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Questo contenuto è tratto da un articolo di John Volta per Bright Side of the Sun, tradotto in italiano da Marco Marchese per Around the Game.


Negli sport, specialmente quelli di squadra, non si va molto lontano se gli atleti più rappresentativi non danno il massimo sul terreno di gioco. Per quanto riguarda i Phoenix Suns, e in particolare Devin Booker, si è trattato di un anno abbastanza particolare. I risultati altalenanti raggiunti in Regular Season, ma ancor di più le prestazioni poco convincenti nel corso della serie del First round dei Playoffs contro i Minnesota Timberwolves, sono un campanello d’allarme per D-Book, che non è ancora riuscito a rendere come al suo solito contro Anthony Edwards e compagni. Tra l’altro, è rinomato per aver spesso aumentato i giri del suo motore in occasione del post-season, cosa non avvenuta finora. 

Se Devin Booker non riuscisse ad incidere sulla serie in particolare da Gara 3, i Suns hanno pochissime chance di poter sopraffare i T-Wolves. Va dato merito al lavoro svolto da coach Chris Finch, specialmente in fase difensiva, poiché sta diventando un vero pallino nella mente dei tifosi della franchigia dell’Arizona. Ma ciò che sta causando enormi danni al roster allenato da coach Frank Vogel sono stazza e fisicità della franchigia del Minnesota. Primo su tutti, si sta distinguendo Jaden McDaniels: per via del suo stile difensivo raffinato e audace sta riuscendo a mettere in serie difficoltà gli All-Star e i tiratori dei Suns. Coach Vogel e i suoi uomini devono necessariamente riuscire a trovare una soluzione a questo problema. 

Tutti conoscono il percorso fatto fin qui in NBA da Devin Booker. Contro i Philadelphia 76ers, 3 stagioni fa, ha sofferto parecchio il match-up con Matisse Thybulle: la combo di fisicità, atletismo e lunghezza degli arti dei difensori è un’arma che riesce spesso a metterlo in difficoltà. E i T-Wolves sono una squadra parecchio munita di queste armi nel loro arsenale. Book non è né il giocatore più alto, né il più fisico in campo. I suoi limiti atletici lo hanno tenuto lontano dall’effettiva grandezza sportiva, dal vero e proprio status di Superstar della lega.

L’abilità nel tiro, unita all’elevazione che riesce a raggiungere e la precisione del suo jumper sono un marchio di fabbrica, e lo hanno reso uno scorer rinomato in NBA. Ma, a volte, serve anche qualcosa in più, che è proprio ciò che lo ha separato dal raggiungimento dei suoi obiettivi. Jaden McDaniels ha fatto un gran lavoro nel limitarlo al tiro fin qui, dandogli parecchio fastidio. Con McDaniels a marcarlo nel corso di queste 2 prime uscite del First round dei Playoffs, Booker ha soltanto 3 punti a referto, su ben 53.9 possessi parziali e con 1/6 dal campo, che si traduce nella percentuale del 16.7%, avendo anche subito 2 stoppate.

Il duello tra Booker e McDaniels ha preso fuoco in Gara 2 nel momento in cui è stato fischiato un fallo a D-Book, in contemporanea ad un tecnico a McDaniels. Per Book si è trattato del 6° fallo personale, che ha sancito la sua esclusione dalla sfida, e lo ha fatto mostrando che l’ex Kentucky Wildcats fosse giunto al limite, sia della competizione che della pazienza. 

“La mia frustrazione è legata al rendimento della mia squadra. Dobbiamo riuscire a fare canestro. Quando giochiamo al nostro ritmo riusciamo a giocare bene, dobbiamo solo compattarci meglio quando le cose iniziano ad andare male. Siamo riusciti a farlo nel corso della Regular Season. Ci sono degli aspetti del gioco che dobbiamo migliorare.”

Devin Booker

Ponendo un piccolo appunto alle parole di Devin Booker, i Suns sono riusciti a reagire compattandosi solo a volte, durante la Regular Season, ma non costantemente. Anzi, spesso è stato un problema lungo tutto il corso della stagione. Inoltre, sarebbe meglio mostrarsi compatti anche davanti alle telecamere, non solo dietro le quinte, affrontando di petto le avversità. E anche questo non è stato fatto lungo tutto il corso della stagione. Anche perché a volte confrontarsi direttamente con la delusione dei tifosi può avere risvolti positivi. 

