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La striscia di vittorie di Houston si è chiusa a 6 partite, fermata dalla tripla in step-back, con fallo, di James Harden in quel di Los Angeles. I Rockets avrebbero perfino meritato di vincere quella partita, considerando che la propria serie positiva coincideva con quella negativa dei Clippers. Cercare però di comprendere con logica le prime partite di regular season equivale ad auto infliggersi sofferenze inutili, à la Tafazzi di Mai dire Gol – se siete troppo giovani per conoscerlo, vi siete persi una buona fetta della cultura italiana di fine anni ’90, ma non disperate, c’è una pagina di Wikipedia anche per lui.

Chi non si rivede di certo in questo personaggio è il nuovo coach degli Houston Rockets, Ime Udoka, che da quando siede sulla panchina di casa del Toyota Center ha creato un’identità che negli anni passati non apparteneva a questa squadra, quella difensiva.

Nelle ultime tre stagioni, infatti, il defensive rating è stato rispettivamente il 28esimo, 30esimo e 29esimo della lega: quest’anno, complici le aggiunte di Fred VanVleet e Dillon Brooks, l’efficienza difensiva è salita fino al quarto posto dopo dieci partite, arrivando persino al secondo nella striscia di sei vittorie consecutive.


Se guardiamo le statistiche, a mio avviso sono quattro i campi che spiegano maggiormente questo miglioramento: le palle perse (TOV), i punti derivanti da queste palle perse (OPP PTS OFF TOV), la percentuale da tre punti concessa agli avversari (3PT DFG%) e il numero di punti in transizione concessi agli avversari (OPP FBPTS):

2020-20212021-20222022-20232023-2024
TOV14.716.516.213.1
OPP PTS OFF TOV17.521.220.614.6
3PT DFG%38.2%35.3%37.4%32.8%
 OPP FBPTS14.715.817.57.8
Aggiornamento alla decima gara stagionale

Oltre alle due aggiunte estive, i Rockets avevano già a roster un altro straordinario difensore sulla palla come Jae’Sean Tate, giocatore che attualmente esce dalla panchina, ma che è di fatto un titolare aggiunto considerando che gioca 20 minuti a partita. Non dimentichiamoci anche di Tari Eason e Amen Thompson, due difensori fastidiosi da fronteggiare e abbastanza giovani per progredire ulteriormente nella loro crescita in un contesto di squadra.

La difesa di Houston è selettiva: effettua molti cambi, persino 1-5 se c’è in campo Jeff Green, ma li fa con cognizione di causa, identificando le situazioni dove conviene compierli e non lasciando comunque mai “da solo sull’isola” un giocatore con evidente mismatch.

In questa clip, Jeff Green finisce in marcatura su George dopo il pick&roll con Zubac ed Eason (complice anche la non pericolosità da tre punti di Westbrook) si stacca dal suo uomo e stoppa in aiuto l’ex giocatore dei Pacers.

Nella propria metà campo i Rockets hanno fatto un evidente passo avanti e, per quanto mostrato finora, ho pochi dubbi nel credere che manterranno un’elevata efficienza per tutto l’anno, specie se riusciranno a far entrare in questa macchina difensiva Alperen Sengun, anello debole ad oggi della catena, sia per il posizionamento spesso sbagliato, che per la protezione del ferro (non lo considererei un intimidatore, ecco).

È quella offensiva, difatti, la fase preferita del centro turco e Udoka, complice anche la sua ascesa, lo sta trasformando nel punto cardine dell’attacco della squadra. L’ex coach dei Celtics predilige un maggiore utilizzo del pick&roll e lo si è visto a Boston con Brown e Tatum. Se con Silas nella scorsa stagione questo genere di esecuzione con Sengun da rollante si era visto nel 20.7% dei possessi, quest’anno il 38.7% delle azioni, quasi il doppio, ha avuto questo sviluppo, con “Alpi” che segna 8.5 punti a partita in questa situazione, miglior dato per distacco nella lega.

Le sue percentuali da tre punti sono “in divenire” per usare un eufemismo, con solo il 28.6% di triple convertite, percentuale che deve assolutamente aumentare se vuole trasformarsi in una duplice minaccia sul pick&roll (e pop) come tiratore, mentre in quanto a passatore è decisamente sopra la media, come mostrato nella clip sotto, dove si apre sul perimetro solo per creare spazio per il tagliante e servirlo al ferro.

L’altezza a cui è giocato il pick&roll, poi, permette ai Rockets di avere più soluzioni spendibili durante la partita. Se il blocco arriva più alto, il portatore di palla può scaricare al lungo che, in base a cosa decidono gli avversari, può attaccare il ferro oppure scaricare sul perimetro per un compagno nel caso in cui la difesa collassi – Sengun è bravissimo in questo.

Quando il lungo porta il blocco all’altezza del tiro da tre punti o appena fuori, il palleggiatore può effettuare uno step-back e prendersi una tripla (solitamente VanVleet) o può guadagnare un passo sul diretto marcatore e attaccare il ferro (spesso Jalen Green).

Proprio Jalen Green, a dimostrazione di come Udoka sia un grande comunicatore e motivatore, era stato spronato dal suo allenatore prima della partita casalinga contro i Lakers, ricordandogli che lui come Austin Reaves era stato inserito nell’elenco dei pre-selezionati per i mondiali della scorsa estate, ma che solo il giocatore dei Lakers alla fine era stato incluso nel roster finale (spoiler, la guardia di Houston ha chiuso con 28 punti realizzati e quella gialloviola 7).

Gli altri giocatori sono fondamentalmente dei comprimari in attacco, con pochi o addirittura senza set predefiniti che permettano loro di prendere un buon tiro costruito e non uno estemporaneo da gioco rotto. Tra questi c’è Jabari Smith, che l’annata passata aveva fatto una bella impressione, ma che sembra venir sempre più utilizzato sugli scarichi o come valvola di sfogo quando un’azione non si è svolta come sperato (del suo potenziale sviluppo avevamo scritto QUI).

Trarre delle conclusioni dopo solo una decina di partite è prematuro. La difesa di Houston è buona, numeri alla mano, e questo è un dato di fatto, come è visibile però che l’attacco sia mediocre (attualmente il 18esimo della lega). Potrebbero ritrovarsi in zona Play-In a fine anno, senza nessuna pressione sulle spalle e con la possibilità di far fare esperienza ai tanti giovani a roster – potrei fare una brutta battuta su “Houston, abbiamo un problema” utilizzando poi la frase “Houston, abbiamo una soluzione”, ma cercherò di trattenermi.

Faccio invece una considerazione seria su Udoka: al primo anno da capo allenatore ha portato in finale NBA i Boston Celtics arrivando a due vittorie dal titolo. Ora, in Texas, sta trasformando la squadra riuscendo a farla diventare a trazione prevalentemente difensiva, il che è singolare visto che i due migliori giocatori sono due cattivi difensori come Jalen Green e Sengun. È riuscito in breve tempo ad instaurare una mentalità che verrà buona negli anni a venire, ma che sta già mostrando i primi risultati. Questo inizio di Houston è tutto suo.

P.S. Ah, nel caso ve lo stesse chiedendo, sì, anche Ime fa parte dell’albero genealogico di Gregg Popovich, buon sangue non mente.