Le scelte al Draft sono degli asset preziosi per le franchigie NBA perché, oltre a garantire ogni anno talenti con cui rinforzare il roster, possono essere usate come merce di scambio sul mercato per acquisire giocatori in attività. Le pick sono una moneta di scambio incerta, una sorta di mystery box dal contenuto imprevedibile per cui spesso, al momento delle trade, si scatenano accese discussioni e stime da “Ok, il prezzo è giusto”. Per questo è importante investigare il valore medio effettivo delle scelte, e quindi valutare le trade che le coinvolgono, adottando un approccio analitico che permetta di predire a grandi linee la caratura dei giocatori in cui le pick si trasformeranno. L’analisi dei Draft passati è il metodo più utile per definire il valore delle scelte in ottica di mercato, perché ci permette di capire, analizzando il successo in NBA dei giocatori selezionati nello stesso range, quale sia il futuro più probabile per ogni scelta.

Per la nostra analisi, sono stati presi in considerazione tutti i giocatori scelti tra il 1989 (il primo anno con il Draft a due giri) e il 2016 e che abbiano giocato almeno 25 partite in carriera. I Draft dal 2017 in poi sono stati esclusi per non inquinare il nostro database, e quindi i risultati, con valutazioni su giovani giocatori la cui carriera è ancora quasi tutta da scrivere. Inoltre sono state scelte quattro misure all-in-one che formano una buona combinazione per valutare l’impatto sulla squadra di un giocatore: Box Plus Minus (BPM); Value Over Replacement Player (VORP) medio in carriera; Win Shares per 48 minuti (WS/48); Win Shares (WS) medie in carriera. Comparando i nostri risultati alle advanced stats dei giocatori in attività o ritirati da poco, possiamo tracciare un profilo del ‘giocatore tipo’ scelto a ogni latitudine del Draft. Partiamo distinguendo il valore di una scelta al primo giro rispetto a una al secondo, la cui differenza è schiacciante in tutte le statistiche.

Primo giroSecondo giro
BPM-1.19-2.64
VORP/year0.560.10
WS/year2.461.24
WS/480.080.06
Giocatori NBA99.3%72.0%
25+ G (%)97.2%57.3%
Veterani (%)76.4%28.2%
All-Star (%)18.0%2.6%

I giocatori con i numeri più simili a quelli di un tipico first rounder sono Gary Harris, Robin Lopez e Dennis Schroder: dei solidi starter NBA, con contratti remunerativi e una carriera decennale. Invece i giocatori da secondo giro assomigliano di più ai giocatori che occupano gli ultimi posti di una rotazione, come Abdel Nader e Alexis Ajinca, e che di certo non hanno avuto la longevità dei giocatori citati in precedenza. Guardando la tabella, salta subito all’occhio che un first rounder ha molta più probabilità di avere una carriera duratura in NBA. Anche grazie al contratto garantito alle prime 30 scelte, il 76.4% gioca almeno 5 anni nella Lega, mentre solo il 28.2% dei second rounder raggiunge questo traguardo.


Le scelte al secondo giro valgono davvero poco. Certo, se sei fortunato peschi Draymond Green, DeAndre Jordan o Nikola Jokic, ma la realtà ci dice che di solito si pesca un giocatore di bassa fascia che si può benissimo firmare al minimo salariale ogni singola offseason. E i numeri delle stats all-in-one, già pessimi, non raccontano nemmeno tutta la storia, perché includono solo la performance delle scelte al secondo giro che ‘ce l’hanno fatta’, quelle che sono riuscite a strappare un contratto NBA e a giocare almeno qualche partita, escludendo tutti giocatori che nella Lega non ci sono mai arrivati. Per un second rounder, anche giocare una singola partita NBA non è per niente scontato. Solo il 72.0% riesce a scendere in campo almeno una volta e un misero 57.3% gioca almeno 25 partite.

Quindi la lettura finale deve essere che una scelta al primo giro è di valore, perché ci si può aspettare un giocatore che dia un contributo importante nella rotazione. Con una seconda, invece, solo nel 57.3% dei casi si ottiene un giocatore in grado di durare in NBA, e sarà mediamente della caratura di Alexis Ajinca. Non benissimo. Però le pick al primo o secondo giro non sono tutte uguali tra loro, quelle più vicine alla 1 e alla 31 valgono ovviamente di più di quelle vicino alla 30 e alla 60. Quindi ora scendiamo più nel dettaglio, separando le pick ogni 10 scelte.

Le pick in top 10 sono per distacco le più pregiate. C’è un gap di valore enorme tra il range 1-10 e il range 11-20, il più grande tra due gruppi adiacenti. Una tipica scelta in top 10 ha la caratura di uno starter NBA di alta fascia, come Monta Ellis, Marcus Smart, Jerami Grant e (il fu) JaVale McGee. Tutti ottimi giocatori, ma nessun primo violino. Neanche scambiare per una scelta in top-10 garantisce un valore medio da All-Star.

Tra la 11 e la 20 invece ci si può aspettare un giocatore del livello di Lance Stephenson, Kelly Oubre Jr. o Jeff Green, quindi starter di fascia medio-alta. Dalla 21 in poi gli starter cominciano a latitare. Le stats del range 21-30 corrispondono a giocatori che non sempre hanno trovato un posto da titolare in carriera. Ian Mahinmi, Iman Shumpert, Doug McDermott: buoni pezzi della rotazione, starter low tier o panchinari di lusso.

