Questo articolo, scritto da Daniel O’Brien per The Basketball Writers e tradotto in italiano da Leonardo Pini per Around the Game, è stato pubblicato in data 20 marzo 2020.


Oggi sono qui per parlavi dei “piccoletti” che hanno fatto la storia di questo Gioco.


Come molti fan nel corso della storia dello sport, io – sempre uno dei giocatori più bassi in campo – ho sempre ammirato i più bassi giocatori della NBA ed ero motivato dal loro successo in uno sport pieno di giganti.

Nel mio piccolo, seguire le loro carriere e vedere il loro successo sul più grande palcoscenico al mondo mi ha spinto ogni giorno. Non fraintendetemi, ero sbalordito da quello che faceva Michael Jordan tanto quanto ogni bambino cresciuto negli anni ‘90. Ad ogni modo, quando si parla di ispirazione e motivazione personale come giovane tifoso e giovane giocatore, sono rimasto più affascinato dai maestri… “compatti”.

Ecco, di seguito, alcune delle guardie più piccole della gamma che hanno ispirato il mio amore per il Gioco.

AVERY JOHNSON, IL GRINTOSO GENERALE

Altezza: 178 cm

Anni di attività: dal 1988/89 al 2003/04

Scaltro, furbo e abile, il “Piccolo Generale” ha giocato un ruolo cruciale nella strada verso il successo dei San Antonio Spurs. Mentre le “torri gemelle” David Robinson e Tim Duncan guadagnavano la maggior parte delle lusinghe a livello nazionale, Johnson era la spalla, la cui energia su entrambi i lati del campo rappresentava il battito cardiaco dell’attacco di San Antonio.

Dopo aver peregrinato per la Lega nel corso delle sue prime stagioni, ha assaporato i migliori anni della sua carriera come regista degli Spurs. Johnson per cinque differenti stagioni ha concluso con 7 o più assist a partita e ha incarnato la virtù cestistica di cercare il miglior tiro possibile da offrire ai compagni.

Come realizzatore, Johnson si metteva a lavoro specialmente dalla media distanza o più vicino, utilizzando spesso quella a cui oggi ci riferiamo con il nome di “Rondo Fake” nel corso delle penetrazioni a canestro. Era solito esitare, cercare tagli veloci e angoli stretti per andare a segno. E pur non essendo prolifico dal perimetro, segnò il jumper dall’angolo che consegnò il titolo agli Spurs contro i Knicks, nell’ultimo minuto di Gara 5 delle NBA Finals 1999.

Alcune delle guardie più piccole si mettono in mostra perché sono incredibilmente agili o dinamicamente talentuose. Non era il caso di Avery Johnson. Il “Piccolo Generale” aveva un po’ di velocità e un po’ di talento, ma è stato più il modello della guardia piccola e aggressiva . Ha avuto successo principalmente perché era tenace e diligente in ciò che faceva.

Jeph Duarte di “Pounding the Rock” ha sottolineato come i migliori anni di Johnson abbiano coinciso con l’ascesa di Gregg Popovich come capo allenatore nel 1996:

“Con Pop capo allenatore, Johnson ha iniziato a sbocciare. Il Generale dettava il gioco in campo: decideva le spaziature e il passo, mentre tutti i suoi compagni traevano beneficio dalla sua abilità in area nel trovare un tiratore libero.”

Non è stata una sorpresa vedere che la passione di Johnson per il gioco lo ha condotto ad allenare. Durante la sua gestione come “comandante” di una squadra NBA ed NCAA, ha fatto trasudare il medesimo entusiasmo e la medesima competitività che lo hanno reso un giocatore al di sopra dei suo limiti.

KEVIN JOHNSON, IL “KILLER” PIÙ SOTTOVALUTATO

Altezza: 185 cm

Anni di attività: dal 1987/88 al 1999/00

Nel crescere, un paio di cugini che ammiravo erano dei grandi fan di Kevin Johnson e dei Phoenix Suns, quindi mi hanno aiutato ad apprezzare quanto elettrificante fosse KJ come giocatore. È impossibile sottovalutare la sua importanza per quei Suns di fine anni ’80 e inizio anni ’90.

KJ portava in campo un potente mix di capacità come realizzatore e facilitatore, che catalizzava l’attacco dei Suns. Era un “killer” dalla media distanza e un passatore prolifico. Aveva un intuito incredibile nel lasciare gli avversari fuori equilibrio e aveva un ball handling e un controllo del corpo che gli permettevano di attaccare il ferro contro chiunque, o quasi, nella NBA. Non lo classificherei come un’atleta d’elite, ma poteva prendere l’ascensore quando ne aveva bisogno.

La sua implacabilità e mancanza di paura nell’arrivare al ferro sono le cose che più ricordo. Johnson era instancabile e non temeva il contatto fisico, anche se circondato e marcato da avversari più alti e pesanti di lui. Nei suoi anni migliori riusciva ad andare in lunetta più di 7 volte a partita.

Inoltre, per otto stagioni ha avuto una media di 8 o più assist a partita, contando quattro stagioni consecutive, dal 1989 al 1992, in cui ha raggiunto la doppia cifra. La sua abilità nell’apparecchiare la tavola per i compagni ha amplificato il valore delle figure di spicco dei Suns: Charles Barkley, Dan Majerle e Tom Chambers.

