Con la notte dell’NBA Draft 2022 in avvicinamento, ecco una guida introduttiva ai tre top prospect.

“Specchio, servo delle mie brame, chi è il migliore prospetto di questa Draft class?”.

Difficile dare una risposta alla regina Grimilde, dal momento che ci sono ben tre prospetti che possano ambire a questo titolo, e rispondono al nome di Jabari Smith, Chet Holmgren e Paolo Banchero.

Magari lo specchio non sarà capace di risponderci ma, analizzando e comparando pregi e difetti dei tre prospetti della categoria che chiameremo “Tier 1”, potremmo quantomeno cercare di intravedere una premonizione del loro impatto in NBA.


Paolo Banchero

Paolo è speciale perché è un “walking mismatch”, ovvero ha un corpo tale da riuscire ad ottenere un vantaggio atletico contro quasi ogni difensore. A 208cm per 115kg, ha forza e taglia eccessive per essere marcato da un esterno ma, allo stesso tempo, una mobilità da guardia che lo trasforma in un cliente scomodo per i lunghi tradizionali.

Questo corpo straordinario, unito a un tocco apprezzabile, lo rende uno scorer su tre livelli di altissima caratura: nella sua unica stagione a Duke, chiusa a 17.2 punti di media, ha infatti dimostrato di potere fare canestro al ferro, dal midrange e da dietro l’arco. Se poi aggiungiamo che è già un passatore di buon livello per l’età, avendo dimostrato non solo la volontà di coinvolgere i compagni ma anche buone letture come creator per gli altri (3.2 AST, 17.5 AST%), il prospetto si rivela davvero interessante.

Come gli altri due prospetti del Tier 1 però, sul gioco di Banchero ci sono ombre che hanno fatto sorgere alcuni dubbi sul suo sviluppo. Il punto di domanda più grande riguarda il suo decision making e, nello specifico, la sua shot selection. Abbiamo menzionato in precedenza che Paolo ha un mismatch quasi ad ogni azione, ma spesso manca di assertività nell’attaccarlo e fatica a prendere decisioni veloci, perdendo secondi e ritmo con palleggi sul posto inutili e passivi.

Inoltre, spesso si accontenta di usare la sua taglia per tirare sopra all’avversario dal midrange, da cui ha percentuali basse (44% short midrange, 32% midrange), senza realmente attaccare in modo aggressivo. Il 32% dei suoi tiri arriva dal midrange e solo il 44% al ferro (dove tira con il 62%), dato che dovrebbe salire, insieme alle situazioni in cui gioca della sana bully ball.

Questa scarsa capacità di capire come sfruttare il vantaggio atletico è probabilmente il fattore chiave per determinare se Paolo riuscirà ad essere uno scorer efficiente in NBA.  Una nota incoraggiante è che, andando avanti nella stagione, specialmente nelle ultime partite del torneo, ha dimostrato un miglioramento in questo senso.

Un’altra preoccupazione riguarda il tiro da tre punti, essendo un tiratore da 34%. Durante la stagione ha avuto tante serate negative dalla lunga distanza e non sempre ha dimostrato grande sicurezza nelle proprie doti balistiche da oltre l’arco. Anche se con 3.3 triple tentate a partita non si presenta come un reluctant shooter, sicuramente non risulta ancora un tiratore deciso e assertivo. Le percentuali sono particolarmente basse above-the-break, mentre sono buone dagli angoli, anche se con un basso volume di tiri.

L’ultima nota dolente di Banchero riguarda la difesa. Premesso che potrebbe non diventare mai un grande difensore, sia per istinti, sia per capacità di muovere i piedi, sarebbe importante vederlo più coinvolto in termini di attività. È probabilmente il peggiore difensore nel Tier 1, e uno dei suoi obiettivi, una volta sbarcato in NBA, sarà aumentare l’attenzione e l’impegno nella propria metà campo per non diventare una “defensive liability” e un target da attaccare sistematicamente per gli avversari.

Jabari Smith

La prima cosa che salta all’occhio guardando Jabari Smith è la bellezza del suo tiro da tre punti. A 208cm è raro vedere un movimento così naturale, e per questo Jabari trasmette delle Durant vibes.

“Bello e bravo!”, urlerebbero dagli spalti se giocasse in Prima Divisione, perché – oltre alla bellezza –  ha anche un’efficacia che raramente si è vista da parte di un Freshman di 18 anni.

Nella sua unica stagione ad Auburn ha tirato con il 42% da dietro l’arco, segnando almeno il 40% delle conclusioni in ognuna delle 5 posizioni in cui tradizionalmente si divide la linea dei tre punti. Ad oggi è principalmente un tiratore in catch&shoot e un’arma letale in situazioni di pick&pop. Tira ancora poco off the dribble e, in questi casi, parliamo di non più di uno o due palleggi.

Il ball handling è infatti il padre di tutti i suoi problemi e la chiave dei suoi miglioramenti futuri. Le sue abilità in palleggio lo limitano in ogni aspetto del gioco, sia per se stesso, sia nella creazione per i compagni. I flash, comunque, sono interessanti.

