La squadra con il secondo miglior record in NBA ha investito molto nei Maine Celtics ed è pronta a raccoglierne i frutti.

FOTO: NESN

Questo contenuto è tratto da un articolo di Jack Simone per CelticsBlog, tradotto in italiano da Marta Policastro per Around the Game.


Nell’ultimo decennio, i Boston Celtics hanno lentamente costruito una delle migliori squadre dell’NBA grazie a giocatori “fatti in casa” come Marcus Smart, Jaylen Brown Jayson Tatum, Robert Williams, Grant Williams e Payton Pritchard, tutti scelti al primo giro del Draft.


Non potendo permettersi di attirare grandi nomi in free agency e avendo utilizzato il Draft capital come moneta di scambio da quando Brad Stevens ha preso il controllo del front office, i Celtics dovranno trovare altre strade per dare maggiore profondità al roster.

Hanno deciso di rivolgere lo sguardo verso nord: a soli 180 km dal TD Garden, Portland, nel Maine, è la casa dei Maine Celtics dal 2009. La squadra di G League affiliata ai Boston Celtics è diventata un’incubatrice di giocatori di qualità e l’organizzazione ha deciso di investirvi: invece di usare la squadra di G League unicamente per dare minuti ai rookie affinché si facciano le ossa, Boston considera i Maine Celtics come una seconda famiglia e sta già raccogliendo i frutti di questo atteggiamento.

“I Celtics stanno davvero investendo nella loro squadra satellite”, ha affermato il coach dei Maine Celtics, Alex Barlow, a CelticsBlog. “È iniziato tutto un paio di anni fa, quando Wyc Grousbeck e Stephen Pagliuca hanno acquistato la squadra, e lo si continuerà a vedere sempre più spesso. Anche gli Heat e i Raptors lo fanno e lottano per i Playoffs, o comunque stanno cercando di prendere quella strada. L’obiettivo è quello di trovare in G League, al minimo salariale, un giocatore di rotazione da affiancare a quelli più pagati. Questo può fare la differenza (anche minima) tra arrivare al primo o al quarto posto in regular season e di conseguenza può voler dire avere il fattore campo invece di dover andare a giocare fuori casa le Finals o le Finali di Conference.”

Squadre come gli Heat e i Raptors hanno avuto grande successo nello scovare talenti da G League, reclutarli e aiutarli a farsi strada fino alla squadra NBA. Fred VanVleet è partito dalla G League (Raptors 905), così come Pascal Siakam e Chris Boucher. Anche Max Strus, Duncan Robinson e Gabe Vincent erano tutti progetti che gli Heat hanno sviluppato in G League.

I Celtics non hanno avuto altrettanto successo, almeno fino all’anno scorso.

Sam Hauser e Luke Kornet, oggi parte della rotazione di Boston, la scorsa stagione giocavano in G League. Hauser, undrafted, aveva firmato un contratto two-way con Boston subito dopo il Draft del 2021; Kornet, dopo alcune stagioni in NBA, era rimasto senza squadra e aveva bisogno di una seconda possibilità.

Hauser ha passato la maggior parte della stagione in G League, poi i Celtics hanno convertito il suo two-way in un contratto biennale e il giocatore ha preso parte alla post-season di Boston con cui, l’estate scorsa, ha firmato un triennale da 5.6 milioni di dollari. La sua abilità al tiro gli ha permesso di entrare in NBA, ma la G League lo ha aiutato ad ampliare il proprio bagaglio tecnico.

“Sam è un tiratore speciale”, ha spiegato Barlow. “Non ha avuto bisogno di migliorare la meccanica di tiro, ma abbiamo lavorato molto sulla difesa; continua a farlo anche a Boston con DJ MacLeay, il vice di Mazzulla. Gli facevamo marcare gli avversari più pericolosi perché solo così si diventa giocatori migliori. Non sarebbe servito a nulla farlo riposare in difesa”.

Per avere una possibilità di approdare in NBA, Hauser doveva riuscire ad adattarsi a giocare diversamente da come era abituato. I Maine Celtics lo hanno aiutato proprio in questo.

