La formula vincente di Miami e coach Spoelstra non sta funzionando quest’anno

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Come cambia la vita di una franchigia NBA in un anno. Dodici mesi fa, in questo periodo della stagione, i Miami Heat erano una delle migliori squadre della lega e guardavano le rivali dall’alto in basso dalla vetta della Eastern Conference. Oggi invece la compagine allenata da coach Erik Spoelstra arranca in zona Play-In ed è ancora alla ricerca della giusta alchimia per risalire la classifica e strappare un pass per la post-season.

Le difficoltà degli Heat

Se l’anno scorso per descrivere l’attacco di Miami avevamo usato il modo di dire “bene, ma non benissimo”, quest’anno la fase offensiva degli Heat ha subito un downgrade a “male, se non malissimo”. La franchigia della Florida è infatti passata dall’aver l’ottavo miglior offensive rating della lega (113.5) al ventitreesimo (111.5) a causa di un attacco ancora troppo spesso stagnante, che ha vissuto un crollo verticale sia nella percentuale del tiro dalla lunga distanza che nella buona riuscita delle azioni in transizione.

Un anno fa Miami era infatti la miglior squadra da tre punti della lega con un buonissimo 38.3%, mentre oggi è addirittura al venticinquesimo posto di questa classifica con un misero 34.1%, nonostante possa vantare a roster tiratori del calibro di Duncan Robinson e Tyler Herro.


Se gli Heat riuscivano a sopperire alle difficoltà offensive grazie al secondo miglior attacco in transizione della lega con 132.9 punti (il migliore invece dopo aver preso un rimbalzo difensivo), in questa stagione la situazione è totalmente differente, con Miami ventunesima in NBA a quota 124.3 punti segnati ogni 100 possessi di questo tipo. Già la scorsa stagione l’attacco a metà campo era il tallone d’Achille della squadra di Spoelstra – che produceva solo 96.5 punti ogni cento possessi giocati a difesa schierata (11° in NBA) – ma in questa prima parte di annata 2022/23 ha subito un ulteriore peggioramento, scendendo così al ventesimo posto di questo specifico ranking con soli 95.6 punti segnati ogni 100 azioni giocate a metà campo.

Le assenze prolungate di giocatori come Kyle Lowry, Herro, Jimmy Butler e Victor Oladipo (che hanno saltato rispettivamente 9,12, 15 e 26 partite finora), gli unici in grado di creare per sé o per i compagni in situazioni di uno-contro-uno, hanno sicuramente influito su questa statistica, ma non sono sufficienti a spiegare le difficoltà che da ormai due anni accompagnano la fase offensiva a difesa schierata degli Heat.

L’addio in free agency di PJ Tucker è un altro fattore che sta pesantemente incidendo sulle difficoltà di Miami. Il giocatore passato anche in Italia da Montegranaro era un perno fondamentale nello scacchiere di Erik Spoelstra in entrambe le metà campo ed è stato sostituito da Pat Riley in perfetto stile Heat Culture, ovvero promuovendo Caleb Martin nel quintetto titolare e dando fiducia a Haywood Highsmith in uscita dalla panchina. Il prodotto di Wheeling University, dopo aver totalizzato solo 56 presenze nei primi due anni di carriera NBA, ha già a referto 33 partite giocate in questa stagione, con una media di 19.8 minuti di utilizzo a sera. Un azzardo forse eccessivo per una squadra con ambizioni da titolo alla vigilia.

Per ovviare alla partenza di Tucker e per far rifiatare Bam Adebayo, coach Spoelstra ha inoltre proposto in più occasioni quintetti piccoli – a differenza della scorsa stagione, quando Markieff Morris e l’attuale giocatore dei Sixers condividevano diversi minuti sul parquet – e ha dato spazio sia al rookie Nikola Jovic (prima che si infortunasse) che ai due two-way contract Jamal Cain e Orlando Robinson, oltre che al veterano Dewayne Dedmon.

Il caso Lowry

Se si volessero riassumere le difficoltà di Miami in un singolo giocatore, quello allora sarebbe Kyle Lowry. L’ex Toronto Raptors sta infatti vivendo la peggior stagione in carriera dal 2009/10 ed è la perfetta rappresentazione delle problematiche in casa Heat. Lo scorso anno Lowry ricoprì un ruolo importante per la franchigia della Florida – soprattutto in regular season – disputando 63 partite con numeri più che discreti (13.4 punti, 7.5 assist e 4.5 rimbalzi di media a partita, tirando con il 37% da tre e il 44% dal campo in 33.9 minuti di utilizzo). In post-season il prodotto di Villanova, a causa di un fastidioso infortunio al tendine del ginocchio, saltò 8 delle 18 partite giocate dagli Heat, faticando a trovare il ritmo ideale per una run Playoffs (7.8 punti, 4.7 assist e 3.6 rimbalzi di media).