Oltre al tiro da tre, Smith ha fatto vedere cose interessanti anche dal midrange. Grazie alla sua altezza e alla lunghezza delle braccia, può tirare sopra la maggior parte dei difensori e sfruttare il suo tocco fatato, anche in isolamento. Per la scarsa abilità in palleggio, la maggior parte delle sue conclusioni arrivano senza mettere palla a terra anche dal midrange, con movimenti in fade away e usando il jab step per creare spazio. Le percentuali dalla media non sono entusiasmanti (42% short midrange, 32% midrange) ma, considerando tocco e taglia, non rappresentano una grande preoccupazione per il futuro, e una loro impennata sembra piuttosto prevedibile più avanti in carriera.

Bravissimo dall’arco, bravo dal midrange, ma rivedibile al ferro in termini sia di frequenza sia di efficienza. Ci va infatti poco (18% delle sue conclusioni) e male (56 FG% per essere un giocatore con tale taglia, atletismo e tocco. Il colpevole di questa lacuna è sempre il solito sospetto: il ball handling. Fatica infatti ad attaccare il ferro se non ha una linea dritta di penetrazione e spesso si deve accontentare di un pull-up in testa al difensore invece di un tiro da vicino a più alta percentuale.

Nonostante non sia dotato di un primo passo fulmineo, è un ottimo atleta e, se dovesse aggiungere la capacità di penetrare e arrivare al ferro dal palleggio, diventerebbe un attaccante ancora più devastante.

Rispetto a Banchero è un difensore decisamente più versatile e aggressivo. Oltre alla già citata lunghezza, muove bene i piedi sul perimetro ed è molto attivo con le mani. Pertanto, ci si aspetta che in NBA possa marcare più posizioni (dalla 2 alla 4) e cambiare anche contro le guardie più rapide.

Chet Holmgren

Se Banchero è speciale in quanto “walking mismatch” e Smith per il tiro, Chet Holmgren è speciale per l’impatto che ha nella metà campo difensiva. È infatti primissimo tra i migliori 100 prospetti sia per Defensive Win Shares (3.1 DWS) sia per Defensive Box Plus/Minus (7.5 DBPM).

Grazie ai suoi 213cm, uniti a una wingspan di 229cm, un ottimo tempismo e una capacità di sostenere i contatti notevole per uno slenderman che non arriva ai 90kg, la migliore abilità di Chet è la rim protection. Nella sua unica stagione a Gonzaga ha registrato 3.7 stoppate di media e il 12.6% di block percentage, secondo solo al portiere di Auburn Walker Kessler.

I piedi non sono quelli di Adebayo, ma Chet ha buone mobilità e capacità di scivolare sul perimetro per la taglia. Capita che soffra la rapidità di alcuni esterni ma, anche se apparentemente battuto, ha spesso la capacità di contestare o stoppare lo stesso il tiro grazie alla lunghezza delle braccia.

Un argomento caldo durante questi Playoffs è la difesa (e la sofferenza) dei lunghi sul pick&roll. A Gonzaga, la scelta difensiva principale era la drop coverage, che probabilmente vedremo applicata per Chet anche in NBA. Nonostante da molti sia ritenuta una scelta perdente a prescindere, in drop Holmgren ha tutto il potenziale per essere un ottimo difensore anche sui pick&roll di livello NBA, usando la lunghezza per contestare e allo stesso tempo tenere un passo di distanza dal difensore come cuscinetto di sicurezza.

Nella metà campo offensiva Chet è il prospetto del Tier 1 con meno punti nelle mani. A Gonzaga, anche per la presenza di compagni come Timme e Nembhard, ha avuto un ruolo secondario in attacco, chiudendo la stagione con 14.1 punti di media e il 21.6% di Usage. Ha però dimostrato di potersi rivelare un attaccante di estrema efficienza.

La sua shot selection è composta quasi esclusivamente da triple e ferro, il tutto con percentuali fantastiche. Ha infatti tirato con il 39% da tre con 3.3 tentativi a partita, mostrando una notevole sicurezza e prendendo anche tiri coraggiosi in transizione. La sua zona preferita è la punta, da cui prende la maggior parte delle sue triple, convertendole con il 44%.

Al ferro ha tirato con un ridicolo 82%, dimostrando ancora una volta, oltre a un ottimo tocco, la capacità di reggere i contatti contro giocatori ben più pesanti.

Nonostante questo, l’idea è che possa essere un bene per lui prendere almeno 15-20kg nei suoi primi anni al piano di sopra, perché in NBA ci son atleti superiori rispetto al college e rischia di subirne la fisicità.

C’è infine ancora molto da lavorare per sviluppare il suo gioco offensivo a 360 gradi e trasformare i tanti flash di talento in qualcosa di continuo. Può infatti migliorare come playmaker, ridurre le palle perse (1.9 a partita, 15.7 TOV% a Gonzaga) e diventare un creatore per se stesso migliore, mentre ai Zags ha beneficiato fortemente della creazione e della gravity di Timme e degli altri compagni.


Ok bene, ma quindi lo specchio cosa risponde alla regina Grimilde? Lo specchio risponde che è più facile trovare la più bella del reame che il più forte del Draft, e al momento non c’è un giocatore che spicchi rispetto agli altri due del Tier 1.  

La sensazione è che l’ordine delle prime tre chiamate dipenderà fortemente dalle preferenze specifiche di Orlando Magic, Oklahoma City Thunder e Houston Rockets più che dalla differenza di valore dei tre giocatori. Ad oggi lo scenario più probabile è che Smith e Holmgren si divideranno la prima e la seconda Draft pick, mentre i Rockets, dopo aver completato una trade per Christian Wood, sembrano definitivamente intenzionati ad andare su Banchero.