Questo contenuto è tratto da un articolo di Tim Kawakami per The Mercury News, tradotto in italiano da Anna Cecchinato per Around the Game.
Quando Stephen Curry ripensa a quella notte dell’estate 2009, ancora non sa bene esattamente come sia successo e chi abbia preso parte a quella decisione.
Era il 25 giugno 2009: i Golden State Warriors usavano la loro settima pick al Draft per selezionare Curry e cambiare il corso della storia della franchigia. Semplice? A dire il vero, no.
Tutt’ora, un’aura di mistero aleggia intorno agli eventi di quella notte; tutte le pedine, i pezzi del puzzle, le strade quasi prese. Ed è la ragione per cui ho parlato con Curry e i vari dirigenti coinvolti per cercare di ricostruire i fatti. “Sono interessato a sapere cosa scopri”, mi ha detto Steph ridendo quando ho iniziato la mia ricerca.
Sí, Curry sperava di finire ai New York Knicks, che avevano l’ottava scelta. E sí, Curry – in arrivo da una stagione stellare a Davidson – sarebbe dovuto finire ai Minnesota Timberwolves, che avevano la quinta e sesta scelta, ma che l’hanno bypassato per selezionare altre due point guard: Ricky Rubio e Jonny Flynn.
Alla fine invece l’hanno scelto gli Warriors alla settima, ma Curry ha sentito dire che stava per essere ceduto ai Phoenix Suns.
E invece, Curry è ancora nella Baia, è da anni l’uomo-franchigia degli Warriors, un costante All-Star starter, risultato della più importante serie fortunata di eventi nella storia recente della franchigia. E pensare che quasi non è successo, più e più volte.
“Nella misura in cui potevamo prevedere come sarebbero andate le cose, credevamo che New York sarebbe stata la destinazione migliore, quindi puntavamo a quello”, ricorda Curry in merito ai suoi pensieri pre-Draft. “Ma a quanto pare una forza superiore mi ha portato esattamente dove dovevo essere, agli Warriors. Chissà che sarebbe successo se fossi andato a New York…”
O a Phoenix. O a Minneapolis.
Se Amar’e Stoudemire fosse stato disposto ad accettare una trade che lo avrebbe portato agli Warriors, o se Don Nelson fosse stato un po’ meno sicuro che Curry fosse migliore di Monta Ellis, o se Minnesota avesse draftato ragionevolmente…
Forse, in quel momento, la cosa più improbabile era proprio che gli Warriors prendessero la decisione giusta. Va ricordato infatti che si trattava di un periodo di disfunzionalità e transizione per la franchigia: il presidente Robert Rowell e Nelson avevano appena rimosso Chris Mullin dalla posizione di executive, Nelson cercava di mantenere il controllo quanto poteva, l’allora GM Larry Riley cercava di consolidare il suo ruolo, e l’owner Chris Cohan da lì a pochi mesi avrebbe messo in vendita la franchigia.
Negli anni successivi, agli Warriors è cambiato praticamente tutto: nuova ownership, nuova dirigenza, e Curry è stato il portabandiera di questa nuova era.
“Almeno una l’abbiamo fatta giusta”, ha detto recentemente Riley ridendo. Per giungere a questo lieto fine, però, sono dovute succedere (e non succedere) molte cose.
Per esempio, nei giorni che precedevano il Draft, Riley e l’allora GM di Phoenix Steve Kerr (sì, i segni del destino) avevano un accordo. Se Curry fosse stato selezionato dagli Warriors, i Suns avrebbero offerto una trade che coinvolgeva Stoudemire per la pick e una serie di veterani, tra cui Andris Biedrins. La cosa non andò in porto, ma…
“Da parte nostra, avremmo concluso l’affare”, ricorda Kerr. L’attuale head coach di Golden State ha detto di volerne parlare perché crede che i fan vorrebbero sapere i dettagli. “Larry e io ne avevamo discusso a lungo. Ma finché qualcosa non viene approvato dagli uffici della NBA, non puoi contarci troppo… Anche se eravamo ottimisti a riguardo.”