“È sempre stato abituato ad avere la palla in mano, ma quando giochi con Jayson e Jaylen la situazione cambia: gli schemi sono tutti disegnati per loro, tranne qualche gioco in uscita dal timeout per lui. Sam si è adattato bene a questa nuova situazione; ha fatto un ottimo lavoro, anche l’anno scorso quando era un two-way.”

Anche se è stato Barlow a preparare Hauser per un’opportunità a Boston, Stevens ha sempre riconosciuto le potenzialità del 25enne.

“Hauser ha impressionato come tiratore la scorsa stagione ai Boston Maine”, ha dichiarato il telecronista Brendan Glasheen ai CelticsBlog. “E Mazzulla lo fa giocare perché sa tirare, anche se tutto dipende da come si comporta in difesa. Quando abbiamo intervistato Brad Stevens, a febbraio, si è mostrato molto contento di Sam e della sua integrazione a Boston”.

Per quanto riguarda Kornet, il periodo in G League è stato un’opportunità per mostrare ciò che sa fare quando gli viene dato un ruolo più importante. La maggior parte degli schemi offensivi di Barlow passava per Kornet e, anche se ovviamente a Boston la situazione è diversa, le caratteristiche su cui ha lavorato possono essere utilizzate a prescindere dal ruolo che ricopre.

“L’anno scorso, in attacco davamo molto la palla dentro a Luke e a Juwan Morgan, poi i compagni tagliavano”, ha spiegato Barlow. “Non sapevo che Luke fosse così bravo come passatore. Questa dote, unita al suo basketball IQ e all’abilità come rimbalzista e rim protector, lo rendono un giocatore da NBA. Sono stato sorpreso dal fatto che fosse senza squadra e che abbia dovuto giocare in G League. Penso che sia stato un ottimo acquisto per Boston, è veramente un buon giocatore”.

Kornet ha iniziato la sua carriera con un contratto two-way ai Knicks, poi è passato ai Bulls ed è stato scambiato ai Celtics. Dopo due 10-day (Bucks e Cavs), il giocatore è tornato a Boston alla trade deadline del 2022. Il centro (2.18 m) non ha quindi mai ricevuto una vera occasione fino al suo arrivo ai Maine Celtics, dove ha avuto la possibilità di affinare il suo bagaglio tecnico su entrambi i lati del campo, nella speranza di ritornare in NBA.

“Per me è sempre stato ovvio che Luke fosse un giocatore da NBA”, ha dichiarato Barlow. “Abbiamo lavorato soprattutto sui tiri da sotto, perché sapevamo che avrebbe giocato più vicino al canestro rispetto al passato, quando giocava più oltre l’arco. Abbiamo anche lavorato sulla versatilità difensiva, facendolo cambiare sui blocchi. Ovviamente, usava il Kornet Kontest anche in G League, dove funzionava a meraviglia: nessuno riusciva mai a segnare; incredibile, oltre che molto divertente! Questa sua invenzione gli permette di contestare i tiri anche quando è troppo lontano dall’avversario”.

La capacità di identificare i talenti deve essere accompagnata da quella di trasformarli in veri giocatori NBA; un’abilità che non tutte le franchigie hanno sviluppato. Come si è già detto, i Raptors e gli Heat sono due ottimi esempi di squadre che ce l’hanno fatta. Se i Celtics vogliono seguirne le orme, dovranno mettere lo sviluppo del talento al primo posto, obiettivo che richiede molto più lavoro di quanto si immagini.

“Si tratta prima di tutto di un investimento: per invogliare i giocatori migliori a venire qui bisogna investire di più; per esempio, mettiamo a disposizione del cibo prima e dopo gli allenamenti e le partite. Può sembrare una cosa da niente, ma fa sentire ai giocatori di essere apprezzati”, ha spiegato Barlow.

La creazione di una culture della franchigia dipende dall’atteggiamento dell’organizzazione. Prendiamo la “Heat Culture” come esempio: Miami è riuscita a sfruttare al massimo il proprio cap space anche perché ha potuto firmare giocatori come Strus, Vincent e Robinson (prima dell’estensione) al minimo salariale; questa strategia ha reso Miami una squadra di successo.

