Alcuni pensieri su quella che è già una delle notizie più sconvolgenti, ma prevedibili, dell’intera stagione.
Alla fine è successo, Steve Nash non è più l’allenatore dei Brooklyn Nets. Al suo posto, quasi sicuramente, Ime Udoka – connesso a Brooklyn da numerosi motivi. Quello che sarebbe dovuto accadere dopo il roboante sweep contro i Celtics, o al massimo nel mese di settembre, è avvenuto ad inizio novembre con la stagione NBA iniziata da due settimane. Una mossa obbligatoria, sicuramente, ma che lascia l’amaro in bocca per le tempistiche.
Eppure i campanelli d’allarme ci sono da sempre: le difficoltà delle due star, un sistema offensivo che fatica a mettere in ritmo gli ottimi tiratori a disposizione e una difesa che faceva acqua da tutte le parti. Non era un segreto che Kevin Durant e Kyrie Irving mal sopportavano Nash e, parere di chi scrive, anche il resto del roster era stanco di giocare un basket antitetico.
L’errore però è stato a monte. Se i Nets hanno avuto la possibilità di prendere Ty Lue e hanno comunque scelto l’ex pointguard dei Suns, allora c’è un problema di fondo. E la scusa dell’amicizia con le due stelle non ha mai retto, tanto che lo stesso Uncle Drew disse apertamente che per un roster del genere non servisse un allenatore ma un gestore. Nash non è stato né uno, né l’altro e adesso a Brooklyn serve disperatamente un sarto per ricucire le troppe ferite che hanno lacerato un roster fortissimo. Dare tutte le colpe a Nash sarebbe stupido ed ingenuo. È innegabile che lui abbia tante responsabilità addosso ma la sliding door più grande della storia recente dei Nets, la tripla poi diventata canestro da due di KD nella serie contro i Bucks, avrebbe potuto consegnarlo alla storia come un allenatore in grado di vincere alla sua prima stagione da coach. Eppure non è successo.
Vedere i Nets in questi due anni e spiccioli è stato estremamente difficile e chi vi scrive, purtroppo o per fortuna, non ne ha saltata mezza. Brooklyn è stata tra le squadre che ha concesso più triple wide open in tutto questo tempo e sentire Nash dire che “gli avversari erano in una gran serata al tiro” aumentava notevolmente la rabbia. Non sarei rimasto stupito se qualche conduttore improvvisato avesse deciso di girare al Barclays Center la prima stagione di un reality che avrebbe conquistato tutti: Difese da Incubo. Perché il problema non sono state solo le triple ma anche i tanti fraintendimenti difensivi, i troppi riposini concessi a Kyrie (o chi per lui) e una rim protection che, senza Claxton in campo, non esisteva. Ma questo è poco generoso, è stata proprio la difesa a non esistere quando Claxton e Bruce Brown erano in panchina o assenti.
Se Atene piange, Sparta non ride. Anche l’attacco presentava problemi strutturali evidenti, sebbene spesso celati dall’altissima efficienza di due scorer di livello assoluto come KD e Irving. Harden purtroppo ha giocato tutti i Playoffs a mezzo servizio e non sarebbe giusto criticarlo per quello. La sensazione, però, è che non sono state sfruttate tante delle potenzialità dei comprimari. La gogna mediatica subita da Joe Harris dopo la serie contro i Bucks (sicuramente storta per lui) è figlia di un’annata in cui l’unico, o quasi, set che era stato fatto per liberarlo altro non era che un banalissimo pick&pop. Decisamente troppo poco quando hai a disposizione il miglior tiratore della lega in catch-and-shoot. Aumentare da un momento all’altro il numero dei suoi tiri senza creargli mezzo schema per liberarlo e costringendolo a prendersi triple che non gli appartengono lo ha portato ad una mancanza di fiducia e di ritmo che lo hanno tagliato fuori da quella serie.
L’anno dopo con Seth Curry la situazione è leggermente migliorata ma solo perché sapeva crearsi un tiro dal palleggio, altrimenti i problemi sarebbero stati gli stessi, sebbene l’ex 76ers in difesa è un altro problema molto grande da nascondere, a differenza di Harris. Per non parlare dell’utilizzo osceno fatto di giocatori come Blake Griffin e LaMarcus Aldridge, sicuramente molto lontani dal loro prime ma anche in grado di dare qualcosa di ben diverso da quel lavoro basilare e spesso dannoso che erano stati chiamati a fare.
Però, ripeto, sarebbe sbagliato affibbiare a Nash tutte le colpe del mondo. È inevitabilmente stata la persona sbagliata nel contesto più sbagliato possibile, però è innegabile che anche Kevin Durant e Kyrie Irving abbiano contribuito non poco a creare ulteriore disagio. Tra le sparate di quest’estate di KD e i continui problemi sollevati da Uncle Drew in questi anni, più che un gestore serviva una squadra di artificieri. Ora non hanno più giustificazioni. Senza Nash e con un allenatore scelto anche e soprattutto da loro due è il momento di mettere sul piatto la realtà dei fatti: i Nets hanno il roster per essere una contender, una delle più forti dell’intera NBA. Lo erano anche negli ultimi due anni, ma non sono riusciti a dimostrarlo e a pagarne le conseguenze è stato, giustamente, il loro allenatore.