La notizia dell’eventuale trade venne comunicata quella notte, ma Curry, nella sua casa a Charlotte, non ne sentì parlare. Riley, Nelson e Rowell non dissero nulla a Steph circa una possibile trade, quando lo chiamarono quella notte.
“Fu soltanto la mattina dopo – ero nuovo su Twitter al tempo – che lessi un tweet di qualcuno che seguivo in cui menzionava questa possibile trade, credo in cambio di Amar’e Stoudemire,” ha detto Curry. “Mio padre (Dell Curry) mi spiegava che se l’accordo si fosse concluso, non avrei potuto farci niente. ‘Adesso sei un Warrior, comportati come tale’.”
Ma quanto vicini a questa trade si era arrivati?
Si sa che gli Warriors volevano un lungo da unire ad Ellis per acquisire credibilità, ed era anche ciò che voleva Ellis, e che gli era stato promesso. 26 anni e quattro volte All-Star, Stoudemire era sul punto di entrare nel suo prime, ma aveva problemi alle ginocchia ed era all’ultimo anno del suo contratto. Se volevano il giocatore, gli Warriors avrebbero dovuto parlare con lui.
E poi, Nelson aveva i suoi progetti, come sempre. “Tutto ciò che so è che mi piaceva Curry e lo volevo in squadra, e sapevo che sarebbe andata a finire così”, ha detto Nelson recentemente dalla sua casa a Maui. “Quando Minnesota ha preso quel ragazzo (Flynn) che non era un gran che… sapevamo cosa sarebbe successo.”
Oltre a quello, Nelson ha affermato che al tempo non sapeva nulla circa le negoziazioni per la trade. Com’è possibile? “Una cosa che faceva sempre Bobby Rowell era cercare di mantenere separati coach e general menager, e non ho mai capito perché. Io e Mully andavamo d’accordo, ma se Bobby poteva mettersi in mezzo ad un rapporto di questo tipo, lo faceva.”
Nelson voleva al 100% andare nella direzione di Curry… e in quella opposta a Ellis. Racconta che la disponibilità di Curry alla settima chiamata l’aveva fatto pensare di cedere Ellis. “A Riley piaceva quasi quanto a me. Beh, forse non così tanto. Io ne ero innamorato.”
Gli Warriors hanno dovuto aspettare le due pick di Minnesota, che li precedevano. “Non pensavo che Curry sarebbe finito da noi, sarò sincero. Pensavo che avremmo preso Jordan Hill, ala da Arizona.”
Minnesota però scelse Rubio e Flynn, lasciando Curry alla settima. New York selezionò Hill all’ottava.
Ai tempi, c’era la preoccupazione che Curry non sarebbe stato felice agli Warriors, cui non aveva fatto visita e per cui non si era allenato, intenzionalmente.
“Non eravamo una bella squadra al tempo”, spiega Riley. “A Curry, i suoi agenti e la sua famiglia non piacevamo. Pensavano che non valesse la pena portarlo da noi, ma io ho detto a Jeff Austin (l’agente) che non mi interessava vederlo allenarsi, credevo in lui e lo volevo in squadra.”
Curry ricorda che sentiva di adattarsi bene al sistema dell’allora coach dei Knicks, Mike D’Antoni, mentre non sapeva come sarebbe andata con Ellis nel backcourt di Golden State. Ma Riley non era preoccupato per il disinteresse di Curry. “Anzi, ne ero contento. Non volevo che nessuno sapesse che puntavo a lui fino a dopo il Draft. E Minnesota ci ha steso il tappeto rosso. È stato fantastico.”
A quel punto, Stoudemire stava mandando segnali di non voler andare agli Warriors, e Golden State non ha mai parlato direttamente con lui. Gli Warriors erano già sufficientemente preoccupati dello stato mentale di Monta Ellis, e Stephen Jackson avrebbe chiesto una trade qualche mese dopo. Cosa ne sarebbe stato dello spogliato se avesse acquisito Stoudemire?
