Questo contenuto è tratto da un articolo di Jesse Washington per Andscape, tradotto in italiano da Alessio Porcu per Around the Game.



È il momento di parlare (ancora) di Kyrie Irving, perché il suo comportamento si è rivelato un’altra volta eccentrico e bizzarro, forse in questo caso addirittura pericoloso.

Sabato la guardia dei Brookyln Nets ha rifiutato tutte le responsabilità per aver promosso sul suo profilo Twitter un film e un libro i quali diffondono falsità storiche piuttosto pesanti sul popolo ebraico. Invece di scusarsi, o di ignorare la domanda, l’ex Boston Celtics ha assunto un tono provocatorio. “Non ho intenzione di rinunciare alle cose in cui credo”, ha detto. Successivamente, ha aggiunto di essere convinto di “diventare sempre più forte solo perché non sono solo, ho un intero esercito intorno a me”.

Tutto questo si sta scatenando a quattro anni di distanza dall’uccisione di 11 persone fuori dalla ‘Tree Of Life’, una sinagoga di Pittsburgh, per mano di un uomo armato. L’attentatore era molto attivo sui social media e spesso postava materiale antisemita online. Ovviamente Irving non ha chiesto esplicitamente la violenza e non ha detto nulla di lontanamente simile. Promuovendo un link che fa passare ingiustamente gli ebrei come il nemico, però, Irving potrebbe fornire delle “munizioni” ad un potenziale prossimo attentatore. E anche senza uno spargimento di sangue, la società intera soffre quando personaggi così in vista danno risalto a questo tipo di messaggi.

Kyrie, da cittadino di colore, dovrebbe saperlo piuttosto bene.

Oltretutto, dubito fortemente che Irving creda alle bugie presenti nel libro e nel film cui ha dato visibilità, come ad esempio “Negli anni precedenti, molti ebrei e massoni scozzesi/yorkesi hanno affermato di adorare Satana o Lucifero. Molti famosi ebrei e massoni di alto rango hanno scritto dei libri in cui lo ammettono”. Oppure: “Controllando il nostro denaro e i mass media, gli ebrei europei hanno ottenuto il controllo dei nostri pensieri”. Questi sono solo due teorie di stampo antisemita riportate libro.

Irving si è alterato parlando del suo diritto di poter postare ciò che vuole sui social media. “Ho fatto qualcosa di illegale? Ho fatto del male a qualcuno? Ripeto, ho fatto male a qualcuno?”. Successivamente, rispondendo a una domanda di Nick Friedell (ESPN), ha negato di promuovere qualcosa semplicemente pubblicandola.

Pubblicare un link che parla di certe cose, però, può fare dei danni, rafforzando l’ignoranza e la discriminazione, e in un certo senso legittimandole, considerando la sua visibilità. Basterebbe chiedere ai ragazzi ebrei che ricevono insulti e commenti inappropriati sull’Olocausto, oppure alle famiglie ebree le cui case sono state vandalizzate con disegni di svastiche e scritte antisemite. Sono storie vere, queste. E dare risalto a teorie di natura antisemita ha conseguenze reali, che a Irving piaccia o no.

È assurdo dire “non sto promuovendo questo materiale” quando ha pubblicato (e non ha rimosso per quasi 48 ore) un link dove era anche possibile acquistare il prodotto. Il tutto tramite il suo account Twitter da 4,5 milioni di follower. Il suo talento come giocatore di basket gli ha dato una piattaforma in cui può dare maggiore visibilità a tutto ciò che desidera.

Prima di concludere, è doveroso per me affrontare qualche altra falsità. I “membri dell’esercito di Irving” hanno risposto ad uno dei miei tweet con alcune dichiarazioni che ho trovato folli. Eccone qualcuna, e quello che avrei voluto replicare.

“C’è molta verità in quel libro, perché ti soffermi solo su alcuni brutti dettagli?” – perché anche se fosse vero, l’antisemitismo nel libro sarebbe come un veleno nascosto nel gelato.

“Perché fai domande a Kyrie che non c’entrano col basket?” – perché gli atleti neri, incluso Irving, hanno sempre chiesto di essere ascoltati su questioni al di fuori dello sport.

“Perché dici queste cose? Per far passare le sue dichiarazioni come ‘anti-neri’?” – Non è mai successo.

Dopo qualche giorno, alla fine, Kyrie Irving sembra essersi reso conto di aver commesso un errore, soprattutto nella gestione di questa faccenda. “Mi sono accorto dell’impatto negativo che ha avuto il mio tweet, e mi prendo le mie responsabilità.”

E così, nelle ultime ore è stato rilasciato un comunicato dai Brooklyn Nets e dallo stesso giocatore, in cui viene annunciato che entrambe le parti hanno donato 500.000 dollari (per un totale di un milione circa) alla Anti-Defamation League, un’associazione no-profit che si batte contro l’antisemitismo e in generale ogni forma di discriminazione.

AGGIORNAMENTO: ecco la risposta ufficiale dell’NBA.