Tra le tante (presunte) future stelle, la più luminosa se la accaparra Denver, chiamando al secondo giro un perfetto sconosciuto dalla Serbia: Nikola Jokić.

L’NBA Draft 2014 è stato a memoria uno di quelli con più aspettative e più hype del decennio appena trascorso. Ricordo vividamente i paragoni importanti scomodati nei vari mock draft dell’epoca, le animate discussioni che incendiavano gli analisti della palla a spicchi a stelle e striscie, e ancor meglio ricordo le meno nobili chiacchere “da bar” che animavano gli intermezzi tra una partita e l’altra al campetto.

I vari Wiggins, Parker ed Embiid erano di gran lunga i soggetti principali di queste elucubrazioni e i primi due in particolare riempivano le copertine dei rotocalchi sportivi americani già dai tempi dell’high school. Le qualità erano sotto gli occhi di tutti, è vero, ma parte dell’eccessiva eccitazione verso questa annata fu dovuta allo scarsissimo appeal che invece ebbe quella precedente.



FONTE: Slam.com

Il Draft 2013 infatti è stato in termini di talento uno dei più scarni degli ultimi anni, salvato “solo” dall’esplosione di Antetokounmpo – che all’epoca, in ogni caso, era uno semi-sconosciuto.

Le attenzioni si spostarono così inevitabilmente dai prospetti del 2013 a quelli molto più promettenti dell’anno successivo, per intenderci su chi ancora non aveva giocato neanche un minuto di college basketball.

A sei anni di distanza si può tranquillamente affermare che le attese sono state in gran parte disilluse. È vero, resta non di meno un Draft molto profondo, con talento diffuso e tanti ottimi giocatori, ma nulla di minimamente paragonabile alla classe del 2003 – confronto azzardato spesso e volentieri nell’avvicinamento alla notte delle scelte, e ripetuto nella diretta di ESPN della serata.

Dei tre sopracitati, infatti, l’unico ad aver mantenuto le promesse è stato Joel Embiid, per gli altri due non si può dire altrettanto. È vero, la quantità di infortuni cui sono andati incontro molti dei ragazzi di questo Draft ha sicuramente influito negativamente sul loro potenziale di crescita. Basti pensare a Jabari Parker nei suoi primi anni da pro, oppure ai continui problemi che hanno tartassato Dante Exum.

Come la narrativa di ogni buon Draft prevede, però, a salvare parzialmente la faccia e l’onore di questa annata spunta un carneade dal vecchio continente, Serbia per la precisione. Che in perfetto accordo con il suo personaggio nel momento in cui il Commissioner annuncia il suo nome è dormiente sul divano di casa davanti al televisore.

Nikola Jokic è a mio parere, Embiid permettendo, il miglior giocatore di questo Draft, e i Nuggets di conseguenza i vincitori indiscussi della serata. Sono riusciti a pescare al secondo giro la futura superstar della loro organizzazione, quello che non a caso nel GM Survey del 2019 è stato votato come miglior centro della Lega. Tutto questo senza che nessuno, o quasi, avesse idea di chi fosse…

1. Nikola Jokić – 41, Mega Leks

16.9 PTS, 9.7 RBD, 5.4 AST – 2x ALL-STAR – 1x ALL-NBA

Poco altro da aggiungere a quanto appena detto, in assoluto una delle migliori prese al secondo giro degli ultimi 20 anni. Più i meriti del front office di Denver, Karnisovas su tutti, che un demerito delle altre franchigie nell’essersi lasciate sfuggire una gemma del genere.

Probabilmente parliamo del miglior lungo passatore della storia dell’NBA, ed è giusto quindi goderci un assaggio delle sue visioni:

2. Joel Embiid – 3, Kansas

24.1 PTS, 11.5 RBD, 3.1 AST – 3x ALL-STAR – 2x ALL-NBA – 2x ALL-DEFENSIVE

Il giovane camerunese sarebbe finito probabilmente alla numero 1, ai Cavs, se non si fosse rotto il piede a sei giorni dal Draft. Leggenda vuole che dopo il workout per Cleveland, l’allora GM David Griffin si lasciò scappare un commento laconico: “Il miglior workout a cui abbia mai assistito.”