Oltre l’aspetto fisico e atletico del gioco esiste quello mentale e psicologico, che comprende anche attitudine ed approccio alle partite: spesso, nel corso dell’anno, l’attitudine collettiva dei Suns è stata quasi tendente all’apatia, incluso Devin Booker. Per la franchigia dell’Arizona è stato un tranquillo cammino verso la post-season, dopo tutto non sono mai giunti con le spalle al muro. Ma, forse, quella situazione potrebbe infondere vitalità nei Suns, quella scintilla essenziale per proseguire il proprio cammino ai Playoffs. Probabilmente, questa è la situazione più temuta in Arizona Purtroppo non esistono interruttori da premere per dare energia alla squadra in situazioni analoghe. È possibile che riescano a riaccendersi per qualche partita, ma per vincere una serie al meglio di 7 gare, o addirittura in Titolo NBA, è necessario avere una propria identità di squadra. Bisogna costruire chimica all’interno del roster, e i Phoenix Suns ne sono stati carenti, a parte qualche sporadica dimostrazione a fine stagione. Inoltre, sono stati spesso privi della grinta necessaria, quella tenacia e forza mentale che porta a non mollare e non accontentarsi mai. E che, certamente, conquista il rispetto di tifosi e avversari.

Questo tipo di mentalità è ciò che ha permesso ai Minnesota Timberwolves di avere la meglio nelle prime due sfide della serie. Gli uomini di Chris Finch giocano un basket corale e ad alto livello d’intensità – cosa che i Suns sono raramente riusciti a fare in stagione. Devin Booker, all’età di 27 anni, è giunto nel suo prime. È la sua miglior opportunità di puntare al Titolo NBA che abbia mai avuto, vista anche la qualità e quantità di talento che lo circonda. 

D-Book viaggia ad una media di 19.0 punti con percentuali di 37.9% dal campo, 25.0% da oltre l’arco e 92.5% dalla lunetta, con 5 assist e 3.5 palle perse a partita. Nei primi due atti della serie, Booker ha permesso a Jaden McDaniels e Anthony Edwards di dettare il passo e il ritmo-gara, senza riuscire a imporre il proprio. Sembrerebbe quasi un rookie alle prime esperienze ai Playoffs, dimostrando di subire la pressione mentale imposta dagli avversari. Se i Phoenix Suns riusciranno a cambiare le sorti di questa serie, non avverrà per via di una prestazione monstre di Kevin Durant, ma per via dell’efficienza e produttività di Devin Booker su entrambi i versanti del campo, combinato con il duro lavoro da parte degli altri role playerGrayson Allen e Jusuf Nurkic su tutti, senza dimenticare Eric Gordon – e di Bradley Beal. Avverrà per via del loro sforzo collettivo, e non di singole prestazioni brillanti a trascinare il resto della squadra.

È ciò che McDaniels ha fatto fin qui: svolgere il proprio ruolo, consapevole di far parte di un collettivo. Rappresenta una valida sfida con cui confrontarsi per D-Book, ma certamente non un muro invalicabile. Jaden possiede le skills necessarie per metterlo in difficoltà, riuscendo a crearsi spazio per concludere a canestro efficientemente. Adesso deve solo mantenere questo status mentale, dimostrando di avere l’esperienza necessaria per avere la meglio in questo tipo di sfide. Il modo in cui i Suns hanno disputato i primi due appuntamenti della serie è inaccettabile. Ma, forse, ce lo si poteva aspettare. Ed è anche l’aspetto più triste di tutta la faccenda. 

Le aspettative sulla squadra allenata da coach Frank Vogel a inizio stagione non sono le stesse che si hanno adesso in post-season. Qualcosa è cambiata nel corso della Regular Season, ed è il modo in cui la squadra è scesa in campo, risultando spesso disconnessa e confusa al tiro. Adesso si trovano con le attenzioni di media e tifosi addosso, nel bel mezzo del tentativo di una rimonta dallo 0-2. Hanno le carte in regola per poter portare a termine la missione, o getteranno la spugna? Devin Booker è il leader di questa squadra, deve essere colui che conduce la nave in un porto sicuro quando le acque sono turbolente. Se non dovesse riuscire a farlo, condurrebbe i Phoenix Suns direttamente alla fine della loro stagione.