Passando al secondo giro, le scelte nei range 31-40 e 41-50 hanno un valore atteso abbastanza simile, quello di un panchinaro che può stare nella rotazione ma che raramente ha longevità NBA. Ad esempio DeAndre Bembry, Marquese Chriss, Jason Maxiell e Kyle Singler. Tragica invece la performance delle pick dopo la 50. Valgono benchwarmer che hanno sempre fatto in&out dalla rotazione come Nik Stauskas, Patrick McCaw e Earl Clark.

Ora che conosciamo il reale valore atteso delle pick, valutiamo alcuni scambi che hanno generato parecchio clamore nelle ultime trade deadline.

Il 9 Febbraio 2023, nella blockbuster trade a 4 squadre tra Phoenix, Brooklyn, Milwaukee e Indiana, i Nets hanno salutato uno scontento Kevin Durant in cambio di Mikal Bridges, Cam Johnson, 4 scelte al primo round e uno swap. Nell’ultimo anno si è dibattuto parecchio su chi avesse vinto la trade, perché Bridges è esploso, Durant è sempre di un’efficienza straordinaria ma né Suns né Nets stanno proprio viaggiando a gonfie vele. Vediamo quindi se le pick che i Nets si sono assicurati per il futuro possono far pendere l’ago della bilancia.

Le 4 pick sono tutte dei Suns, del 2023, 2025, 2027 e 2029, mentre lo swap garantisce ai Nets di utilizzare la scelta al primo giro del 2028 più alta tra la loro e quella di Phoenix. La scelta del 2023 si è incarnata in Noah Clowney, il lungo molto acerbo da Alabama chiamato alla 21, su cui è ancora presto per dare un giudizio. Assumendo che la title window di Phoenix durerà almeno fino alla prossima stagione, probabilmente la scelta del 2025 cadrà tra la 21 e la 30 e si trasformerà in un giocatore di rotazione. Fino a qui niente di eclatante, mentre sono più interessanti le scelte del 2027 e 2029. Il prime di Durant, Beal e Nurkic sembra vicino alla fine e il conseguente declino dei Suns potrebbe garantire due pick in top-10 a Brooklyn, quindi mediamente due starter di alto livello e, con il favore della varianza, magari anche una stella (il 35% delle scelte in top 10 diventa un All-Star). Un bottino niente male per dei Nets che devono assolutamente uscire dalla mediocrità in cui sono impantanati.

È difficile giudicare se il bottino valga Kevin Durant senza sapere prevedere il futuro. Vorrei poter fare come Manzoni e scrivere “ai posteri l’ardua sentenza”, ma mi devo sbilanciare. Alla luce dei 35 anni di KD, del suo calo negli ultimi Playoffs, dello step up di Bridges e del potenziale delle pick 2027 e 2029, assegno (almeno temporaneamente) la vittoria della trade a Brooklyn.

All’interno della stessa trade, i Bucks hanno portato nel Wisconsin Jae Crowder, a un prezzo da molti ritenuto folle. Il 3&D da Marquette è stato scambiato per George Hill, Serge Ibaka, Jordan Nwora (ceduti ai Pacers) e ben 5 scelte al secondo giro (3 ai Pacers, 2 ai Nets), con conseguente indignazione popolare. Secondo molti 5 pick sono state un overpay clamoroso per un giocatore in fase di bollitura come Crowder. Premesso che i giocatori scambiati per Crowder avessero un valore quasi nullo, perché Hill e Ibaka si sarebbero ritirati dall’NBA da lì a tre mesi e Nwora è già stato girato a Toronto dopo 18 partite a 10 minuti di media con Indiana, è importante giudicare la trade analizzando il valore delle 5 pick al secondo giro.

Le scelte cedute dai Bucks sono le seguenti: la pick al secondo round del 2023 più alta tra quella dei Bucks e la più bassa tra quelle di Cavs e Warriors, che si è trasformata nella 55° scelta Isaiah Wong, il quale ancora attende il suo esordio in NBA; le second-round pick dei Bucks del 2024, 2028 e 2029; quella dei Pacers del 2025. La scelta del 2023 ceduta dai Bucks è quindi caduta nel range 51-60, come presumibilmente accadrà per quella del 2024, visto l’attuale terzo posto nella Eastern Conference di Giannis e compagni. Anche per la scelta del 2025 di Indiana si presume una posizione tardiva, tra la 51 e la 60, con i giovani Pacers in rampa di lancio e la dirigenza che si è recentemente mossa per riportare Indy tra le contender. C’è invece più incertezza sulle scelte di Milwaukee del 2028 e 2029, ancora molto lontane nel tempo. Assumendo un calo dei Bucks dovuto al tramonto del ciclo attuale, possiamo considerare probabile una posizione tra la 41 e la 50 per la scelta del 2028 e tra la 31 e la 40 per quella del 2029.

Guardando ai nostri risultati, possiamo concludere che, con le scelte del 2023, 2024 e 2025, Milwaukee non ha perso praticamente niente: 3 giocatori che probabilmente non giocheranno mai con continuità in NBA e che, se lo faranno, saranno costantemente dentro e fuori dalla rotazione. Anche per quanto riguarda le due scelte nel range 31-50, che abbiamo visto avere più o meno lo stesso valore atteso, il danno è limitato perché corrisponde a due membri della rotazione di secondaria importanza, ottenibili facilmente sul mercato a prezzi contenuti. Il Crowder del 2023 vale poco, ma la contropartita, a meno di outlier da secondo giro alla Brogdon o dell’improbabile esplosione di Nwora, non vale certamente di più.

Non sono Iva Zanicchi ma mi sento di dire “Ok, il prezzo è giusto!”.