Buona la prima per la squadra del Massachussets, che è ripartita al meglio dopo la sconfitta subita alle Finals e i problemi interni, tra infortuni e questione Udoka.

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I Boston Celtics hanno iniziato la stagione 2022/23 con una convincente vittoria per 126-117 nell’opening night casalingo contro i Philadelphia 76ers. Protagonisti della nottata sono stati, al solito, i JAYs (Tatum&Brown) capaci di realizzare 70 punti in due (35 ciascuno) mandando in estasi il TD Garden. Il successo ha permesso di riportare un po’ di serenità in un ambiente che, dopo una turbolenta offseason, ha un disperato bisogno di normalità. Prima di parlare infatti di ciò che sarà, o che potrebbe essere, la nuova stagione dei Celtics, è necessario fare un passo indietro per avere una visione d’insieme di quanto accaduto nei quattro mesi che hanno separato G6 delle Finals dall’opening night: un’era geologica per i tempi della NBA, un periodo nel quale a Boston è successo praticamente di tutto.

Free Agency e Draft

La stagione cestistica dei Boston Celtics è terminata il 17 giugno, data di gara-6 delle Finals, con la sconfitta al TD Garden contro i Golden State Warriors di uno scatenato Curry autore di 34 punti. L’immagine che meglio riassume quel momento è data dall’espressione dei due uomini franchigia: deluso e amareggiato Tatum, incapace di condurre la franchigia al tanto agognato diciottesimo banner, in estasi Steph, neo-MVP delle Finals e con un anello in più al dito.

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Da quel momento, dopo aver smaltito la normale delusione per un’impresa solo sfiorata, il Front Office, soprattutto nella figura del GM Brad Stevens, ha lavorato senza sosta per garantirsi un’altra title shot, consapevole che la finestra temporale per vincere non è eterna e bisogna approfittare di ogni occasione che si presenta. I problemi da risolvere non mancavano di certo: i Celtics erano arrivati col fiato corto alle Finals, stremati da infortuni e da rotazioni ridotte all’osso, mancando di lucidità nei momenti chiave e privi di elementi, esclusi Brown e Tatum, capaci di fornire varianti tattiche e di gestire la palla nei momenti delicati. L’assenza di un playmaker di livello, nonostante l’ottimo lavoro svolto da Smart e l’aumento di possessi per Tatum e Brown, è stato un tema a lungo dibattuto in quel di Boston.


La Draft Night era il primo step per la costruzione del nuovo roster. I Celtics avevano una sola scelta (la 53) ma tutto lasciava presagire che ci sarebbero stati movimenti importanti. Come nelle migliori tradizioni però nulla si è mosso in sede di Draft. Stevens ha optato per una linea conservativa scegliendo di non sacrificare assets e sfruttando la pick per selezionare JP Davison, eccentrico playmaker da Alabama, firmato con un two-way contract.

L’approccio è radicalmente cambiato con l’inizio della Free Agency. Gli arrivi di Malcolm Brogdon e Danilo Gallinari sembravano aver messo una pezza di lusso ad ogni buco presente a roster. Il playmaker ex-Indiana, arrivato in cambio di Nesmith Theis e scelte, veniva da una stagione tribolata a causa di problemi al tendine d’Achille, tuttavia, rappresentava anche il profilo perfetto per rapporto qualità-prezzo. Se sano (ed è un se piuttosto importante) Brogdon è uno scorer di ottimo livello capace di gestire possessi chiave e di garantire una difesa importante sulle guardie. Off the ball non è un tiratore ancora affidabile ma nella sua stagione migliore era arrivato al 39% dal perimetro con il 45% dagli angoli.

Gallinari invece, nonostante le 34 primavere compiute ad agosto e una difesa ormai pressoché nulla, era esattamente ciò che serviva ai Celtics: un lungo tiratore affidabile sugli scarichi capace di allargare il campo e, se necessario, prendersi qualche tiro dal palleggio. Il rinnovo di Sam Hauser e le firme di Mfiondu Kabengele (two-way) e Noah Vonleh chiudevano così una FA molto positiva. Il bello tuttavia doveva ancora arrivare.

