FOTO: SBNation.com

Damian Lillard ha chiesto la trade ai Portland Trail Blazers. Buongiorno, se fino ad ora doveste aver vissuto in una caverna. Continuando per gli sbadati, la point guard ha preso una decisione drastica, optando per trasferire i propri talenti altrove, lavorando a una soluzione con la franchigia, rappresentata dal GM Joe Cronin. In prima fila ci sarebbero i Miami Heat, seguiti a ruota poco dietro dai Brooklyn Nets e poi, leggermente staccati, Philadelphia 76ers, Los Angeles Clippers, San Antonio Spurs e il resto della NBA. Fine? No, certo che no.

La questione presenta svariate sfumature, che hanno a che fare con i punti di vista dei diretti interessati, variabile umana che va oltre la semplice equazione “qui è più conveniente, ecco fatto, arrivederci e tanti saluti”. C’è il punto di vista di Joe Cronin, che ha rilasciato delle dichiarazioni sulla questione indirizzate verso il bene della franchigia e che, giustamente, sceglierà la strada migliore per Portland, non per il suo (prossimo) ex giocatore:

“Siamo stati chiari sul fatto di volere Dame qui, ma lui oggi ci ha comunicato che preferirebbe giocare da qualche altra parte. Ciò che non è cambiato per noi è che rimaniamo determinati a provare a vincere, e faremo ciò che è meglio per la squadra nel perseguimento di tale obiettivo.”


– Joe Cronin (via: Adrian Wojnarowski)

C’è il punto di vista di Damian Lillard, il quale, stando a Sam Amick di The Athletic, vorrebbe giocare solo con i Miami Heat, desideroso di “competere assieme a Jimmy Butler e Bam Adebayo, di crescere nella ‘Heat Culture’ di Pat Riley e Erik Spoelstra, diventando il tassello fondamentale per un titolo”. C’è, di conseguenza, il punto di vista delle altre franchigie interessate, che non sono stupide e capiscono benissimo che non varrebbe la pena impiegare i propri asset per una star scontenta di trovarsi in quell’ambiente. Un bel problema, che quasi porta a un vicolo cieco.

“Sebbene Lillard non abbia una no-trade clause come quella che ha aiutato Bradley Beal ad arrivare da Washington a Phoenix, c’è un senso comune che ha a che nasce con il suo contratto enorme: non sarebbe intelligente fare uno scambio per un giocatore contro la sua volontà, quando restano oltre $216 milioni da pagargli.”

– Sam Amick (The Athletic)

Il vicolo cieco: la situazione attuale

Facendo uno schema:

  • i Miami Heat sono una delle squadre meno attrezzate, in termini di asset, per raggiungere Damian Lillard
  • Joe Cronin, allora, decide di guardare altrove, in cerca di asset migliori
  • la star di Portland, però, vuole solo Miami, demotivando altre squadre a fare un’offerta, ragion per cui bisogna tornare degli Heat, da cui riparte il primo punto

un triangolo tutt’altro che amoroso e senza alcuna via di uscita, in sostanza. Quello che hanno da offrire i Miami Heat lo abbiamo già scritto QUI:

I nomi da monitorare sono senza alcun dubbio quelli di Kyle Lowry ($29.7 milioni), Tyler Herro ($27 milioni) e Duncan Robinson ($18.2 milioni), prestando attenzione a asset secondari come Jaime Jaquez Jr., appena scelto al Draft 2023, Nikola Jovic e fino a due future first-round picks (2027+2029 o 2028+2030). Resta fuori dalle trattative Caleb Martin, stando a Chris Haynes. Come fatto notare da Keith Smith di Spotrac, per il salary matching sarebbe necessaria l’inclusione di uno solo fra Lowry e Herro in un pacchetto con Robinson, altrimenti i Blazers dovrebbero cedere qualcos’altro – ipotesi Jusuf Nurkic vagliata nelle trattative, sempre stando a Chris Haynes.

