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Ci siamo. I Playoffs stanno per iniziare, mancano solo quattro squadre tra le otto impegnate nel Play-In per andare a comporre la griglia di partenza. In una stagione caratterizzata da enormi exploit e giganti dormienti, le porte di accesso al paradiso lasceranno indietro metà delle squadre presentatesi. Tra queste, una fra Chicago Bulls e Atlanta Hawks, rispettivamente nona e decima nella Eastern Conference. Non sono le più attese, non sono le più talentuose e, se vogliamo dirla (forse un po’ brutalmente) come Zach Harper su The Athletic, si ritrovano in questa situazione solo perché bisogna riempire le due caselle per il nono e decimo posto ad est. Nonostante non sia la partita più attraente di questo Play-In, però, presenta alcune caratteristiche che la rendono interessante e, prima di arrivare all’ultimo confronto giocato tra le due e alle chiavi che decideranno la partita di mercoledì notte, vediamo come le due squadre si presentano a questo impegno.

Chicago Bulls

Le speranze di un’annata importante per i Bulls si sono spente quando a inizio febbraio Zach Lavine si è sottoposto all’intervento al piede destro che l’ha costretto a chiudere la stagione in anticipo. A Lavine si è poi aggiunto Patrick Williams, che ha dato forfait definitivo a fine febbraio, subendo un’operazione al piede sinistro. La loro assenza, sommata a quella cronica di Lonzo Ball, ha permesso a Coby White e Ayo Dosunmu di avere più minuti, assieme a Alex Caruso, presumibilmente il backcourt del futuro.

Chicago ha terminato la stagione regolare con il nono piazzamento ad est, un record di 39-43 complessivo e di 13-14 da dopo l’All-Star Game. Hanno avuto la possibilità di guadagnare qualche posizione in classifica ma, da quando nell’ultimo periodo è rientrato Embiid per Philadelphia e Miami ha iniziato a inserire qualche marcia in più, l’unico vero obiettivo dei Bulls è stato quello di difendere il nono posto dalla risalita degli Atlanta Hawks.


Billy Donovan, per questo ultimo stretch di stagione, ha deciso di mandare in campo una formazione decisamente piccola, con White, Caruso, DeRozan e Javonte Green da affiancare a Vucevic. Green, il cui 10-day contract è stato prolungato per tutta la stagione una decina di giorni fa (i Bulls hanno dovuto tagliare Terry Taylor per fargli spazio a roster), è stata un’aggiunta che ha permesso a Chicago di avere un po’ più di taglia e fisicità nella posizione di ala grande: per darvi un’idea, nell’ultimo confronto tra i Bulls e gli Hawks risalente al 1 aprile, all’indisponibilità di Green coach Donovan ha sopperito con l’aggiunta di Dosunmu, un’altra guardia, facendo giocare DeRozan da quattro. Proprio Dosunmu è l’ultimo della lista degli infortunati per Chicago, anche se dovrebbe essere disponibile per la sfida del Play-In.

I loro pregi e i difetti, sia in difesa che in attacco, saltano subito all’occhio e le statistiche lo riflettono. Da dopo l’All-Star Game sono 27esimi in defesive rating, 27esimi per percentuale da tre punti convertita dagli avversari, ultimi per numero di triple concesse agli avversari e 26esimi per percentuale difensiva al ferro. Sono una brutta difesa, specie dall’arco, che tende ad imbarcare acqua molto facilmente.

Se però la partita è tirata nel punteggio, tanto da arrivare in una situazione clutch, i Chicago Bulls sono… una delle migliori squadre della lega. Primi in defensive rating – su un ampio numero di partite, 44 – e addirittura da dopo l’All-Star Game hanno concesso la miseria di 92.5 punti su 100 possessi nei 71 minuti in cui le squadre sono divise da 5 punti negli ultimi 5 minuti, vincendo 10 delle 13 partite disputate. Offensivamente, in questi momenti della partita, la storia non cambia: Chicago è seconda per offensive rating da dopo l’All-Star Game, dietro solamente a Denver, grazie anche a DeMar DeRozan che è primo nella lega nei minuti clutch.