Rumors ed infortuni

La notoria quiete che circonda Boston viene stravolta la prima volta il 25 Luglio quando Shams Charania su Twitter comunica il forte interessamento dei Celtics per Kevin Durant che poche settimane prima aveva chiesto la trade ai Nets. Inizia così il circo mediatico con notizie e smentite continue che generano solo disappunto per tutte le parti in causa, fino allo sfogo social di Jaylen Brown che, di fatto, chiude ogni possibile discorso.

Un’altra brutta notizia giunge a Boston la mattina del 29 agosto: Danilo Gallinari è uscito per problemi al ginocchio durante la gara di qualificazione mondiale contro la Georgia. Le sensazioni non sono delle migliori e dopo alcune speculazioni più o meno verosimili l’esito degli esami strumentali non lascia spazio a fantasie: ad essere coinvolto è il legamento crociato anteriore. Gelata per i Celtics, che speravano di aver risolto i problemi di punti dalla panca con l’arrivo dell’ala azzurra. Stevens, dopo settimane di valutazioni, decide di coprire la perdita dell’ex Nuggets con l’innesto di Blake Griffin e la conferma di Noah Vonleh, precedentemente firmato con un contratto per il training camp.

L’ultima mazzata per Tatum e soci arriva a poche settimane dall’inizio della nuova regular season: Robert Williams resterà fuori almeno un mese e mezzo a causa del riacutizzarsi dei problemi al ginocchio e successiva operazione. Assenza pesantissima quella di Timelord che, dopo la rottura del menisco patita a marzo e il forzato rientro per i Playoffs, sembra non trovare pace e si prospetta un’altra stagione di restrizioni sul minutaggio e perenni precauzioni al fine di evitare ricadute.

Il caso Udoka

Malgrado le complicate situazioni di roster c’era tanto entusiasmo per l’inizio del training camp. I tifosi erano impazienti di rivedere all’opera i propri idoli anche solo per una partita di pre-season e la voglia di basket, accantonata l’amarezza per le Finals, invadeva una Boston sempre più affamata di titolo. Alla fine di settembre però un altro fulmine a ciel sereno squarcia la serenità del TD Garden: Ime Udoka è stato sospeso per l’intera stagione 2022/23 a causa di violazioni del codice etico, per via di “rapporti inopportuni” con una donna facente parte dello staff.

Un tornado si abbatte sull’organizzazione bianco-verde. Le speculazioni iniziano senza sosta (inutile commentarle in quanto non verificate) e a poco servono le scuse di Udoka, che si dichiara rammaricato e pentito delle sue azioni. L’ambiente si spacca in due: da un lato c’è chi si scandalizza per una punizione giudicata troppo severa per quella che in origine era descritta come una relazione consenziente tra due adulti; dall’altro c’è chi vuole vederci più chiaro e capire il perché si sia arrivati a questa scelta estrema. I Celtics decidono di condurre un’indagine interna e ciò che trapela è più preoccupante di quanto uscito dai report iniziali: l’allenatore avrebbe rivolto “parole crude e commenti inappropriati” alla donna prima dell’effettiva relazione.

Inutile dire che le ripercussioni di questo scandalo si abbattono su tutti i membri dell’organizzazione Celtics, dallo staff ai giocatori. Udoka era stato fortemente voluto dai senatori della squadra e sponsorizzato da Stevens come l’uomo da cui ripartire per costruire le vittorie del futuro, così in pochi osano commentare, preferendo glissare e ripetere frasi di circostanza per manifestare sorpresa e disappunto. Tutti condannano apertamente il gesto ma il sentore che più di qualcuno fosse a conoscenza della cosa da diverso tempo è un fantasma che ancora oscilla nelle stanze del TD Garden.