Non esattamente il pacchetto dei sogni per Cronin e i Portland Trail Blazers. Inoltre, qualcosa di nemmeno lontanamente competitivo rispetto a quello che potrebbero mettere sul piatto i Brooklyn Nets, tanto per fare un esempio:

Le trade di James Harden, Kyrie Irving e Kevin Durant hanno fruttato asset infiniti in termini di first-round picks, tra cui tre scelte non-protette dai Suns in 2025, 2027 e 2029, una nel 2029 dai Mavericks e le proprie scelte nel 2028, 2029 e 2030, oltre alle possibilità di swap. Non c’è proprio paragone su quale squadra sarebbe in grado di accontentare maggiormente i Trail Blazers, considerando anche i Draft rights su Noah Clowney e Dariq Whitehead, rispettivamente scelta numero 21 e 22 nel 2023.

Contratti per il salary matching ce ne sono, fra cui quello di Ben Simmons ($37.9 milioni), che da solo basterebbe guardando solo alle cifre. Nome in uscita è anche quello di Royce O’Neale, qualora servisse parlare di altri asset, mentre giovani come Day’Ron Sharpe o Cam Thomas potrebbero avere appeal per Portland. Cessioni di questo tipo non minerebbero la competitività dei Nets, che potrebbero schierare ancora Nic Claxton, Cam Johson, Mikal Bridges e Dorian Finney-Smith, tutti fit ideali per Lillard e pezzi essenziali per restare competitivi.

Un pacchetto sarebbe però inutile, a questo punto, se dovesse significare uno scarso interesse da parte dello stesso Lillard. I Miami Heat, effettivamente, sarebbero la squadra che più si rivelerebbe in grado di competere, dopo una trade, con uno star power esagerato condensato nel trio di punta, composto tra l’altro da elementi complementari fra loro e in un meccanismo perfettamente oliato. Considerando poi che Caleb Martin non verrebbe scambiato, che Kevin Love resterebbe, e che ci sarebbero un paio di buone aggiunte come Josh Richardson o Thomas Bryant, oro colato per Spoelstra, le cose si farebbero davvero interessanti.

Il problema, però, è che Portland non sarebbe attratta granché dalla cosa, come specificato. E non tanto perché il pacchetto non andrebbe, ma perché ad esempio Tyler Herro risulterebbe ridondante in un core che ha appena scelto Scoot Henderson e esteso Anfernee Simons, senza dimenticare che il contratto di Duncan Robinson resta uno dei peggiori in NBA, in relazione al ruolo rivestito dal giocatore dal momento della firma. Paradossalmente, il solo asset positivo sarebbe costituito da Kyle Lowry, non tanto per l’apporto alla causa, ma perché in scadenza, premettendo perciò flessibilità salariale a fine 2024. In questo triangolo chiuso che si autoalimenta, esiste una soluzione capace di sciogliere i lati?

La soluzione a tre

A questo punto, uno scambio a tre squadre si prospetta inevitabile, e avrebbe un solo fine: girare il contratto di Tyler Herro a chiunque, ma non a Portland. Stando a Ian Begley di SNY (New York), i Brooklyn Nets sarebbero stati contattati per assorbire il prodotto di Kentucky, sebbene non si abbiano dettagli sulle discussioni.

Bobby Marks di ESPN ha provato a simulare uno scambio, mandando Herro a Brooklyn, Lillard a Miami e Ben Simmons, più scelte, a Portland, ma la situazione è apparsa un po’ troppo semplicistica, sebbene la base di partenza sia sicuramente questa, se si vogliono tenere in considerazione queste tre squadre. Ma occhio ai San Antonio Spurs.

La squadra texana è una dark horse nella corsa a Dame, ma sarebbe anche capace di assorbire senza problemi il contratto di Herro, cedendo solo una minima parte degli infiniti Draft asset attualmente a disposizione. Giovani da cedere, inoltre, ce ne sarebbero nell’Alamo, mentre il contratto di Doug McDermott, in scadenza, potrebbe costituire un altro asset positivo.

Per chiudere il triangolo, uno scambio di questo tipo porterebbe a questi risultati:

  • asset maggiori per i Portland Trail Blazers, che scanserebbero Tyler Herro
  • Damian Lillard finirebbe ai Miami Heat
  • una terza squadra otterrebbe Herro, comunque un giovane che ha agito alternativamente da prima e seconda opzione offensiva in una assoluta contender, con esperienza ai Playoffs nonostante la giovane età – quest’ultimo, un altro plus, sia che possa trattarsi di un core come quello di Brooklyn, sia di una squadra con Victor Wembanyama e ricca di elementi complementari come gli Spurs.