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FOTO: Twitter – Jordan Loyd

Forse non tutti gli appassionati di NBA sanno chi sia Jordan Loyd, classe ’93 che nella Regular Season 2019/20 con i Toronto Raptors – poi campioni NBA – ha giocato in totale 12 partite (per 55 minuti) e segnato 29 punti. Sicuramente, però, tutti hanno visto una sua foto. Anzi, LA FOTO.

Sì, perché l’ex guardia di Valencia, Stella Rossa e Zenit San Pietroburgo, oggi nel campionato francese al Monaco, era parte del roster dei Raptors con un two-way contract, e il caso e le circostanze l’hanno immortalato nella foto… quella foto!

Un attimo prima dell’estasi che avrebbe portato la sua squadra a vincere le semifinali di Conference contro i Sixers, con l’epilogo senza precedenti nella storia della lega che tutti noi ricordiamo (e ricorderemo). Accanto a Joel Embiid, preoccupato, e Kawhi Leonard, speranzoso, compare proprio lui, che non per niente TheStar.com ha definito “Jordan Loyd – a.k.a. that dude in the picture with Kawhi”.

Un paio d’anni fa, dopo una partita di ACB giocata dal suo Valencia a Manresa (Barcellona), abbiamo avuto l’occasione di parlare direttamente con “Mr. Foto”, facendoci raccontare quel momento e in generale la sua esperienza con la maglia della franchigia canadese, in un’annata indimenticabile per la storia dello sport canadese. Ecco cosa ne è emerso.

Se guardiamo alla foto più emblematica della stagione NBA 2018/19 (e non solo), troviamo Kawhi, Embiid e… Jordan Loyd!

Già. Non mi ero reso conto di quanto speciale sarebbe stato il momento ritratto nella foto. Ma è pazzesco pensare che ci sono giocatori del calibro di Kawhi Leonard, Joel Embiid… e poi, da una parte, ci sono io! Sì, davvero assurdo.

Cos’hai pensato durante quegli interminabili secondi?

Effettivamente sembrava davvero molto tempo, anche se non lo era. Io non pensavo che la palla sarebbe entrata, poi ha toccato il ferro una volta, due volte… abbiamo iniziato a guardare, guardare, guarare… E quando è andata dentro, è stato davvero un momento di estasi, anche per me. Ero contento per la squadra, sentivo l’energia dei tifosi. Incredibile.

Come valuti la tua esperienza NBA con i Raptors?

È stato fantastico. Innanzitutto per l’organizzazione: dalla la società agli allenatori, dai compagni di squadra allo staff. Ogni membro dell’organizzazione era di prima categoria, e l’annata è stata fantastica. Io mi sono divertito, ho imparato molto e mi sono sentito parte dello sforzo collettivo che ha portato all’anello.

Ho sentito dire che facevi da “controfigura” di Steph Curry, durante gli allenamenti nei giorni delle Finals. Ce ne parli?

Sì, ero parte del team di scouting, quindi chiunque fosse il rivale, io dovevo impersonare la guardia avversaria: Steph Curry, o Eric Bledsoe, o altri ragazzi che giocavano contro di noi contro i quali dovevamo prepararci a giocare. Mi sono preparato per quello, guardando molti video e memorizzando le loro movenze, per poter assomigliare il più possibile a loro.

Quanto ti senti parte del successo dei Raports?

Sì, me ne sento parte ancora oggi. E infatti ho ricevuto l’anello. Non vedevo l’ora di prenderlo in mano e vederlo coi miei occhi, quando sono tornato a casa… un’emozione incredibile.

Che differenze hai trovato tra giocare in Europa e in NBA?

Innanzitutto le squadre, che sono completamente differenti. Quando sono arrivato in Europa ho avuto bisogno di un periodo di adattamento. Qui il gioco è molto fisico, ogni possesso e ogni palla conta. Anche le regole, poi, sono un po’ diverse, così come le spaziature. In Eruopa non c’è così tanto spazio come in NBA. Bisogna adattarsi, ovviamente, ma l’ho fatto volentieri.

Ti piacerebbe tornare in NBA?

Sì, certo, ci penso. Ho giocato al massimo livello, per la squadra campione NBA… anche se nelle retrovie, c’ero. Ho imparato tanto.