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Le ripercussioni concrete della vicenda sono le seguenti: la squadra viene affidata al vice di Udoka: Joe Mazzulla. Benvoluto dai giocatori e dalle alte sfere, Mazzulla è una scelta nel segno della continuità, sarebbe stato inutile infatti abbattere il tempio a meno di un mese dall’inizio della stagione. Al neo-coach spetta l’arduo compito di gestire un gruppo che ha come obiettivo il back-to-back alle Finals, un’impresa non da poco per un allenatore totalmente inesperto. Al fine di colmare quest’ennesima lacuna, i Boston Celtics hanno provato a riportare alla base Jay Larranaga, che però ha rifiutato il ruolo di assistente. La ricerca tuttavia continua.  

Ciliegina sulla torta è la notizia, più o meno verificata, che parla di rapporti ormai gelidi tra (ex) allenatore e dirigenza, con quest’ultima disposta a permettere a Udoka di candidarsi per un’altra panchina in NBA qualora se ne presentasse l’occasione. L’era Udoka a Boston appare quindi quasi conclusa a prescindere dalla sospensione.

Cosa dobbiamo aspettarci dai Boston Celtics?

La stagione, nonostante i cattivi presagi, è partita nel miglior modo possibile. In Massachusetts tutti sono consapevoli che il miglior modo per scacciare la crisi è lavorare a testa bassa e vincere quante più partite possibili, soprattutto dopo una pre-season altalenante. Mazzulla per ora, come ovvio che sia, non è uscito dallo spartito disegnato dal suo predecessore: difesa fisica , costanti switch, tanto movimento in fase offensiva e ripartizione dei possessi distribuita tra Tatum e Brown.

La lineup dell’opening night, viste anche l’assenza di Timelord, ha visto White promosso in quintetto con Tatum nel ruolo di quattro a giocare da point-forward per valorizzare sempre di più la sua gravity offensiva. Le notizie migliori sono arrivate da Grant Williams (15 punti con 5/5 dal campo), unico a fare canestro con regolarità dalla distanza e sempre più 3&D di livello (il suo rinnovo sarà un argomento caldo a Boston nelle prossime settimane) e da Malcolm Brogdon, autore di 16 punti con 7/9 dal campo 4 assist e 2 rubate, sembrato subito a suo agio nel ruolo di play in uscita dalla panca

La sensazione generale è che i Boston Celtics siano una squadra profonda e ricca di talento che però deve, come tutte in questo momento, trovare la giusta quadratura del cerchio. Pensare di far giocare a Brown e Tatum quaranta minuti ogni notte significa non aver chiaro il film della passata stagione. Le rotazioni dovranno stabilizzarsi sul lungo periodo nell’attesa del rientro di Timelord e della miglior condizione fisica di Blake Griffin, apparso volenteroso ma piuttosto appesantito.

Importanti saranno i minuti che sapranno garantire i membri della second-unit oltre Grant: Hauser con il suo tiro potrebbe essere un’arma importante nel corso della stagione e Pritchard ha già dimostrato di essere letale se in ritmo. Da tutti loro passerà il buon esito di questa RS in una Eastern Conference sempre più complicata.

Fare previsioni ad oggi risulta difficile. I Boston Celtics partono da favoriti ma bisognerà capire quanto peso avrà l’inesperienza di Mazzulla come head coach, gli infortuni e gli strascichi di una estate complicata sul gruppo squadra. Qualora i Celtics riuscissero a rimanere granitici rispetto alle speculazioni dall’esterno e ad eventuali passi falsi, parleremmo di una squadra a cui non mancherebbe nulla per fare il salto di qualità definitivo. I Jays hanno un anno in più sulle spalle e l’esperienza delle FInals li avrà aiutati a maturare lavorando sui propri limiti, il roster presenta molte meno lacune e le fondamenta sono solide.

La stagione 2022/23 rappresenta un nuovo inizio per i Boston Celtics che, senza volerlo, si sono ritrovati catapultati in un’estate al centro della cronaca. Ora però è tempo di parlare solo del parquet e le prime impressioni sono state più che positive, la corsa al banner numero diciotto è ripartita e non tollera ulteriori indugi.