La guardia degli Atlanta Hawks è rimasta in contatto con gli amici detenuti e non ha dimenticato il suo (difficile) passato. Neanche ora che è un All-Star.
Questo contenuto è tratto da un articolo di Marc J. Spears per Andscape, tradotto in italiano da Anna Cecchinato per Around the Game.
Dejounte Murray dà il buongiorno ai suoi amici ogni mattina, appena sveglio. Non sono però semplici messaggi tra amici: la stella degli Atlanta Hawks scrive ai conoscenti che oggi sono detenuti, per continuare a dar loro la speranza che la loro vita possa cambiare in positivo, proprio com’è successo a lui.
“Scrivo a ognuno di loro, individualmente. ‘Buongiorno. Come stai?’. E loro mi scrivono dopo ogni partita. È bello, mi permette di restarci in contatto e di continuare a dare loro speranza. Una volta mi trovavo nella loro situazione. Mi vedono in TV, sulla rivista Slam e roba del genere. E mi dicono ‘Fratello, tu ci dai speranza’. Ogni mattina mi sveglio e mi collego al sito per vedere chi mi ha mandato un messaggio. E se non l’hanno fatto, lo faccio io. È così che mi mantengo in contatto con i miei fratelli.”
Dopo aver ritoccato il suo career-high a 40 punti (contro Blazers) qualche settimana fa, Murray ha ad ora una media di 20.5 punti, 6.1 assist, 5.4 rimbalzi e 1.5 palle rubate nella sua prima annata con gli Hawks, dopo essere stato per la prima volta All-Star quando giocava con i San Antonio Spurs la scorsa stagione.
Prima di diventare una stella NBA, però, Murray era stato in prigione quando era un ragazzino; cresciuto tra gang, violenza, droga e sparatorie nel South End di Seattle, anche sua madre era stata dentro più volte da giovane. Oggi, Murray non si sente a suo agio a parlarne dei dettagli. In ogni caso, una volta disse a Sports Illustrated che “vendere droga o fare qualsiasi cosa per strada era normale per la mia famiglia”. E così, la prima volta in un carcere minorile è stata all’età di 11 anni, e poi tra il primo e il secondo anno all’high school.
“Ero un adolescente ribelle, che viveva una vita frenetica. Ero circondato da amore, ma non da una guida che mi facesse distinguere il bene dal male. Comunque, non cambierei un solo giorno. Era il mio mondo… anche le persone che sono in prigione o che sono morte, o quelle che se la passano bene: tutti hanno contribuito a rendermi la persona che sono oggi.”
Una volta uscito dal carcere minorile, Murray ha chiesto aiuto allo zio Terry Thompson e ha messo a posto la sua vita, dopo essersi trasferito a vivere da lui. Anche la comunità cestistica di Seattle, molto unita, ha sostenuto Murray in tanti momenti. Gli ex giocatori NBA Jamal Crawford e Will Conroy, insieme all’assistente allenatore della Rainier Beach High School, David King, hanno tenuto d’occhio il ragazzo, che ha guidato la Rainier Beach a tre titoli della classe 3A di Washington, prima di firmare con Washington University.
Murray, guardandosi indietro, si ritiene fortunato ad essere vivo e ad aver trovato la giusta via, grazie alla sua famiglia e alla comunità del basket.
“E pensare che avrei potuto essere io, a morire. Ho seppellito così tante persone… Più avanti, quando mi sentirò di raccontare la mia storia, lo farò.”
Dopo l’ottima stagione da freshman a Washington, gli Spurs lo hanno selezionato con la 29esima scelta al Draft 2016. Anche se nel tempo si è rivelata senza dubbio una “steal” dei texani, il suo approdo in NBA non è stato facile. Dejounte ha trascorso un periodo in G League e ha giocato molto poco con gli Spurs da rookie; poi, ha saltato la stagione 2018/19 a seguito della rottura del legamento crociato anteriore destro. Nonostante tutte le difficoltà, però, Murray non ha mai dimenticato quanto fosse fortunato ad essere in NBA.
“È incredibile giocare in queste arene. Sono ancora in contatto con tutti i miei fratelli in prigione, e quelli fuori, che ora sono liberi e lottano per la propria vita nello stesso ambiente in cui mi trovavo io. Io ho solo avuto la fortuna di esserne uscito. E ovviamente la mia famiglia, i miei amici più stretti, conoscere tutte queste persone nuove, intessere relazioni… è davvero surreale. Non credo che la gente possa realmente capire. Sono così grato, ancora non mi sembra vero di essere qui.”
Il riconoscimento più significativo della carriera NBA di Murray è arrivato il 7 febbraio 2022, quando è stato scelto come sostituto di Draymond Green all’All-Star Game, a seguito dell’ infortunio del giocatore di Golden State. Si è trattato della sua prima presenza in carriera all’evento, e in quel momento era l’unico giocatore della lega con una media di almeno 19 punti, 8 rimbalzi e 9 assist.
