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David Stern, storico commissioner NBA che ha portato la Lega dai confini del disastro a un successo a quel tempo inimmaginabile, è morto mercoledì. Aveva 77 anni. E’ mancato a causa di un’emorragia cerebrale che, secondo una dichiarazione rilasciata dalla stessa NBA, lo ha colpito il 12 dicembre a New York.

 

Per 30 anni Stern ha guidato l’NBA, trasformandola in un prodotto altamente commerciabile, sia localmente che globalmente. Sotto la sua leadership, l’NBA ha aggiunto sette franchigie espandendosi a 30 squadre, ha negoziato accordi televisivi estremamente remunerativi, ha creato una rete di 13 uffici in tutto il mondo, ha gestito brillantemente crisi e scioperi molto complessi, ha sviluppato vincenti strategie di marketing ed incrementato l’esposizione internazionale del brand.

 

“Era un mentore e uno dei miei più cari amici”, ha dichiarato Adam Silver che, dopo aver lavorato al suo fianco per 22 anni, ne ha preso il posto il 1° febbraio 2014. “Abbiamo trascorso un’infinità di ore in ufficio, nei palazzetti e sugli aerei, ovunque il gioco ci portasse. Come ogni leggenda della NBA, David era un talento naturale ma con lui sono sempre stati i fondamentali a fare la differenza: preparazione, attenzione ai dettagli e duro lavoro”.

 

Nato il 22 settembre 1942 a New York City dal proprietario di una salumeria, Stern inizia subito la sua carriera professionale in NBA: dopo essersi laureato in giurisprudenza e aver superato l’esame di avvocatura a New York, viene immediatamente coinvolto nella causa che regolamenterà la free agency, proprio durante la fusione tra NBA e ABA.

 

Nel 1978, Stern viene assunto come consigliere generale della NBA e presto promosso vice presidente esecutivo. Lavorando sotto l’allora commissioner Larry O’Brien, Stern è responsabile dell’implementazione del salary cap e dell’inasprimento nella Lega delle norme antidroga.

 

Nel 1984 avviene finalmente il passaggio di consegne che permette a Stern di succedere a O’Brien. “David ha combattuto ogni giorno perché l’NBA ottenesse il rispetto che meritava”, ha spiegato Silver a Sports Illustrated nel 2018. “Personalmente, ho ereditato una situazione molto diversa. Una Lega all’apice del suo prestigio e chiaramente ancora in ascesa. L’incarico per me è stato semplice: non rovinare tutto. David ha dovuto affrontare circostanze completamente diverse”.

 

Nel 1980, la gara decisiva delle Finals NBA andò in onda in ritardo, su di un nastro registrato. Le squadre perdevano soldi. La contrazione era una possibilità reale. Sebbene alcuni eventi fuori dal controllo di Stern fossero già in movimento  – Larry Bird e Magic Johnson avevano già iniziato a giocare e Michael Jordan stava per essere scelto al Draft –  il suo effetto sull’NBA è stato indiscutibile.

 

Michael Jordan ha recentemente dichiarato:

 

“Senza David Stern, la NBA non sarebbe quella che è oggi. Ha guidato la Lega in periodi turbolenti e l’ha trasformata in un fenomeno internazionale, creando opportunità che pochi avrebbero potuto immaginare prima. David aveva un profondo amore per il gioco del basket – pretendeva eccellenza da chi lo circondava – e per questo l’ho sempre ammirato. Non sarei dove sono senza di lui”.

 

Sotto Stern, l’NBA iniziò il suo processo di internazionalizzazione: vennero organizzate amichevoli in Europa, alcune partite di Regular Season furono giocate in Giappone e si impegnò per ottenere un primo punto di appoggio in Cina. Grazie a lui, nel 1992, per la prima volta giocatori professionisti parteciparono alle Olimpiadi, dando vita allo storico Dream Team composto, tra gli altri, da Jordan, Johnson, Bird, Charles Barkley e Patrick Ewing. Ha anche supervisionato la creazione della WNBA (Women National Basket Association) e della Lega di sviluppo della NBA.

 

“Il suo costante impegno per lo sport femminile è stato in anticipo sui tempi e ha spinto tantissime ragazze a giocare a basket”, ha dichiarato la Commissioner WNBA Cathy Engelbert. In una dichiarazione rilasciata dalla NFL, invece, il commissario Roger Goodell ha definito Stern “il decano dei commissari, non solo per la sua longevità e la sua vision, ma anche per i preziosi consigli che mi diede quando esordii come commissioner della NFL”.

 

LeBron James ha definito Stern un “great visioner” di questo sport.

 

“Penso che lui e Dr. James Naismith siano le due persone più importanti della storia del Gioco. Ovviamente, il dottor Naismith per averlo inventato mentre David per averlo esportato in tutto il mondo. Non so quante persone abbiano creduto come lui che questo progetto fosse davvero realizzabile. Alla fine però ha avuto ragione”.

