Dopo un EuroBasket clamoroso Lauri Markkanen sta guidando gli Utah Jazz nelle alte sfere della Western Conference, candidandosi di diritto al Most Improved Player.

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Ad inizio anno pochissimi bookmakers indicavano gli Utah Jazz come materiale da Playoffs.

Draftkings, una delle società di scommesse più conosciute oltreoceano, attribuiva alla franchigia di Salt Lake City un totale di 25 vittorie stagionali, indicando che “avrebbe felicemente mancato la post-season per continuare il rebuild”; tra i giocatori chiave indicati compaiono solo Clarkson e Sexton. Questo accadeva il 5 ottobre.

Un mese e mezzo, e diciotto partite dopo, i Jazz sono primi nella Western Conference con un record di dodici vittorie e sei sconfitte. Non male per un team in ricostruzione dopo la cessione delle sue due stelle; la squadra ha conservato solo cinque giocatori del roster 2021/22, di cui solo un titolare, Mike Conley. Tutti gli altri sono approdati tramite scambi e firme nella free agency.


E il miglior giocatore tra i nuovi arrivati ci ha messo veramente poco a farsi notare.

I numeri

L’inizio di Lauri Markkanen lascia poco spazio ai dubbi, la squadra è nelle sue mani. Partiamo dalle medie: 22 punti, 8.5 rimbalzi, 2.4 assist con il 52% dal campo (career high in tutte le voci esclusi i rimbalzi). Sette doppie doppie già all’attivo e andando avanti di questo passo potrà battere il suo record personale (20 doppie doppie nella stagione 18/19).

La percentuale di true shooting, 64.8% (al momento diciannovesima in NBA) , è la più alta che abbia mai registrato, così come il PER (22.4) e l’eFG% (59.7%). Anche il net rating (+9) è un massimo in carriera ed è solo la seconda volta in sei stagioni che è in positivo: con lui in campo il net di Utah è +3.47, con lui fuori è -1.12. È il leader della squadra anche per usage percentage (quanto un giocatore viene coinvolto nella manovra finché è in campo) con il 24.2% a fronte di 33.3 minuti in campo (sorpresa: career high anche qui).

Per quanto riguarda i rimbalzi nello specifico, sebbene la media non sia di per sé lontana da quella tenuta nelle prime due stagioni a Chicago, si vede un netto miglioramento sia nella copertura sotto il tabellone amico, sia una maggiore aggressività nella ricerca del rimbalzo in attacco: le cifre sono sui 2.4 a partita, mai così alte fino ad ora.

Più responsabilità vuol dire più palla in mano, più palla in mano vuol dire più possibilità di errore: 2.1 palle perse al momento sono 0.5 in più rispetto alle stagioni precedenti, ma visto l’impiego e i possessi che passano dalle sue mani sono numeri assolutamente accettabili. Non a caso, infatti, il rapporto fra percentuale di tiri assistiti e usage (carico offensivo quando è in campo) è – pur restando nei bassi percentili della lega – il migliore in carriera.

Inevitabilmente con le chiavi della squadra in mano le cifre tendono a gonfiarsi non dando un’effettiva idea dell’efficacia del giocatore ma i risultati di Utah parlano chiaro, i Jazz possono giocarsela con tutti ed essere una mina vagante. Al momento sono però in un limbo difficile da inquadrare: troppo forti per pensare al tanking, troppo nuovi per pensare di sfondare ai Playoff. Vedremo se The Finnisher riuscirà a dare una direzione più precisa.

Il gioco

Va da sé che il soprannome non è casuale: The Finnisher è il terminale d’attacco dei Jazz, l’ultimo a ricevere il passaggio nella circolazione di palla; è lo scoring leader della squadra, il primo ad essere chiamato in causa nel momento decisivo. Solo Jordan Clarkson tira più di lui (16.1 tiri tentati contro i 15.4 di Markkanen) ma con percentuali decisamente inferiori dal campo e praticamente uguali dall’arco.

Come prima bocca di fuoco, Lauri Markkanen ha mostrato tutto il suo arsenale: aggredisce il ferro con estrema efficacia tirando con il 75% nel pitturato, un buon 60% dal mid-range (anche se è una soluzione che sceglie poco, al momento solo venti tiri), e un accettabile 36% da tre punti, arma che sta ancora cercando di perfezionare.