L’infortunio ha però cambiato tutto. Con l’imminente (plausibile) ritorno di LeBron James sulle sponde del Lago Erie, infatti, la dirigenza non poteva permettersi un azzardo così grande. I dubbi sulla salute di Joel erano troppi. Griffin e soci hanno preferito buttarsi sul sicuro scegliendo Wiggins, poi spedito in Minnesota in cambio di Kevin Love. Su Embiid scommisero invece i Sixers di Sam Hinkie, che fecero di lui il simbolo del loro processo di ricostruzione.

3. Zach Lavine – 13, UCLA

17.7 PTS, 3.6 RBD, 3.6 AST

I Timberwolves nel pieno dei rumors riguardanti Kevin Love cercavano un esterno che potesse migliorare il loro backcourt. Con la tredicesima chiamata assoluta selezionarono questo ragazzo molto grezzo, ma dalle doti atletiche spaventose. E ancora oggi a Minneapolis rimpiangono di averlo inserito nella trade per arrivare a Jimmy Butler.

4. Julius Randle – 7, Kentucky

16.1 PTS, 9.0 RBD, 2.8 AST

Fallito l’esperimento D’Antoni, i Lakers cercavano un uomo che potesse – almeno in parte – rimpiazzare il vuoto lasciato sotto canestro da un partente Pau Gasol. Sul ragazzo i giallo-viola non hanno mai realmente creduto, lasciandolo scappare da free agent dopo 4 anni. Nell’unico anno a New Orleans, poi, è riuscito a mostrare davvero il suo potenziale e a strappare un ricco contratto dai Knicks.

5. Andrew Wiggins – 1, Kansas

19.7 PTS, 4.4 RBD, 2.3 AST – 2014-15 ROY

Dalla prima scelta assoluta ci si aspettava molto di più, viste le premesse e visto il contesto in cui gli è stato concesso di crescere, ovvero una squadra in ricostruzione piena di giovani. Ha vinto il premio di Rookie dell’Anno, il potenziale per essere una stella c’è ed è forse questo l’aspetto più frustrante. Negli anni non ha mai fatto il definitivo salto di qualità e ci sono aspetti del suo gioco, difesa e playmaking in primis, che sono rimasti sempre deficitari.

6. Spencer Dinwiddie – 38, Colorado

12.9 PTS, 2.8 RBD, 5.0 AST

La rottura del crociato durante l’ultimo anno di college non lo ha certo aiutato in sede di Draft, dove lo abbiamo visto scendere fino alla 38esima chiamata.

Dopo i primi due anni passati in naftalina in quel di Detroit, Dinwiddie sbarca nel 2016 a Brooklyn, dove trova l’ambiente adatto per mostrare a tutti le sue grandi doti da realizzatore. Grande rimpianto per i tifosi dei Pistons e di tutte le franchigie che l’hanno fatto scivolare così in basso, fra tutte i Jazz che alla ricerca di una point guard gli preferirono con la quinta scelta assoluta Dante Exum.

7. Marcus Smart – 6, Oklahoma State

9.9 PTS, 3.6 RBD, 4.0 AST – 1x All-DEFENSIVE

Rimbalzi, agonismo e tanta, tantissima difesa. Queste le qualità che hanno spinto i Celtics a scegliere il ragazzo da Oklahoma State con la sesta chiamata assoluta, stesse qualità che lo hanno reso un leader nello spogliatoio di Boston e un beniamino dei tifosi bianco-verdi. Il carattere sanguigno e in particolare un evento spiacevole durante una partita di college – uno spintone a un tifoso avversario – lo hanno forse fatto scivolare più in basso del previsto. Tanto meglio per Danny Ainge e soci.

8. Clint Capela – 25, Élan Chalon

12.2 PTS, 9.7 RBD, 1.0 AST

Poco si sapeva del lungo svizzero, all’epoca. Preso per fare il backup di Howard nei Rockets, ben presto ha scalato le gerarchie a suon di schiacciate e stoppate, fino a diventare il partner preferito di Harden e CP3 nei loro pick and roll.

9. Jusuf Nurkic – 16, Cedevita

11.6 PTS, 8.0 RBD, 1.9 AST

Selezionato da Chicago con la 16esima pick, il bosniaco viene spedito subito a Denver assieme a Gary Harris, scelto alla 19, in cambio di Doug McDermott scelto dai Nuggets alla 11. Trade che a posteriori vede ampiamente vincitrice la squadra del Colorado, a confermare la grande serata di tutto il front office guidato da Tim Connely.

