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 ©️ Sportskeeda

 

 

Kresimir Cosic è morto il 25 maggio del 1995, a Baltimora, nel Maryland, a solo 47 anni. Nonostante la giovane età, ha vissuto abbastanza da diventare una leggende nell’ambiente del basket, sia presso la Brigham Young University sia nella ex-Jugoslavia.

 

Kresimir “Kreso” Cosic è stato un giocatore e un allenatore eccezionale. Se avete avuto la fortuna di averlo visto giocare, avete allora potuto ammirare un giocatore di 2.10 metri che prendeva tutti i rimbalzi, difendeva il ferro come Bill Russell e riusciva pure a passare e tirare dalla media come una delle migliori guardie. Era avanti per il suo tempo, è stato uno dei primi stretch five: giocava fuori dal pitturato pur essendo un centro e dirigeva i suoi compagni come un play, chiamando gli schemi.

 

In grado di capire il gioco meglio di chiunque altro, era esattamente ciò che la maggior parte degli allenatori vogliono dai propri giocatori. In tutte le squadre in cui ha giocato, dal suo esordio a 16 anni con lo Zadar al suo ritiro a 35 anni con Cibona, passando per la sua esperienza alla BYU, era quel giocatore capace di rendere speciale ed efficace un sistema di gioco. Ed era una guida per i compagni. Come ha fatto Bill Russell con i Boston Celtics, Cosic era un giocatore-allenatore – anche se lui lo faceva per due squadre diverse, che distavano pure 7 ore di macchina…

 

Come altri grandi giocatori, era davvero impulsivo e per questo aveva talvolta scatti d’ira contro se stesso, contro i suoi compagni e, come si vede (troppo) spesso nel basket moderno, contro gli arbitri.

 

Grazie alle sue grandi mani gli era molto facile prendere rimbalzi, che catturava con una mano come un grizzly raccoglie un alveare pieno di miele. Al contrario di un orso, però, riusciva poi a lanciare la palla da una parte all’altra del campo per far partire un contropiede. Usava la sua intelligenza per vincere gli scontri contro giocatori più grossi e altri di lui. E quando si “stancava” di giocare nel pitturato, iniziava a muoversi lontano dal canestro e a mettere a segno un tiro dopo l’altro. Il grande centro Dino Meneghin ha spesso confessato che Cosic era il giocatore più forte contro cui abbia mai giocato:

 

“Era il primo giocatore, anche tra quelli dell’NBA, che poteva giocare in tutte e cinque le posizioni”.

 

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All’età di 16 anni Cosic ha iniziato a giocare per la squadra della sua città natale, lo Zadar, che aveva una grande tradizione cestistica. Insieme alla leggenda croata Josip Gyergya aveva creato una grande intesa, vincendo tre titoli (nel ’65, ’67 e ’68). I due hanno giocato insieme anche nella Nazionale jugoslava, vincendo l’argento al Mondiale del ’67 e nelle Olimpiadi del ’68.

 

Nel 1969 ha accettato di passare a BYU, in NCAA. Allora il regolamento prevedeva della squadre specifiche per le matricole, che giocavano solo tra di loro. Nella squadra matricole della BYU Cosic ha avuto subito un grande impatto, facendo registrare 17 punti e 12 rimbalzi di media; nelle seguenti tre stagioni ha messo a segno 18.9 punti e catturato 11.9 rimbalzi ad allacciata di scarpe, ricevendo gli onori di All-American nel ’72 e nel ’73, ed essendo il primo non americano a ricevere questo tipo di riconoscimento.

 

Nel Draft 1972 è stato chiamato alla 144esima scelta da Portland, ma decise comunque di giocare la sua stagione da senior a BYU. L’anno dopo fu scelto dai Lakers alla 74esima, ma si rifiutò ancora di giocare in NBA.

 

Strano, vero?

 

E’ stato scelto due volte, ma ha rifiutato di giocare a Portland con Sidney Wicks e nei Lakers dopo l’addio di Chamberlain e di West. Pensate a Cosic e Magic Johnson insieme: avrebbero cambiato l’NBA. E la considerazione dei giocatori che venivano dall’altra sponda dell’Oceano. Ma queste sono solo fantasie. Cosic era molto patriottico e decise di rinunciare all’NBA per tornare allo Zadar e giocare per la sua Nazionale, vincendo un sacco di trofei e chiudendo la sua carriera internazionale con 14 medaglie.

 

Nel 1975, prima che iniziasse la stagione, voleva firmare un contratto da giocatore-allenatore con l’Olimpija Ljubljana, ma lo Zadar glielo impedì, non volendo perdere uno dei suoi migliori giocatori. Essendo una persona che non si tirava mai indietro, “Kreso” firmò per essere l’allenatore dell’Olimpija Ljubljana, pur giocando per lo Zadar e nonostante la distanza tra le due città (340 km). Era molto particolare ciò che succedeva quando le due squadre si scontravano, come potete immaginare.

 

Nel ’78 si unì alla Synudine Bologna, in Italia, vincendo due volte il titolo nazionale e facendo registrare 16.9 punti, 9.9 rimbalzi e 1.6 assist a partita. Quando il Cibona fu fondato a Zagabria nei primi anni ’80, il proprietario volle Cosic come giocatore intorno a cui costruire la squadra. Mossa molto intelligente, visto che con Cosic il Cibona vinse la Coppa dei Campioni nel 1982 e il titolo nazionale l’anno successivo. Prima del suo addio convinse pure la dirigenza a firmare la giovane guardia croata Drazen Petrovic, che fu fondamentale negli anni successivi.

 

Dopo il suo ritiro, Cosic divenne un allenatore a tempo pieno e fu subito nominato per la panchina della Nazionale jugoslava, dove allenò e fu il mentore di Petrovic e del giovane centro Vlade Divac, oltre che di Toni Kukoc, Dino Radja e Aleksandar Djordjevic.

 

La sua squadra era molto versatile, non voleva centri o playmaker tradizionali, ma un roster con 6 guardie e 6 ali che giocavano velocemente e in maniera fluida. I suoi lunghi dovevano saper tirare e passare, mentre le sue guardie dovevano essere in grado di difendere sia la stazza che la velocità e di tirare da ogni posizione. Sì, il suo stile di gioco era molto simile a quello dell’NBA moderna.  

 

Dopo la divisone della Jugoslavia, Cosic divenne un diplomatico croato e tornò negli Stati Uniti, dove morì per via di un linfoma. A Zadar hanno eretto una statua in suo onore e dato il suo nome al palazzetto dello sport, mentre la coppa croata da allora è chiamata Kresimir Cosic Cup.

 

“Kreso” è stato un giocatore leggendario, che ha rifiutato una carriera in NBA – che lo avrebbe potuto portare ad Hall of Fame, titoli e scontri memorabili contro altre leggende. Avrebbe potuto cambiare la storia della Lega e in un certo senso accelerare il suo sviluppo.

 

Ha fatto tutto ciò per seguire il suo cuore. E la sua Nazione.

 

 

 

 

 

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Questo articolo, scritto da Eric Stang per Sportskeeda e tradotto in italiano da Davide Farinati per Around the Game, è stato pubblicato in data 13 maggio 2019.