Al di là della percentuale comunque è la selezione che impressiona. Cerca sempre tiri ad alta efficienza, ma non disdegna anche soluzioni più complesse: l’evoluzione del giocatore va di pari passo con la fiducia acquisita e lo si nota molto bene nel tiro che ha deciso la gara contro i Suns.

Uno stampo quasi nowitzkiano, se mi permettete il neologismo, che sembra sempre più parte del suo gioco e che cerca sempre con maggior frequenza. Il suo bagaglio è molto ampio e il margine di miglioramento è ancora altissimo vista l’età e la qualità.

Dopo un Europeo giocato a 27.9 di media, Lauri ha quindi proseguito il suo trend offensivo anche nella nuova squadra, cosa che in pochi avevano previsto, almeno a così alto livello. I numeri e le prestazioni hanno già messo l’etichetta di All-Star in bocca a tanti addetti ai lavori ed è al momento tra i sicuri candidati al Most Improved Player, nonostante la concorrenza serrata di Shai Gilgeous-Alexander.

Per quanto non sia un portatore di palla naturale ha mostrato anche di essere perfettamente in grado di guidare la transizione e coinvolgere i compagni cercando passaggi intelligenti e facendo circolare molto bene la palla. Anche in questo caso, le cifre sono in aumento e non sarebbe una grossa sorpresa vederlo gestire il possesso fin dall’inizio in futuro. Proprio con la Finlandia aveva già fatto intravedere passi in avanti significativi sotto tutti i punti di vista in termini di scoring e circolazione, e sembra proprio che i Jazz vogliano continuare a sfruttare questa verve.

La difesa

Difensivamente Markkanen non è mai stato quello che si considera un mastino, ma la breve parentesi a Cleveland lo ha sicuramente aiutato a migliorare questo aspetto. Avendo a che fare con Jarrett Allen, Kevin Love, Evan Mobley e Isaac Okoro è facile imparare qualcosa sotto questo aspetto e in qualche modo il gioco di Lauri ne ha giovato.

La sua posizione a rimbalzo è migliorata molto, così come la velocità negli aiuti in rotazione sul lato debole, con le sue proiezioni difensive che sono più soddisfacenti di quanto ci si aspettasse. Ovviamente dovrà ancora migliorare sulla difesa perimetrale on-ball e dimostra ancora qualche difficoltà contro centri e ali più fisiche, ma il fatto che stia lavorando molto su questi fattori è sicuramente incoraggiante per i Jazz.

Buoni segnali anche dalla contestazione del tiro (9.1 contested shot a gara, secondo miglior risultato individuale) e del passaggio: al di là dell’aumento delle cifre (0.9 stoppate a partita a fronte di uno 0.6 finora in carriera), l’aggressività e la fisicità cominciano ad avere il loro peso (cosa che si nota anche dai 2.2 falli a partita) e la volontà di mettersi sulla traiettoria dei passaggi sporcandone così la linea è un ulteriore progresso.

Non ci troviamo certo davanti ad un All-Defensive ma, con i dovuti aggiustamenti, The Finnisher può essere un fattore extra anche nella metà campo amica.

Most Improved?

C’è ancora parecchia strada da fare per dirlo con certezza ma indubbiamente rientra tra i candidati. Le cifre individuali sono migliorate, come abbiamo visto, e il record di squadra al momento è dalla sua. Molta attenzione però a quello che al momento è forse il più serio contendente, Shai Gilgeous-Alexander: quarto scorer della lega con 31.1 punti, il canadese sta letteralmente trascinando gli Oklahoma City Thunder mantenendoli ancora in linea di galleggiamento con il Play-in, risultato sorprendente vista la piena ricostruzione della squadra.

La differenza sostanziale è che SGA ha sempre mostrato di poter essere quello che è oggi, e aveva già la squadra in mano nelle passate stagioni. Lauri Markkanen sta invece scatenando tutto il suo pieno potenziale per la prima volta (nonostante più di un segnale fosse comparso nelle annate precedenti), alla prima occasione come go-to-guy di un team. Sarà una sfida interessante da vedere fino alla fine del campionato.