Dopo essere stato selezionato, Murray ha twittato: “Dieci anni fa ero in riformatorio e per tutto il mese che sono stato dentro, ho detto alle guardie che una volta uscito avrei cambiato vita e non sarei tornato mai più. Loro mi dicevano che invece sarei tornato lì poco dopo. Dieci anni dopo, le stesse guardie mi chiedono foto e autografi!!”
“È bello poter andare in giro e sentirmi a posto con me stesso. Se penso da dove vengo e dove sono oggi, al fatto che gioco in queste arene, è surreale. Tutti quelli che mi conoscono, la mia città, le persone che sanno cosa ho passato, sanno che è pazzesco. Io cerco di crescere, crescere e aiutare chi ne ha bisogno.”
Murray ora sta dando il suo contributo tenendosi in contatto quotidianamente con circa 20 detenuti. In passato, scriveva lettere a mano destinate a sua madre, quando era in carcere; ora il metodo di comunicazione è un servizio di posta elettronica (JPay), che gli permette di scrivere mail che vengono ricevute solitamente tra le 24 e 48 ore, a cui i detenuti possono rispondere. Murray racconta che non passa giorno senza che faccia un accesso su JPay.
“Comunico così con i miei fratelli, ogni giorno. Ogni mattina gli do il buongiorno, poi capita che parliamo anche durante la giornata. Non potrei mai abbandonarli. Non è così che sono.”
Guardando al proprio trascorso nella lega, Murray ha detto di sentire una forte gratitudine verso gli Spurs, che hanno avuto fiducia in lui e si sono presi il rischio di sceglierlo, mentre altre squadre si sono dimostrate spaventate dal suo passato. La franchigia, poi, ha voluto il meglio per lui quando è arrivato il momento di decidere a quale squadra sarebbe stato scambiato.
Con le voci su una possibile trade che dilagavano in offseason, Murray ha raccontato di aver avuto un incontro sincero ed emotivo di due ore con coach Gregg Popovich. La decisione di scambiarlo con una squadra da Playoffs è stata presa di comune accordo, e il 30 giugno gli Spurs lo hanno spedito (insieme a Jock Landale) agli Hawks, in cambio di Gallinari, tre scelte al primo giro e un diritto di scambio di scelte nel 2026.
“Non volevo andarmene, avrei voluto restare lì per tutta la mia carriera. Amo San Antonio. Popovich ha voluto parlarmi, è quello è stato un momento davvero emozionante. Ovviamente giravano voci sulla trade, però a me non sembrava poter succedere davvero. Pop sapeva cosa stava oaccadendo, ma non si immischiava. (…)
“Voleva sentirlo dire da me. ‘Vorresti giocare su un palcoscenico più grande? Vorresti restare, o vuoi andartene?’ Poi, ha espresso la sua opinione sul fatto che se fossi rimasto, avrei rischiato di sprecare il mio talento, perdendo anni senza raggiungere i Playoffs. La decisione è stata presa in base a questo.”
L’ex allenatore degli Hawks, Nate McMillan, ha spiegato di aver voluto Murray per migliorare l’attacco e la difesa della squadra, e per dare maggiore supporto a Trae Young. Atlanta, però, fin qui ha deluso le aspettative (35-36, in piena zona Play-In a Est), e a farne le spese è stato proprio coach McMillan. In ogni caso, queste erano state le sue parole su Dejounte Murray:
“È il ragazzo che crediamo possa aiutare la nostra difesa a fare il salto di qualità. Ha quasi sempre il compito di marcare la miglior point guard o shooting guard, a volte anche ala piccola, degli avversari. Era un ragazzo che credevamo potesse portare quell’energia e leadership per definire un certo stile di gioco e ritmo. (…) Giocando con Trae, abbiamo due playmaker. Ma sono riusciti a collaborare per trovare un equilibrio e giocare con e senza palla. Mi piace il suo impatto sulla squadra.”
Infine, il Dejounte Murray lontano dai campi. Atlanta è nota per la sua vita notturna, i ristoranti, la sua scena hip-hop e il fascino Southern; l’ex Spurs, tuttavia, non ha molto da dire su “The A”, dato che si descrive come un padre (ha una figlia) che non esce molto di casa.
“Non vado in giro. Niente feste. Non bevo, non fumo, non faccio nulla di tutto ciò. Mi piace stare a casa. Ne ho avuto abbastanza di quelle cose, ora mi concentro sul basket. Nei ristoranti si mangia bene, ma a me piace stare da solo con la mia famiglia, dove ci sono comunque ottimi cuochi. Non mi piace andare fuori spesso, mi piace stare nella mia bolla. Succedono tante cose a questo mondo, per me è importante stare attenti, pensare bene a dove si va”.