Più in generale, la squadra è 12esima in offensive rating: un attacco gestito prevalentemente con penetrazioni, cercando di costruire vantaggi, e mid-range, con il solito DeRozan a dominare la classifica Nba in questo tipo di tiri.

L’apporto della panchina è molto limitato, specie per via degli infortuni, e i giocatori che subentrano sono 29esimi per punti segnati. Chicago gioca ad un pace basso, 19esimo in NBA post All-Star Game e in netta ascesa rispetto al pre, ma, singolarmente, il numero di possessi si alza fino a diventare l’11esimo nelle situazioni clutch, il che sembra evidenziare una correlazione tra il “correre” e l’esito finale della partita.

Atlanta Hawks

Se pensate che gli infortuni abbiano condizionato la stagione di Chicago, l’infermeria di Atlanta non è stata da meno. Saddiq Bey, Jalen Johnson e Onyeka Okongwu hanno tutti già finito la stagione. Trae Young è rientrato solo qualche giorno fa dopo aver saltato 23 partite. La rotazione di Quin Snyder è stata in larga parte condizionata dalle assenze, dovendo a volte scavare in profondità nella panchina per trovare meteore come Vit Krejci che, ironia della sorte, è stato uno dei migliori giocatori nel confronto contro i Bulls del 1 aprile, ma che potrebbe essere confinato in panchina nella sfida di mercoledì notte.

Gli Atlanta Hawks hanno chiuso la stagione regolare con un record di 36-46 complessivo e 12-15 da dopo l’All-Star Game. Sempre da dopo la pausa per la partita delle stelle, gli Hawks sono parecchio migliorati in difesa e sono peggiorati in attacco, tanto da avere un net rating pressoché nullo a -1.2 (la media è peggiorata dopo l’ultima debacle subita per mano degli Indiana Pacers) – molti asseriscono che la mancanza di Young abbia influenzato questi dati e, sinceramente, non mi sento di biasimarli.

Detto questo, la difesa di Atlanta è comunque sotto media, hanno un discreto sistema di squadra atto a togliere gli avversari dalla linea del tiro da tre punti facendoli confluire verso Capela anche se, a dirla tutta, questo metodo serve a coprire una delle più grandi lacune di questa squadra, ovvero la difesa perimetrale individuale, con il solo De’Andre Hunter capace nell’uno-contro-uno di poter tener testa alla stella avversaria. Come Chicago, Atlanta difende male sulle triple e da qui arriva la necessità di cui sopra. La difesa al ferro non è di certo élite, ma la presenza di Capela permette sicuramente di alterare più di un tiro.

In attacco, la predominanza del tiro da tre punti è evidente: con o senza Young in campo, la fase offensiva è incentrata sulla ricerca del tiratore libero sul perimetro, meglio se negli angoli, dove gli Hawks tirano il secondo maggior numero di triple dopo Dallas.

Atlanta ha giocatori che possono battere dal palleggio gli avversari, come Young, Murray o Bogdnaovic e quindi creare un vantaggio per poi concretizzare con una tripla dal perimetro o per un tiro nei pressi del canestro di Capela.

Proprio per la minaccia verticale che presenta lo svizzero e per l’inserimento in pianta stabile nella rotazione di Bruno Fernando, stante l’infortunio di Okongwu, Atlanta è quarta nei punti per possesso segnati dal rollante su pick&roll e, se pensate che Young ha saltato 23 partite, quel numero può solo che aumentare. Gli specialisti da tre punti in questo caso non mancano, come Garrison Mathews e Dylan Windler: non giocatori a tutto tondo, ma tiratori di professione da inserire nei momenti opportuni.

Ultimo confronto: Atlanta Hawks-Chicago Bulls 113-101

Come già detto, l’ultimo incontro tra le due squadre è andato in scena un paio di settimane fa, l’1 Aprile, allo United Center di Chicago, stessa arena che ospiterà anche la sfida di mercoledì notte. In quella partita erano assenti Javonte Green per i Bulls e Trae Young per gli Hawks, tuttavia le idee di gioco che vedremo nel Play-In saranno le stesse mostrate allora.

