Lente di ingrandimento sul lavoro svolto da Matisse Thybulle e compagni per limitare Curry nell’ultima sfida tra Philadelphia 76ers e Golden State Warriors.

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18 punti, 30% dal campo (6/20) e 21% dall’arco (3/14). Questa l’insolita stat-line di Stephen Curry nell’ultima partita giocata, contro i Philadelphia 76ers.

Nella stessa situazione e nella stessa arena, qualche mese fa, Curry aveva segnato 49 punti e messo a segno 10 triple; la squadra di coach Doc Rivers ha decisamente imparato dagli errori commessi in quell’occasione, e si è presentata pronta.

A chi il merito?


La perfetta difesa POA di Matisse Thybulle

Do credito a Thybulle. È una combinazione rara di lunghezza, atletismo e cervello, e ha fatto un lavoro così buono su Steph come non lo vedevo da tanto tempo.

Steve Kerr nel Post-Game

Per marcare Stephen Curry per più di 30 minuti servono numerose qualità abbinate ad accorgimenti tecnici. Oltre all’atletismo, la rapidità laterale e la capacità di passare sui blocchi, è necessario tenere alta la soglia di attenzione in ogni momento, dal primo al ventiquattresimo secondo di un possesso.

Inoltre bisogna essere ben consci che, pur di impedirgli il tiro da tre punti, è legittimo lasciargli la possibilità di entrare dentro l’area. Matisse Thybulle ha fatto tutto ciò alla perfezione.

La difesa di squadra

Non è un segreto che Curry stia per battere il record di Ray Allen, e oggi io e Joel parlavamo e lui mi ha detto “non lasceremo che succeda a casa nostra.

Matisse Thybulle nel Post-Game

Specialmente nel corso del secondo tempo, i compagni hanno fornito un grosso aiuto a Thybulle. Mentre Joel Embiid ha optato per la modalità conservativa per metà partita (comprensibile, visto il carico offensivo), con Andre Drummond in campo i Sixers hanno usato continuativamente show e trap nei Pick&Roll di Curry.

Questa scelta ha il difetto di lasciare spazio al bloccante, che nel caso di Nemanja Bjelica può essere una minaccia, ma anche il grosso pregio di non dare la possibilità a Curry di prendersi il tiro dal palleggio, impedendo di fatto al nativo di Akron di mettersi in ritmo.

Nel secondo tempo tale scelta è stata ulteriormente estremizzata, facendo un uso ancora più massiccio della trap, anche nelle situazioni in cui Steph voleva liberarsi dalla marcatura di Thybulle cercando altri matchup, aggiustamento già utilizzato, con buoni risultati, nella seconda delle due partite contro i Phoenix Suns.

I Sixers hanno dunque difeso egregiamente per almeno 42 minuti, rendendo ogni cosa difficile a Curry e sfruttando i non-tiratori messi in campo da Steve Kerr, soprattutto Andre Iguodala.

Nel finale, per la verità, Embiid e compagni sono stati graziati e aiutati dalle percentuali dal perimetro degli avversari. Con Draymond Green a bloccare e tre buoni tiratori come Porter Jr, Poole e Wiggins in campo, la trap è una strategia agilmente punibile dagli Warriors, che però hanno sbagliato qualche tiro (ben creato) di troppo.

Gli Warriors hanno tirato 12/48 da tre punti, certamente una rarità che ha favorito i Sixers. Ma, in generale, lasciare qualche tiro in più ai compagni per toglierlo a Curry è probabilmente la scelta giusta.

Ad ogni modo, un’altra chiave della vittoria dipende da una caratteristica dei Sixers stessi, indotta dall’avere Embiid nel ruolo di primo violino, ovvero il pace basso. Curry e il sistema Warriors hanno bisogno di ritmi vertiginosi per esprimersi al meglio, e non è certo la prima volta in cui finiscono per non mettersi mai in ritmo al tiro in una partita con pace basso.

Possibili conclusioni

Si può “annullare” l’attacco degli Warriors? La risposta è semplice: no.

Si può “annullare” una superstar come Stephen Curry? La risposta è la stessa: no. Quando giocatori di un certo calibro sono in partita, non c’è strategia che tenga.

Ma se c’è un modo per mettere in difficoltà il due volte MVP e i suoi compagni, almeno in una partita di Regular Season, è quello utilizzato dai Philadelphia 76ers nell’ultimo incontro, così come dai Phoenix Suns e dai San Antonio Spurs prima di loro.