Le ragioni che hanno portato i Miami Heat a mollare le trattative per Bradley Beal a giugno

Nei primissimi giorni dell’off-season appena conclusasi, prima ancora della free agency e dell’inizio delle saghe di Damian Lillard e James Harden, si era accesa una sorta di asta per Bradley Beal, dichiaratamente in uscita da Washington. Il prezzo richiesto non era poi così alto, e il talento del giocatore poteva alzare il livello di parecchie squadre di Playoffs.

Infatti, oltre ai Phoenix Suns, al tavolo delle trattative c’erano anche i Miami Heat, alla ricerca di uno scorer che potesse risolvere l’unico problema evidenziato dalla squadra durante l’ultima gloriosa run in post-season. Per un attimo, gli Heat sembravano persino essere i favoriti per aggiudicarsi il giocatore.

Perché allora Pat Riley non ha spinto fino in fondo sull’acceleratore, lasciando che Phoenix chiudesse l’affare senza batter ciglio?


Secondo quanto riportato da Zach Lowe di ESPN, la ragione non è da trovare solamente nella rincorsa del pesce grosso Lillard. Miami avrebbe infatti rinunciato a Beal perché non lo considerava un upgrade abbastanza significativo rispetto a Tyler Herro. Nella valutazione, il front office ha tenuto conto dell’età di Beal, sette anni più vecchio di Herro, e del suo contratto parecchio oneroso.

Il ragionamento fila, ma arrivati a metà ottobre i fatti raccontano che Riley è rimasto a mani vuote, con lo stesso roster dell’anno passato, con i medesimi pregi e i medesimi difetti, e si dovrà ancora una volta affidare alle “magie” di Erik Spoelstra.