Al via le WNBA Finals senza grandi sorprese: le squadre migliori della stagione si sfidano per il titolo. Tante le sfide nella sfida: Stewart contro Collier, Ionescu contro Williams. Zandalasini a caccia del secondo anello

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Ci siamo. Nella notte di venerdì 11 ottobre hanno inizio le finali di una grande stagione di WNBA, sotto tutti i punti di vista. L’arrivo nella lega della classe più attesa di sempre non ha deluso le aspettative: tante sono state le partite e i momenti memorabili, così come la risposta del pubblico. Dopo diversi colpi di scena nella regular season (due su tutti: la sterzata a metà stagione delle Indiana Fever di Caitlin Clark, e il finale deludente delle Chicago Sky delle rookie Angel Reese e Kamilla Cardoso), i Playoffs sono rimasti abbastanza fedeli ai pronostici. Le due squadre più forti si sfideranno per l’anello.
New York e Minnesota, a fari spenti verso la finale
Può essere ironico per alcuni, indicativo e istruttivo per altri, che le due squadre prime in classifica in regular season, e in finale ai Playoffs, siano quelle rimaste più in silenzio e lontane dalle polemiche. È stata una stagione con un rumore di fondo frastornante, dovuto ai dibattiti infiniti su qualsiasi cosa succedesse a Caitlin Clark e a tutte le giocatrici che ci si imbattevano. Da una parte tutto ciò era prevedibile: all’aumento dei fan corrisponde l’aumento di una certa dose di tossicità. Abbiamo già scritto che si è trattato di polemiche sterili e piuttosto inutili, non è cambiato niente. Un punto fermo sulla questione lo hanno messo due tra le sportive più importanti della storia del basket e del calcio. Sue Bird e Megan Rapinoe, compagne di vita e di podcast, in una delle ultime puntate del loro A Touch More hanno affrontato i problemi che hanno dovuto affrontare le giocatrici della WNBA quest’anno: «I problemi di questa lega sono sempre stati razzismo, sessismo e omofobia. Le persone che, a nome di Caitlin Clark, hanno usato epiteti e portato avanti argomenti razzisti, l’hanno usata come una pedina per i loro discorsi. Lei non ha nessuna colpa. È la lega che deve intervenire e fare di più per proteggere le proprie giocatrici».
Chi è riuscito a tenersi lontano da tutto questo rumore sono le Liberty di Sandy Brondello, che hanno dominato il campionato per il secondo anno consecutivo. Dopo la delusione della finali perse l’anno scorso contro le Las Vegas Aces, quest’anno sono tornate ai Playoffs battendo facilmente le Atlanta Dream 2-0 e vendicandosi delle Aces battendole 3-1.
La squadra è rimasta sostanzialmente la stessa. Insieme alle big three Sabrina Ionescu, Breanna Stewart e Jonquel Jones, che ad agosto hanno portato a casa l’oro olimpico, la franchigia gemella dei Brooklyn Nets ha confermato Laney-Hamilton e Vandersloot nel quintetto iniziale. Ma durante i Playoffs Brondello (anche lei tornata con una medaglia da Parigi, il bronzo conquistato da selezionatrice dell’Australia) ha inserito una preziosissima rookie come la tedesca Leonie Fiebich, finalmente alla prima occasione nel primo campionato del mondo. Fiebich, classe 2000, era già stata selezionata al draft del 2020 dalle Los Angeles Sparks, ma non aveva mai trovato spazio nel roster. Quest’anno ha firmato un contratto da rookie con le Liberty, e ora si sta rivelando un fattore decisivo, avendo superato Vandersloot nel quintetto iniziale.
Se le Liberty partivano col favore dei pronostici, e il raggiungimento della finale è un esito piuttosto prevedibile, essendo arrivate prime per due anni di fila e avendo avuto un percorso per certi versi simile a quello dei Boston Celtics, per le Lynx la storia è diversa. Col senno di poi sembra abbastanza assurdo, ma a inizio stagione ESPN le dava al nono posto nel loro power ranking. La squadra è molto solida, come i loro cugini dei Timberwolves danno tantissima attenzione alla fase difensiva, e possono contare su una giocatrice fenomenale come Napheesa Collier, che forse avrebbe dovuto avere più considerazione nella battaglia per il titolo di MVP. È stato vinto – meritatamente – da A’ja Wilson, ma stupisce la votazione: 67 voti su 67, la prima MVP eletta all’unanimità dal 1997, quando Cynthia Cooper delle Houston Comets vinse il titolo nella prima stagione della WNBA. Nemmeno Caitlin Clark, per esempio, ha vinto il titolo di Rookie of the Year all’unanimità.
Nel backcourt c’è un’ottima point guard come Courtney Williams e Kayla McBride, che qui in Europa ha vinto le ultime due edizioni di Eurolega con il Fenerbahce. Ciò che contraddistingue le Lynx è il sapiente uso che fa Cheryl Reeve della panchina, con Natisha Hiedemann e Cecilia Zandalasini, che potrebbe diventare la prima italiana a vincere due anelli WNBA, dopo quello vinto nel 2017 sempre con Minnesota. Per tutta la stagione, Zandalasini è stata una riserva preziosissima. A differenza della rookie season nella WNBA, quando era ancora troppo giovane per incidere, quest’anno si sta dimostrando molto utile, soprattutto con la bravura nei suoi tiri da tre (è sesta nella classifica delle percentuali da tre nella lega, con il 44.3%). Nel corso della stagione ha dovuto far fronte allo scioglimento improvviso della sua squadra europea, la Virtus Bologna, squadra nella quale stava trovando una certa continuità nelle ultime tre stagioni, nonché un luogo da poter considerare casa. Un concetto non così scontato per chi è abituata a dover spostarsi ogni 6 mesi come quasi tutte le giocatrici della WNBA.
È molto difficile fare pronostici, poichè le Liberty, la squadra più forte della lega, sembrano avere una maledizione da battere, e le Lynx si dimostrano sempre molto abili a gestire le partite importanti. Quello che è certo è che questa stagione segna la svolta per la WNBA: con l’arrivo di Golden State nel 2025, di Toronto e di Portland nel 2026, siamo solo all’inizio dell’epoca d’oro del basket femminile. Un segnale abbastanza evocativo in tal senso lo ha dato Spike Lee, che ha cominciato a fare i suoi show a bordo campo anche con le Liberty, e nelle semifinali si è preso pure un po’ di sano trash talking da parte di Kelsey Plum. Sabrina Ionescu, dopo aver dato il cinque al regista durante una partita, ha detto che «è come se mi avessero iniettato New York direttamente nelle vene».