“Era complicato, soprattutto per le condizioni fisiche di Amar’e”, ha detto Kerr.
L’obiettivo di Phoenix era riorganizzare il roster, creando spazio con la partenza di Stoudemire prima che diventasse free agent, e prendendo Curry come sostituto di Steve Nash. “La prima volta che l’ho visto giocare ero ad Anaheim, era con Davidson e giocava a UCLA al Wooden Classic. Era fenomenale,” ha detto Steve Kerr di Curry.
Per questo Phoenix si era mantenuta in contatto con il front office di Golden State prima del Draft, pronti all’attacco se Minnesota non avesse scelto Curry. Se gli Warriors avessero potuto acquisire Stoudemire senza offrirgli un’estensione al massimo, forse i Suns avrebbero spinto e il deal sarebbe stato chiuso.
“Speravano che fossimo messi così male da preferire Stoudemire a Curry”, ha detto Riley. “Ma con il suo passato di infortuni e un contratto a breve termine, una proposta del genere non aveva senso.”
È stato questo, dunque, l’ultimo mattoncino della legacy di Don Nelson agli Warriors? È stato lui a spingere la franchigia a non farsi scappare Curry? “Potrebbe essere”, per coach Nelson. “Ne parlavo con Riley al tempo, non con Bobby. Non avrei scambiato Curry per nessuno.”
Se Curry avesse dimostrato di non voler restare, comunque, l’idea della trade sarebbe potuta riemergere. Ma Riley aveva visto che dall’arrivo in città il giorno dopo il Draft, Curry e la sua famiglia sembravano aver accettato di buon grado la situazione. E così, la trade non era più un’opzione.
“Dal momento in cui ho visto tutti di persona, non se n’è mai neanche parlato”, racconta Steph. “Immagino che dopo il mio arrivo abbiano cambiato idea in fretta.”
Gl Warriors non hanno mai chiamato Phoenix per comunicare che l’accordo era saltato; semplicemente, non ne hanno più parlato.
“In qualche modo è andata bene così, perché abbiamo avuto un anno incredibile, per un paio di partite non ci giocavamo le Finals,” ha detto Kerr della stagione da 54 vittorie di Phoenix. “È stata la scelta giusta per entrambe le parti.”
Kerr diede le dimissioni dall’incarico di GM a fine stagione per tornare a lavorare in TV, e in futuro sedersi proprio sulla panchina di Golden State. Stoudemire lasciò i Suns nel 2010 e firmò un accordo da 100 milioni di dollari con i Knicks, ma continuò ad avere problemi alle ginocchia.
Curry, invece, si diede da fare e sopravvisse al suo anno da rookie con un Ellis molto scettico al fianco, che alla fine venne scambiato a marzo 2012 dalla nuova direzione degli Warriors. A novembre del 2010 la franchigia era passata ad essere proprietà di Joe Lacob e Peter Guber. Nelson venne licenziato, Riley spostato al dipartimento di scouting, e Lacob assunse Bob Myers come GM e Mark Jackson nel ruolo di coach.
In tutto questo, a tenere unita la squadra e a guidarla fu sempre Curry, il ragazzino che avevano draftato e deciso di tenere nel 2009. “È l’uomo franchigia, ormai voleva restare lì. È grandioso, riuscite a crederci?” – ha detto Nelson.
“Non ho mai pensato di andarmene. Credo che ambientarmi, essere nella Baia e trovare una nuova casa fosse una buona prospettiva per me. Cercavo un luogo dove sentirmi a casa.”
La probabilità che le cose andassero per il verso sbagliato era alta per i non troppo fortunati Warriors di quegli anni. È un piccolo miracolo che sia andata a finire così. Esattamente quando Golden State aveva bisogno di Curry, lui è arrivato.
Ci si poteva scommettere che gli Warriors ne avrebbero combinata una delle loro. Ma non lo fecero, non quella volta.