 

Stern era sicuro che la crescita dell’NBA passasse da un cambio di paradigma, da semplice lega sportiva a prodotto di intrattenimento. Nel 1991 Isaiah Thomas, che a quel tempo ricopriva la carica di presidente della NBA Players Association, rilasciò un’intervista a Sports Illustrated in cui dichiarò: “David è arrivato in NBA e subito ha capito che era qualcosa di più di un semplice sport. It’s really just entertainment. Come esistono i tour di Michael Jackson o dei Rolling Stones, così era giusto che esistesse un tour NBA”.

 

Non a caso Stern prese come modello proprio la Disney, che meglio di tutti incarnava il simbolo del modello d’intrattenimento americano.

 

“Hanno parchi a tema e noi abbiamo parchi a tema. La differenza è che noi li chiamiamo arene. Così come loro hanno Topolino e Pippo, noi abbiamo i nostri personaggi e si chiamano Magic e Michael. Disney vende abbigliamento e noi vendiamo abbigliamento. Loro vendono home video e noi vendiamo home video”.

 

Quando assunse il ruolo di commissioner nel 1984, le 23 squadre NBA valevano 400 milioni di dollari. Nel 2014, anno in cui si ritirò, le 30 squadre valevano 19 miliardi.

 

L’attuale Commissioner dell’NHL Gary Bettman conosceva bene David Stern e ne era anche amico di lungo corso.

 

“La sua vision e la sua energia hanno letteralmente creato l’industria sportiva moderna. David non mi ha solo insegnato a gestire una lega, ma anche come provare ad essere una brava persona”.

 

Pat Riley, ex allenatore dei Lakers ed attuale executive dei Miami Heat lo ha definito “il miglior commissioner della storia dello sport. Quello che ha fatto non ha precedenti e tutti coloro che hanno fatto parte dell’NBA durante il suo mandato dovrebbero fargli un monumento”.

 

Sicuramente Stern era una persona che trasmetteva fiducia. Jeanie Buss, co-owner dei Lakers, ha raccontato che suo padre un giorno le disse che se avesse mai avuto bisogno di una guida, doveva chiamare David. E così è stato. “Per me c’era sempre. David è stato un grandissimo leader, uno strategic thinker, determinato a trasformare l’NBA in una potenza globale, risultato che ha raggiunto brillantemente”.

 

Stern è anche stato, più o meno volontariamente, un attivista in materia di AIDS e HIV. Quando a Magic Johnson fu diagnosticato l’HIV, il commissioner intervenne per convincere i proprietari delle franchigie a concedergli di partecipare all’All-Star Game del 1992. Inviò dei dottori in ogni squadra dell’NBA affinché spiegassero ai giocatore i rischi che avrebbero corso, sfatando diversi miti sulla malattia. Quando Johnson fu nominato MVP della partita, Stern lo abbracciò al centro del campo. Questa vicenda sensibilizzò moltissime persone sul tema dell’HIV e contribuì a diffondere una migliore informazione sull’argomento.

 

 

Nel 2014 Stern è entrato a far parte della Naismith Memorial Basketball Hall of Fame.

 

Il suo mandato, però, non è stato privo di polemiche. Sia nel 1998 che nel 2011, il campionato fu giocato in forma ridotta a causa dello sciopero dei giocatori. La sua scelta di imporre un dress code nel 2005 fu accolta con enorme scetticismo, esemplificato perfettamente dalle parole di Allen Iverson, che all’epoca dichiarò: “non credo che sia positivo per la Lega. La rende finta”. Grande scandalo suscitò anche l’inchiesta sul gioco d’azzardo che coinvolse un arbitro della Lega. Così come la rissa tra i giocatori dei Pistons e quelli dei Pacers, che costrinse Stern a pene esemplari.

 

Stern fu molto contestato, inoltre, quando decise di porre il veto sulla trade tra Lakers e New Orleans Hornets che avrebbe portato Chris Paul (poi ceduto ai Clippers) a vestire la stessa maglia di Kobe Bryant. Stern aveva il potere di farlo in quanto all’epoca New Orleans era sotto il controllo temporaneo della stessa NBA.

 

In ogni caso, in un’intervista rilasciata a Sports Illustrated nel 2018, David Stern ha espresso il suo punto di vista in merito.

 

“Quando rievoco il meglio dell’NBA durante il mio mandato, penso alle triple di Jordan e a Magic che annuncia di essere sieropositivo; non a Latrell Sprewell che tenta di soffocare PJ Carlesimo, ad Artest che invade le tribune o all’arbitro Donaghy che scommette sulle partite. Quelli sono stati i momenti in cui, come commissioner, ho avuto l’onere e l’onore di proteggere la Lega, l’essenza del mio lavoro”.

 

 

 

 

 

 

 

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Il Los Angeles Times, fondato nel 1881, è il quarto giornale statunitense per diffusione. In collaborazione con Around the Game da ottobre 2017, in ambito NBA segue approfonditamente le due franchigie cittadine: Lakers e Clippers. Questo articolo, scritto da Dan Woike e tradotto in italiano da Riccardo Pilla, è stato pubblicato in data 4 gennaio 2020.