Ritrovando la miglior forma nel momento più opportuno, Klay Thompson ha salvato la stagione dei Golden State Warriors

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I Golden State Warriors hanno passato più di metà stagione a giocare molto al di sotto dei loro standard, tra un attacco troppo affezionato ai tiri contestati e una difesa messa in moto una volta ogni tanto. Con la caotica situazione della Western Conference, hanno giocato con il fuoco, per poi rischiare veramente di bruciarsi.

Le assenze di Stephen Curry prima e Andrew Wiggins poi, proprio alle porte del filotto di partite decisivo per le sorti della Regular Season, sembrava poter mettere K.O. i campioni in carica. Invece, ancora una volta, gli Warriors hanno risposto, vincendo consecutivamente le cinque partite casalinghe prima del ritorno di Steph. Il record che poteva vederli scivolare un paio di lunghezze sotto il 50% di vittorie dice ora 34-30, e quinto posto.

Tra la solita leadership difensiva (e non solo) di Draymond Green e il prezioso apporto di Donte DiVincenzo e Johnathan Kuminga, la striscia di vittorie ha un nome e un cognome stampato a grandi caratteri: Klay Thompson.


Parliamoci chiaro: il Thompson visto al rientro dall’infortunio, nella parte finale della passata stagione e all’avvio di quella corrente, non era il vero Thompson. E con due mazzate del genere sulle spalle, era normale fosse così.

E’ stato comunque decisivo per il titolo, ma era generalmente troppo discontinuo, spesso totalmente fuori ritmo e poco efficace nella difesa perimetrale.

La condizione atletica è tutto, Il numero 11 ha finalmente ritrovato la migliore forma con l’arrivo del 2023. I segnali erano infatti già ben chiari da gennaio: scivolamenti difensivi più rapidi e sempre meno tiri destinati a spegnersi sul primo ferro. Ciò che è avvenuto nelle ultime 15 partite è solamente una diretta conseguenza di un processo graduale, che ha avuto come stadio finale il recupero definitivo della lucidità mentale sul parquet.

No, non è lo stesso Thompson, ma non è detto sia una cosa negativa

Come ogni ultra-trentenne, Thompson è chiamato a compensare il fisiologico calo in determinati aspetti del suo gioco con piccoli miglioramenti in altri aspetti.

Lo step-back dal mid-range del video sopra ne è un chiaro esempio. E’ ormai diventato un movimento nel suo arsenale, che usa per punire in isolamento difensori più piccoli. In questo modo può sopperire alla perdita di rapidità.

Sempre per la diminuita esplosività nei movimenti, il gioco senza palla non può più essere quello di una volta. Conseguenza: Klay sta cercando di affinare le sue soluzioni palla in mano, per creare maggiormente per i compagni. Caratteristica che potrebbe diventare fondamentale ai Playoffs.

Nella sua metà campo, al netto dei passi in avanti, non rivedremo verosimilmente più il Klay Thompson che marcava in modo impeccabile il miglior esterno avversario per 40 minuti. Ora lo può fare nei momenti decisivi, e per compensare sa di aver bisogno di una migliore difesa in aiuto e di una maggiore presenza a rimbalzo (11 qualche giorno fa contro i Clippers).

Insomma, aver ritrovato la miglior forma non significa essere tornato lo stesso giocatore del quinquennio 2015-2019. Thompson ha semplicemente preso una strada diversa per arrivare finalmente alla stessa efficienza offensiva che aveva un tempo.

Ora, l’obbiettivo è mantenerla con la squadra al completo e un attacco meno incentrato su di lui.

Ma aldilà di quello che succederà nei prossimi mesi, se Golden State riuscirà nuovamente a fare strada ai Playoffs, sarà bene ricordarsi di queste prestazioni.