Con Johnson al timone, i Suns sono stati per sette stagioni consecutive (dal 1988/89 al 1994/95) nella top-5 in termine di Offensive Rating. Un traguardo straordinario, di cui forse non si parla abbastanza.

Nel corso della sua carriera Johnson ha lottato contro le migliori franchigie della storia: gli Showtime Lakers, i Bulls del primo threepeat e i Rockets campioni in due stagioni consecutive. Il fatto che sia arrivato secondo con una frequenza così alta dovrebbe rappresentare per Johnson una medaglia al valore, più che una delusione…

JOHN STOCKTON, UN “LADRO” ALTRUISTA

Altezza: 185cm

Anni di attività: dal 1984/85 al 2002/03

L’altezza e l’agilità nel saltare sono caratteristiche estremamente importanti nel basket. John Stockton, però, era la prova che non ne avevi necessario bisogno per essere un giocatore NBA d’èlite. Dominava il gioco lateralmente e orizzontalmente, ritagliandosi una carriera da Hall of Fame grazie alla precisione chirurgica dei passaggi e alla destrezza delle mani in difesa.

Mentre rimanevo a bocca aperta dal modo in cui MJ dominava negli anni ’90, ero allo stesso tempo toccato dai suoi avversari per il titolo. L’ingegnosità e le abilità fuori dal comune di Stockton hanno ispirato l’assalto di Utah ai vertici della Western Conference. Ha guidato i Jazz a cinque Finali della Western Conference, inclusi due viaggi consecutivi alle NBA Finals.

Molti fan conoscono Stockton come il leader nella classifica all-time per gli assist, e meritatamente. La sua visione e il suo tempismo, al fianco dei blocchi, dei tiri, dell’intensità e delle schiacciate di Karl Malone ha fatto a pezzi la Lega per quasi vent’anni. Ma Stockton è anche il leader all-time in quanto a palle rubate, perciò cerchiamo di fare luce su questa abilità.

Era un difensore così dirompente perchè aveva un incredibile intuito, tempismo e delle mani incredibili. Così come riusciva a leggere una giocata prima degli altri in attacco, “diagnosticava” con anticipo le giocate anche in difesa. Spesso riusciva a rubare la palla al portatore venendo dal lato debole come aiuto, intercettava passaggi in maniera insospettabile e riusciva a trasformare quelli che sarebbero stati canestri in falli in attacco, scivolando sempre in una posizione ottimale.

È uno dei molti Hall of Famer la cui carriera è stata rovinata da Air Jordan. Ma, come per Kevin Johnson, non dovremmo lasciare che questo sminuisca la grandezza della sua carriera.

ERNIE DIGREGORIO, IL CECCHINO SHOWMAN

Altezza: 183 cm

Anni di attività: dal 1973/74 al 1977/78

Ernie “D” ha giocato prima che io nascessi, sto quindi infrangendo un po’ le regole. Ma “D” si merita la menzione per le sue pazzesche abilità come passatore.

Dopo una carriera di spicco al college a Providence, DiGregorio fece capire ai tifosi dei Buffalo Braves, nella sua breve quanto abbagliante carriera, che i loro soldi erano ben spesi.

Dal basso dei suoi 183 cm, aveva un repertorio come playmaker vasto quanto chiunque altro nella lega a quel tempo, escluso Pete Maravich. Manipolava i difensori con giocate disorientanti e assist no-look, e la sua precisione nei passaggi dalla lunga distanza era incredibile.

DiGregorio portava i difensori a sbilanciarsi da una parte e, dopo essersi protetto con il corpo, faceva partire con precisione chirurgica il suo tipico passaggio dietro la schiena. L’assist che centra il bersaglio al minuto 1:20 di questo montaggio è il mio preferito:

Ernie D ha giocato solo cinque stagioni intere nella NBA per via di un infortunio al ginocchio, tuttavia si è goduto il suo momento. Ha guidato la NBA in assist e percentuali ai liberi nella sua stagione da rookie, stabilendo un record per percentuali dalla lunetta (94.5%). Inoltre, ha aiutato i Braves nel raggiungimento dei Playoffs in due occasioni.

Potrebbe sopravvivere nella NBA di oggi? Probabilmente no. Ma la bellezza dello sport è che possiamo apprezzare i giocatori per quello che hanno fatto nelle rispettive ere.

LA LORO EREDITÀ

Questi e molti altri – per citarne alcuni: Spud Webb, Muggsy Bogues, Damon Stoudamire, Nick Van Exel e Allen Iverson – hanno tracciato la strada per i “piccoletti” di oggi in NBA. Il loro stile di gioco, la loro perseveranza e innovazione in mezzo ai giganti della Lega è emulata e perfezionata dai piccoli eroi di oggi.

Chris Paul ha il QI in entrambi i lati del campo di Stockton, Kemba Walker alcune sfuggenti mosse offensive di Iverson, Kyle Lowry l’aggressività e la tenacia di Avery Johnson. E la lista potrebbe continuare.

Fisicità e atletismo erano e sono di vitale importanza nella NBA, ma ci sarà sempre una strada per il successo per i giocatori undersized che lo vogliono abbastanza…