FOTO: NBA.com

Manca poco, ancora qualche ora e si parte con lo showdown dei Playoffs. La partita inaugurale non è quella più attesa da tutti, non è quella con maggior talento offensivo, ma è sicuramente un incontro, e di conseguenza una serie, per palati fini, una di quelle che non ti fa saltare dalla sedia per giocate fantasmagoriche in attacco, eppure ti tiene incollato al televisore per guardarla, a patto però che tu sia un cultore della difesa, un ammiratore dell’utilizzo del corpo e, perché no, di un po’ di fisicità sopra le righe. Magic e Cavaliers, infatti, sono state due tra le migliori difese della stagione regolare, terzi i primi e settimi i secondi, e due tra i peggiori attacchi (se comprendiamo solo le squadre che affronteranno questi Playoffs), 22esimi e 16esimi. Detto questo, vediamo come è stato il percorso di entrambe, cosa possiamo ricavare dalle precedenti sfide e quali saranno le chiavi della partita.

Cleveland Cavaliers

Per buona parte della stagione, e in realtà ancora oggi, dove i discorsi di mercato dovrebbero stare a zero, si sta parlando del futuro di Donovan Mitchell, ormai dato per partente dall’Ohio, e delle mosse che il front office dei Cavs dovrebbe fare per convincerlo a rimanere: come a dire “vadano come vadano questi Playoffs, attualmente non sono la priorità”. E sono sinceramente preoccupanti tutte queste voci che distolgono l’attenzione dall’impegno imminente della squadra, che ha iniziato la stagione balbettando, ritrovandosi bene o male al .500 dopo 25 partite, per poi affidarsi quasi totalmente all’ex Utah Jazz (e al tiro da tre punti) e arrivare al secondo posto nella Eastern Conference alla pausa dell’All-Star Game, in contumacia Darius Garland ed Evan Mobley per di più.

Da lì in poi la stagione è andata decisamente in calando ed è da qui che sono partite tutte le speculazioni su Mitchell. Da dopo l’All-Star Game, i Cavs hanno inanellato una serie di brutte prestazioni che li hanno portati ad avere un record di 12-17 e un net rating di -3.6, tutt’e due i dati sono i peggiori tra le restanti contendenti al titolo. In queste 29 partite, sono stati appena il 20esimo attacco e la 25esima difesa e hanno raggiunto il punto più basso nella sconfitta contro gli Charlotte Hornets nell’ultima partita di stagione regolare quando, con la possibilità di raggiungere il secondo posto ad est ancora in essere, coach Bickerstaff ha scelto di tener seduti sia Mitchell che Garland lasciando i compiti di playmaking a Craig Porter Jr., che tra l’altro ha abbandonato la partita per infortunio dopo nemmeno 10 minuti. Senza Porter Jr., alla Rocket Mortgage Fieldhouse abbiamo assistito a due brutti spettacoli: prima il tentativo di creare gioco dal palleggio di Tristan Thompson, fresco di ritorno dopo la sospensione per l’utilizzo di sostanze vietate dal regolamento, e poi i fischi che hanno iniziato a piovere dagli spalti, vista la malparata che si stava palesando sul parquet.

Orlando Magic

Se la stagione di Cleveland ha vissuto di alti e bassi, con giocatori che spesso non si incastrano per caratteristiche come dovrebbero, a Orlando si respira un’aria di leggerezza, visto che la franchigia della Florida ha decisamente superato le aspettative di inizio stagione. Coach Mosley merita molto credito per la filosofia che è riuscito ad inculcare in questo nucleo, tanto da essersi guadagnato il mese scorso un’estensione quadriennale che lo legherà alla franchigia fino al termine della stagione 2027-2028. Sotto la sua gestione, i Magic si sono dimostrati essere dei veri mastini in difesa: hanno chiuso l’annata terzi per defensive rating, quinti per palle rubate, ottavi per deflections e secondi per percentuale di palle perse forzate agli avversari.