Nei primi due confronti, uno a dicembre e uno a febbraio, Atlanta era uscita sconfitta, tirando male da tre punti e subendo rispettivamente 118 e 136 punti. In quest’ultimo, la differenza evidente è stata la percentuale dall’arco, unita ovviamente al miglioramento nei punti subiti che ci mostra quanto di buono coach Snyder è riuscito ad apportare sulla squadra. Nel confronto di dicembre, gli Hawks hanno tirato con il 29% da tre, 32% in quello di febbraio, 47% in quello di aprile.

La matematica in questi casi è ovvia, se ad un ampio volume del tiro da tre (40 volte nel match di aprile e, in generale, 37 in stagione) si unisce una percentuale strabiliante di conversione, l’avversario faticherà e non poco a tenere il ritmo, soprattutto questi Chicago Bulls che tentano di media 6 tiri da tre punti in meno rispetto agli Atlanta Hawks da dopo l’All-Star Game.

Tutte le difficoltà nella difesa perimetrale di Chicago sono state esposte a tal punto da rendere vani i 31 punti di DeRozan e i 22 White, più della metà di quelli complessivi della squadra. A DeRozan sembra piacere in particolare affrontare gli Hawks, tanto da segnare almeno 20 punti per la 16esima volta consecutiva, chiudendo poi con 31 punti alla sirena finale. Per Atlanta, Bogdanovic ha chiuso con 20 punti e solo 7 tiri presi, Murray con 17 punti in 17 tiri e Krejci ha messo il suo massimo in carriera con 18 punti e un pulitissimo 6-6 dal campo, tutte triple. Le marcature erano quelle preventivate, con Hunter su DeRozan da un lato e Caruso su Murray (ma verosimilmente su Young nel Play-In) dall’altro.

Il filo conduttore della fase offensiva di Chicago è stato quello del pick&pop tra il palleggiatore e Vucevic per allontanare Capela dal pitturato e avere più spazio di manovra in area, oltre che la volontà di togliere la possibilità allo svizzero di contestare i tiri al ferro. Infine, in aggiunta alle triple, il secondo fattore che ha indirizzato, anche se in misura minore, la partita è stata la lotta a rimbalzo offensivo: entrambe le squadre sono nella top-10 per palloni catturati sotto il tabellone avversario, ma in questo confronto a farla da padrone sono stati i Bulls, con Drummond che ha preso 8 rimbalzi offensivi, quasi tutti contro Fernando che ha faticato non poco a contenerlo.

Le chiavi della partita

A mio avviso gli aspetti che determineranno l’esito della partita sono quattro:

  • La percentuale da tre punti degli Hawks e, in aggiunta, il disavanzo nel tiro pesante che subiranno i Bulls.

Chicago concede in media 5.6 tiri da tre punti in più ad Atlanta rispetto a quelli che si prende e, numeri alla mano, subisce 2.2 canestri dall’arco in più di quanti ne segni. Se Atlanta mette a referto una percentuale importante da tre punti è verosimile che vinca la partita, perché Chicago farà fatica a recuperare questo divario.

  • Il punteggio nel finale di gara.

Chicago è la migliore squadra della lega nei momenti clutch e Atlanta non ha le armi per controbattere. A questo aggiungeteci che i due giocatori più importanti degli Hawks, Young e Murray, in queste situazioni tirano rispettivamente con il 40% dal campo e il 26% da tre il primo, il 38% dal campo e il 28% da tre il secondo e capite perché se la partita si deciderà agli ultimi possessi è molto probabile che a spuntarla saranno i Bulls.

  • La lotta a rimbalzo offensivo.

Entrambe le squadre vanno con decisione a rimbalzo offensivo, Atlanta è terza nella lega per palloni catturati sotto il canestro avversario e Chicago ottava. Da un lato Capela e dall’altro Drummond potranno dire la loro e indirizzare la partita.

  • Chi fa il passo in avanti per Chicago a fianco di DeRozan.

Visto il numero di giocatori degli Hawks in grado di mettere punti a referto, i Bulls non possono contrastare con il solo DeRozan. Hanno bisogno di un’ottima prestazione di White e di una buona prestazione di uno tra Caruso e Dosunmu, solo così possono avere una chance. DeRozan è certamente in grado di segnare 50 punti, ma coach Donovan non può sperare solo in questa possibilità.