero (due dei pochi giocatori di punta di cui si è rumoreggiata una possibile trade), le loro squadre non cercano scelte del Draft in cambio. Inoltre Toronto potrebbe non avere abbastanza profondità per poter pensare ad una trade che coinvolga una star e allo stesso tempo essere una contender.
I Raptors potrebbero semplicemente provare a riprovarci, ma non sono stati molto fortunati con quella strategia, e se perdono VanVleet e/o Trent Jr. (sia intenzionalmente che non), le loro chance di raggiungere i Playoffs nella competitiva Eastern Conference sono ancora più basse. E a complicare ulteriormente le cose, i Raptors non sapranno cosa accadrà con i loro free agent fino al primo luglio.
Sembra esserci la convinzione tra gli uffici dirigenziali e gli opinionisti che non ci sarà un ritorno né da parte di VanVleet, né di Trent Jr., quindi è sempre più probabile che i Raptors inizieranno la stagione senza i loro secondo e terzo migliori marcatori.
In ogni caso, data la mancanza di risultati in campo e i problemi relativi a una squadra da lottery che si avvicina alla luxury tax, i Raptors hanno davvero solo un percorso logico da seguire; quello di costruire attorno a Scottie Barnes, utilizzare Siakam e/o Anunoby per cercare di scambiare per una pick futura al primo giro (o più di una), mentre si tengono Poeltl, che li manterrebbe comunque al di sotto del limite della luxury tax, ma darebbe loro un centro legittimo, qualcosa di cui hanno bisogno da quando Marc Gasol ha lasciato la squadra. Questa strategia sembra ancora più sensata considerando che i Raptors sarebbero una delle poche squadre disposte a scambiare una stella in cambio di prospetti e/o draft capital.
Scambiare Siakam o Anunoby potrebbe quindi essere la cosa più sensata da fare per la franchigia.