Gestire in modo efficace una squadra di G League non significa solamente dare minuti ai rookie, come accadeva quando Danny Ainge era GM. Payton Pritchard, Robert Williams e Grant Williams sono diventati giocatori di successo, ma soprattutto per i minuti in NBA. Altri, come Romeo Langford, Tremont Waters e Carsen Edwards sono stati spediti in G League e non hanno mai carburato a Boston.

“Accade spesso che i two-way vengano qui e pensino solamente a segnare”, ha affermato Barlow. “Invece Hauser sapeva fin dal primo momento che avrebbe dovuto ricoprire lo stesso ruolo che gli sarebbe spettato in NBA, quindi ha usato la G League per abituarvisi”.

Negli ultimi due anni, i Celtics hanno preso le distanze dall’atteggiamento dell’era Ainge e si sono concentrati su altri tipi di giocatori. JD Davison, preso al secondo giro del Draft 2022, gioca nei Maine Celtics e nel corso della stagione ha condiviso il campo con giocatori in cerca di seconde opportunità, tra cui Denzel Valentine (lottery pick dei Bulls nel 2016, ora free agent), Marial Shayok (scelto al secondo giro da Philadelphia nel 2019, free agent), Luka Samanic (scelto alla numero 19 dagli Spurs nel 2019, adesso a Utah) e Mfiondu Kabengele (27esima pick dei Nets, subito ceduto ai Clippers, attualmente two-way a Boston).

Avere giocatori con questo tipo di esperienza a disposizione è un modo non solo per andare alla ricerca di potenziale inespresso, ma anche per aiutare i più giovani che potrebbero non essere abituati al palcoscenico NBA, come JD Davison. “Ha fatto un ottimo lavoro nel prendere esempio da loro, nel guardare la costanza con cui si allenano i giocatori che sono stati professionisti prima di lui”, ha spiegato Barlow.

Il roster dei Maine Celtics rappresenta il giusto mix tra giocatori di esperienza, giovani promettenti e giocatori che secondo la dirigenza di Boston potranno ricoprire uno specifico ruolo in NBA. Barlow non si limita a scegliere giocatori in cerca di rivalsa, ma seleziona i componenti di una squadra che possano condividere un obiettivo: giocare in modo vincente.

L’atteggiamento, agli occhi di Barlow, è fondamentale per avere una chance in NBA. “Alcuni giocatori vengono in G League avendo già esperienza in NBA, ma con l’atteggiamento sbagliato”, ha spiegato Barlow. “Vedono la G League come una punizione piuttosto che come una possibilità di migliorare e di mostrare di meritare un posto in NBA. Invece Luka, Mfiondu, Denzel e Marial hanno cercato di sfruttare al massimo quest’opportunità”.

Instaurare una relazione così produttiva con una squadra affiliata è un’abilità che non tutte le dirigenze hanno sviluppato, ma Boston sembra essere sulla strada giusta e i risultati iniziano a vedersi, anche grazie alla reputazione della franchigia. “Tutti vogliono giocare per i Celtics. Abbiamo avuto successo anche prima del mio arrivo qui in G League; Scott Morrison è arrivato tre volte di fila ai Playoffs e molti dei suoi giocatori sono approdati in NBA. Anche i miei giocatori sono stati chiamati in NBA e questo conta molto per gli agenti e i giocatori. Sanno che, come organizzazione, investiremo sul loro sviluppo”, ha aggiunto Barlow.

Per imitare il sistema delle squadre satellite della MLB e creare una filiera di giocatori NBA di qualità, la G League deve prima affermarsi come una vera e propria lega. I Maine Celtics hanno fatto un ottimo lavoro in questo senso e Barlow è stato fondamentale.

Hauser e Kornet sono solo esempi di quella che potrebbe diventare una lunga serie di giocatori NBA passati per i Maine Celtics. I vantaggi, però, sono reciproci: Boston ha premiato il successo dei Maine con continui investimenti, dai quali trarrà vantaggio, in futuro, anche la franchigia stessa.

“Penso che i Celtics abbiano fatto un ottimo lavoro investendo nei Maine e facendo della G League una delle loro priorità”, ha concluso Barlow. “Se la G League non è una priorità, come si può pensare di ricavarne dei giocatori da NBA? I Celtics lo hanno fatto e stiamo iniziando a vedere i risultati di questo investimento”.