Nei primi anni a Denver “the Bosnian Beast” si è lentamente guadagnato spazio tra le rotazioni. La definitiva maturazione è avvenuta però a Portland, lontano dall’ingombrante presenza di Jokić.

10. TJ Warren – 14, NC State

15.2 PTS, 4.1 RBD, 1.2 AST

Dopo aver concluso la seconda stagione al college a quasi 25 punti di media a partita, si guadagna la fama di grande e versatile scorer. Che ha dimostrato anche al piano di sopra, malgrado i pochi miglioramenti in altri aspetti del suo gioco.

11. Aaron Gordon – 4, Arizona

12.7 PTS, 6.4 RBD, 2.4 AST

Con grande sorpresa degli analisti di ESPN, vista soprattutto la necessità dei Magic di aggiungere una point guard al loro roster, Orlando spende la quarta chiamata per Gordon. Non una cattiva scelta, vista più che altro la non eccelsa classe di playmaker presenti, Dinwiddie a parte.

12. Bogdan Bogdanović – 27, Fenerbaçhe

13.3 PTS, 3.2 RBD, 3.5 AST

L’inizio dell’avventura americana non è proprio il massimo per Bogdan. Al momento della chiamata da parte dei Suns, infatti, ESPN fa partire una serie di highlights di Bogdanović, sì, ma Bojan.

Ritarda di tre anni il debutto in NBA e lo fa con la maglia dei Kings, che nel frattempo lo ha acquisito via trade. In questi anni ha dimostrato anche oltreoceano che di Bogdanović bravo con il pallone tra le mani ce n’è più d’uno.

13. Gary Harris – 19, Michigan State

12.1 PTS, 2.6 RBD, 2.1 AST

Anche lui viene selezionato dai Bulls, per poi essere spedito a Denver assieme a Nurkic in cambio di McDermott. Nonostante negli ultimi anni non abbia più toccato i propri massimi in termini realizzativi, raggiunti nella stagione 2017/18 (17.5 PPG), rimane un ottimo giocatore, con punti nelle mani e che porta difesa e disciplina. La scuola di Tom Izzo delude raramente.

14. Joe Harris – 33, Virginia

10.3 PTS, 3.1 RBD, 1.6 AST

Scelto da Cleveland al secondo giro, da grande tiratore da tre quale è avrebbe fatto molto comodo ai Cavs di LeBron. Peccato che la dirigenza non abbia scommesso su di lui. Lo hanno fatto invece i Nets di coach Atkinson, abili a pescarlo dai waivers nel 2016 e a farne uno dei tiratori più micidiali della Lega.

15. Jabari Parker – 2, Duke

15.0 PTS, 5.8 RBD, 2.1 AST

Una delle grandi delusioni di questo Draft, se non la più grande. I Bucks lo chiamano con la seconda scelta assoluta, consci di aver trovato il giusto scorer da affiancare a un Giannis in ascesa.

Di mezzo si è messa la sorte, che ha giocato un brutto scherzo al ragazzo, vittima di ben due rotture del legamento crociato nel giro di tre anni.


FONTE: NBA.com

16. Jordan Clarkson – 46, Missouri

14.8 PTS, 3.2 RBD, 2.6 AST

Entrato in sordina nella Lega, si è da subito fatto notare per le sue spiccate doti realizzative, che gli hanno permesso negli anni di ritagliarsi un ruolo da sesto uomo in NBA. Non è mai riuscito a maturare, però, dal punto di vista del decision making e della selezione di tiro.

17. Dario Šarić – 12, Anadolu Efes

12.2 PTS, 6.2 RBD, 2.1 AST

Selezionato da Orlando, viene subito girato ai Sixers in cambio di Elfrid Payton. Scambio che soddisfa entrambe le squadre e riempie i relativi buchi nei roster. Raggiunge Philadelphia solo due anni dopo, dando così tempo ai Sixers di “tankare” come si deve per ulteriori due stagioni, complici gli infortuni di Embiid.

18. Rodney Hood – 23, Duke

12.5 PTS, 2.9 RBD, 1.9 AST

Seconda chiamata per i Jazz al primo giro, dopo la quinta scelta spesa per Exum. Decisamente più azzeccata la seconda…

19. Elfrid Payton – 10, LA-Lafayette

11.0 PTS, 4.4 RBD, 6.6 AST

I Sixers nonostante la presenza a roster della point guard titolare Michael Carter-Williams, fresco vincitore del ROY, decidono di spendere la decima chiamata assoluta per un altro playmaker con qualità molto simili a quelle del suddetto.