Sono presenti in squadra difensori come Suggs e Isaac che saranno inclusi (quantomeno nella discussione) nei due quintetti difensivi che la lega comunicherà a breve, così come giocatori mediocri che però si sono ben adattati al sistema ideato da Mosley. L’altro lato del campo invece, quello offensivo, è dove Orlando fa più fatica. Sono 22esimi per offensive rating, 27esimi in pace e 27esimi in punti in transizione. La tendenza generale è quella di penetrare in area e attaccare il canestro, tanto che sono ottavi per punti nel pitturato e quarti per punti segnati nella restricted area. Questo perché il tiro dietro l’arco latita: 29esimi in tiri da tre punti tentati e 24esimi in percentuale di realizzazioni. In sostanza, la partita la vincono in difesa, se non subendo un punto in meno degli avversari, sicuramente forzando le palle perse e poi utilizzando la superiorità numerica per depositare la palla in fondo alla retina, ovviamente al ferro (hanno chiuso secondi nella lega per punti prodotti da palla persa).

Paolo Banchero e Franz Wagner sono i due giocatori di punta di questi Magic, quelli con più talento e quelli chiamati a fare il passo in avanti nei Playoffs. I 22.6 punti di media dell’americano e i 19.7 del tedesco sono messi a referto sulla falsa riga di quanto detto sopra, prediligendo quindi l’attacco al ferro che il tiro dalla distanza.

Precedenti incontri stagionali

Le due squadre si sono divise le sfide in regular season, 2-2, nonostante questo è difficile trarne davvero una linea guida comune per via delle numerose assenze. LeVert ha saltato tre delle quattro visite, Mobley due, Garland e Mitchell una. Wade, che si è preso buona parte degli incarichi difensivi su Banchero, è fuori per una distorsione al ginocchio e Merill, rivelazione da dietro l’arco per i Cavs, non ha giocato nelle ultime tre uscite stagionali per un infortunio al collo.

Mentre per Orlando, tutti gli effettivi sono stati in campo, a parte Isaac e Carter che hanno saltato un paio di sfide a testa. Coach Mosley ha alternato vari giocatori in marcatura su Mitchell, tuttavia Jalen Suggs è stato quello che ha avuto più assegnamenti difensivi nei confronti dell’ex Jazz: per quanto i 35 punti segnati nella sfida di dicembre possano far pensare il contrario, la quinta scelta assoluta al Draft del 2021 ha tenuto al 42% (8-19 dal campo) la punta di diamante di Cleveland, con solo 6 assist prodotti a fronte di 4 palle perse.

In tutte e quattro gli incontri stagionali la differenza l’ha fatta il tiro da tre punti. Cleveland ha vinto i due dove ha convertito più di 10 triple, mentre Orlando si è presa gli altri due dove i Cavaliers hanno segnato rispettivamente 9 e 10 triple. Banchero e Wagner, inoltre, hanno faticato non poco a convertire i tiri da tre punti, ottenendo solo il 28% e il 15% come percentuale nel tiro pesante.

Chiavi della serie

Come detto, la serie si decide fondamentalmente su due fattori, a cui poi c’è da aggiungere una conclusione ovvia, ma mai da tralasciare. Il primo punto è la marcatura su Mitchell, perché se è vero che Suggs ha speso il maggior tempo in marcatura sull’ex Utah, altri giocatori potrebbero fare al caso di Orlando, come per esempio Jonathan Isaac, sempre che riesca a vedere il campo con continuità per via delle sue difficoltà nel tiro da tre punti.

La seconda è la percentuale dalla linea del tiro da tre. Cleveland ha sì perso le due gare in cui ha segnato meno di 10 triple, ma è anche riuscita a vincere una delle due nella quale i Magic sono riusciti ad avere una percentuale più dignitosa. Orlando ha tirato con il 18% da tre nelle prime due partite e con il 46% nelle ultime due: non sarà una scienza esatta, ma visto il basso punteggio che si terrà in questa serie, questo tipo di conclusione e la sua realizzazione farà tutta la differenza del mondo.

Sarà anche intrigante scoprire se coach Bickerstaff sceglierà di tenere in campo entrambi i lunghi, Mobley e Allen, nei finali di partita, in quanto in stagione regolare l’attacco ne ha risentito, segnando solamente 111.3 punti su 100 possessi quando i due hanno condiviso in campo contemporaneamente. Le opzioni per coach Mosley invece sono le più varie, con il trio Suggs- F. Wagner-Banchero sicuro di terminare le partite e con i vari Fultz, Anthony, Carter e Mo Wagner a subentrare a seconda delle necessità impellenti della squadra.

La considerazione doverosa da fare riguarda l’esperienza, o meglio l’inesperienza dei Magic in queste partite: non che i Cavs ne abbiano giocate molte di più con questo gruppo, ma indubbiamente la serie dell’anno scorso contro i Knicks avrà insegnato e lasciato qualcosa alla franchigia dell’Ohio.