Quest’anno le statistiche sono in netto calo rispetto alla stagione precedente e raccontano di un Lowry in grande difficoltà per la prima volta negli ultimi 13 anni: 12.9 punti, 5.6 assist e 4.5 rimbalzi di media a partita in 34.6 minuti di utilizzo, con il 40% dal campo (terzo peggior dato in carriera) e il 33% da oltre l’arco dei tre punti (anche in questo caso mai così male dal 2009/10). A questi dati va aggiunto anche un -2.2 di on/off (peggio di lui solo Strus e Highsmith tra i giocatori di Miami con più di 500 minuti giocati in stagione) pur con uno usage ridotto al 19.2% (minimo in carriera), assistendo il 23.1% dei tiri realizzati dai compagni (secondo peggior dato nei suoi 18 anni in NBA).

Per chiudere il cerchio, gli Heat hanno un record di 7 vittorie e 2 sconfitte nelle nove partite in cui Lowry non è stato disponibile, alimentando così le voci di un possibile inserimento di Vincent o di Oladipo nel quintetto titolare, con lo spostamento dell’ex Raptors nella second unit. Con il prodotto di UC Santa Barbara nella starting lineup, Miami ha infatti un record di 4-1 e può vantare sul parquet un giocatore – numeri alla mano – maggiormente utile in entrambe le metà campo, soprattutto quella difensiva, dove con lui in campo la eFG% degli avversari cala del 3.1% (91° percentile nel ruolo).

Il crollo del castello difensivo

Nonostante i dati statistici difensivi siano tutti peggiorati rispetto alla scorsa stagione, anche quest’anno è la difesa il punto di forza di Miami, che permette agli Heat di restare in corsa per l’accesso diretto ai Playoffs. Il defensive rating è passato da 108.1 a 111.1 (pur restando il 4° migliore della lega), mentre ciò che sorprende maggiormente è il crollo nella capacità di difendere positivamente sul tiro perimetrale.

Se un anno fa Miami era la miglior difesa nel contestare le triple degli avversari (34,1%), questa prima parte di stagione racconta l’esatto contrario, con la squadra di Spoelstra ventottesima in NBA concedendo il 37.5% al tiro dalla lunga distanza agli avversari, con un picco del 41.7% dall’angolo (seconda peggior difesa della lega in questa situazione). Anche i dati riguardanti la difesa del midrange non sono migliori per gli Heat, che concedono il 45.8% agli avversari (28° in questo ranking) così come il leggero peggioramento nella protezione del ferro (66,9% vs 66,1%).

L’arma utilizzata spesso da Spoelstra, ovvero la difesa a zona, per quanto ancora fondamentale per nascondere le lacune difensive di giocatori negativi nella propria metà campo come Robinson e Herro, non basta da sola a rimediare al resto, specialmente pensando ai Playoffs. Miami concede all’incirca gli stessi punti-per-possesso della passata stagione schierandosi a zona (0.925 nel 2021/22, 0.932 quest’anno), ma utilizza questa tattica molto di più (+18.7% dei possessi totali) e permettendo agli avversari di convertite con maggior efficacia (+3.5 di eFG%, con una shot quality calcolata da Synergy più elevata nei tiri avversari).

La crescita percentuale nella frequenza di utilizzo della zona rappresenta alla perfezione le difficoltà nella difesa a metà campo.

La scorsa annata gli Heat concedevano 92 punti ogni 100 possessi giocati a difesa schierata (quinti in NBA), mentre in queste prime 46 partite sono solo dodicesimi in NBA con 96,4 punti concessi ogni 100 azioni giocate a metà campo. Il crollo verticale è rappresentato dai punti-per-possesso concessi difendendo a uomo, passati da 0.947 a 1.011, dall’83esimo percentile Synergy al 20esimo, scandalosamente sotto la media.

Un barlume di speranza per il futuro è però dato dalle prime 9 partite di questo 2023, durante le quali Miami ha il secondo miglior defensive rating dell’intera lega (108.7) e è migliorata nelle percentuali concesse agli avversari, sia dal campo (decima a 46.5%) che che tre punti (diciassettesima a 36.92%).