Passato lo spavento iniziale per MCW, Payton viene spedito agli Orlando Magic. E vissero entrambi felici e contenti… si fa per dire.

20. Jerami Grant – 39, Syracuse

9.2 PTS, 3.9 RBD, 1.1 AST

Fra le cinque – ripeto: cinque – pick al secondo giro di Philadelphia, spunta anche il nipote di Horace Grant. L’aggiunta del tiro da fuori negli anni l’ha reso uno dei 3&D più interessanti della Lega.

21. Dwight Powell – 45, Stanford

7.7 PTS, 4.6 RBD, 1.0 AST

Selezionato da Charlotte al secondo round, nel giro di sei mesi cambia quattro squadre, per accasarsi poi definitivamente a Dallas, dove si è costruito un solido ruolo nelle rotazioni di Rick Carlisle.

22. Doug McDermott – 11, Creighton

8.2 PTS, 2.2 RBD, 0.8 AST

Grande tiratore dall’arco, ma poco altro. La trade, già accennata in precedenza, che l’ha portato a Chicago la notte del Draft ha sicuramente visto i Bulls uscire da sconfitti.

Va detto che a Windy city volevano a tutti i costi liberare spazio salariale per poter eventualmente firmare un grande free agent, su tutti Carmelo Anthony, e in quest’ottica due rookie al primo giro non erano sostenibili. Inoltre, i Bulls volevano aggiungere un tiratore da affiancare a D-Rose e Noah. A Chicago non vi è stata traccia né di Melo né del grande tiratore.

23. Shabbaz Napier – 24, UConn

7.0 PTS, 1.9 RBD, 2.5 AST

Viene draftato da Charlotte alla 24, ma l’endorsment via twitter da parte di LeBron James spinge Miami a liberarsi di tre future scelte pur di portare il Most Outstanding Player delle ultime Final Four collegiali a South Beach. Peccato, però, che è il Re stesso a lasciare Miami dopo qualche settimana…

24. Kyle Anderson – 30, UCLA

5.4 PTS, 4.0 RBD, 2.0 AST

Gli Spurs lo chiamano alla fine del primo giro e già molti intravedono in lui il perfetto successore di Boris Diaw. “Slo Mo” però con il francese condivide la lentezza, e poco altro.

25. Jordan McRae – 58, Tennessee

6.9 PTS, 1.8 RBD, 1.4 AST – 1x NBA CHAMP

Finora l’unico dei qui citati ad aver vinto l’anello, anche se assistendo LeBron e soci da dietro le quinte.

26. Glenn Robinson lll – 40, Michigan

6.0 PTS, 2.6 RBD, 0.8 AST

Figlio d’arte, ma papà Glenn “Big Dog” Robinson era decisamente di un altro livello.

27. Dante Exum – 5, Australia

5.7 PTS, 1.8 RBD, 2.1 AST

Errore abbastanza grossolano da parte dei Jazz nel sceglierlo così in alto, soprattutto tenendo conto che il ragazzo, ad eccezione di qualche partita con le rappresentative giovanili australiane, aveva fino a quel momento giocato solo a livello di high school in patria.

28. Noah Vonleh – 9, Indiana

5.0 PTS, 5.2 RBD, 0.8 AST

Molti analisti lo vedevano selezionato ancora più in alto. Scivola invece fino alla nona chiamata e Charlotte non perde occasione per continuare la striscia di lottery pick toppate alla grande.

29. Tyler Ennis – 18, Syracuse

4.2 PTS, 1.3 RBD, 1.9 AST

Il play canadese non ha mai realmente dimostrato di essere all’altezza del campionato delle stelle, tanto che è dal 2018 che non veste una maglia di una franchigia NBA.

30. Nik Stauskas – 8, Michigan

6.8 PTS, 2.1 RBD, 1.5 AST

L’hype intorno a questo giocatore ai tempi era francamente esagerato, tanto che al momento della scelta ESPN nel classico “player comparison” azzarda un paragone con Drazen Petrovic e Manu Ginobili.

A tre anni di distanza, i Kings ricommettono lo stesso errore fatto con Jimmer Fredette. DeMarcus Cousins non la prende bene e si vendica così…