I “Big 3” di Miami

Con Lowry in difficoltà, i cosiddetti “big three” di Miami sono Adebayo, Herro e Butler.

Il centro degli Heat vanta attualmente il miglior on/off del roster con un impressionante +10.7% (93° percentile nel suo ruolo) e per la prima volta in carriera sta viaggiando ad una doppia doppia di media da almeno 20 punti e 10 rimbalzi a partita, unendosi così al duo Jokic-Antetokounmpo. Per l’esattezza, Adebayo sta facendo registrare 21.4 punti (career-high) e 10.1 rimbalzi di media a partita con 35.1 minuti di utilizzo (massimo in carriera), ai quali si vanno a sommare anche i career-high in usage (25.5% e 93° percentile nel ruolo) e nella percentuale della linea della carità (80%). L’importanza difensiva di Adebayo è sempre stata riconosciuta da tutta la lega e quest’anno la sua abilità nel proteggere il ferro è da élite della NBA.

Il prodotto di Kentucky University è infatti, fra i centri, il miglior deterrente per quel che riguarda i tiri al ferro, concedendo una frequenza avversaria del solo 35.4%, oltre che il migliore per percentuali al tiro concesse nei pressi del canestro (62.9%) sulle conclusioni da lui contestate.

Dopo aver vinto il premio di sesto uomo dell’anno, Tyler Herro è stato promosso da coach Spoelstra nel quintetto titolare questa stagione. Il prodotto di Kentucky ha inoltre rinnovato in estate il suo contratto ($130 milioni per i prossimi 4 anni) e sta disputando una buona regular season, sulla falsariga di quanto fatto l’anno scorso, quando era stato un fattore fondamentale per Miami.

Herro sta viaggiando ad una media di 21 punti a partita, ai quali aggiunge 4.4 assist e 5.9 rimbalzi, tirando con il 44% dal campo ed un ottimo 38% da tre punti su ben 8.5 tentativi a gara, con uno usage passato dal 28.9% della scorsa annata al 26.5% di quest’anno (90° percentile nel suo ruolo). I progressi mostrati nella stagione 2021/22 come passatore si stanno confermando anche con la promozione nello starting lineup, assistendo il 19.5% dei tiri segnati dai suoi compagni (93° percentile nel ruolo).

Confortante anche la conferma dell’on/off positivo a +4.0 dopo che l’anno scorso fece registrare un significativo miglioramento da -3.2 a +4.6 (83° percentile). La prova del nove per misurare l’effettiva crescita del numero 14 degli Heat sarà però la post-season. Nelle ultime due edizioni di Playoffs, Herro si è dimostrato infatti solo un lontano parente del giocatore che nell’anno da rookie incantò tutti i fan della NBA durante la run di Miami nella bolla di Orlando. La passata stagione, dopo l’ottima regular season, nelle 15 partite disputate di post-season viaggiò a soli 12.6 punti, 2.8 assist e 3.9 rimbalzi di media a partita, tirando con un pessimo 22% da tre e 40% dal campo in 25.4 minuti di utilizzo.

Per tutta la carriera, Butler è stato una delle star più sottovalutate della lega per via del suo stile di gioco poco appariscente ma efficace e anche quest’anno la situazione non è cambiata. Jimmy ‘Buckets’, in 33 partite giocate finora, sta facendo registrare 22.1 punti di media a partita, ai quali si sommano 5.2 assist e 6.4 rimbalzi, tirando con il 51% dal campo e il 32% da tre (netto miglioramento rispetto al 23% della scorsa stagione). Come un anno fa, Butler si sta affermando più come facilitatore che realizzatore, assistendo il 24.6% dei canestri realizzati dai compagni (95° percentile nel suo ruolo) e confermando l’eccellente 0.94 di assist rate in relazione allo usage (90° percentile).

Importante da segnalare anche il miglioramento dell’eFG%, salito dal 49% della passata stagione al 53% di questa, andando inoltre in lunetta 8.1 volte a partita, segnando i liberi con un buon 85%. Nella partita dello scorso 11 gennaio contro Oklahoma City, Butler ha addirittura convertito 23 tiri liberi su 23 tentativi, diventando il quarto nella storia a ottenere un risultato di questo tipo.

Seppur su un campione di poche partie, i Miami Heat hanno iniziato il 2023 meglio di come hanno terminato il 2022 e, se i progressi dovessero continuare nel corso della stagione, potranno rivelarsi un outsider durante i Playoffs.