Dopo mesi di tira e molla, la trade-Harden è arrivata. Ed è solo l’inizio. Una riflessione dal Los Angeles Times.

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E quindi, alla fine, James Harden si è lamentato, ha litigato e se n’è andato dai Philadelphia 76ers, direzione Los Angeles, sponda Clippers. E tutto questo sembra bellissimo: una stella che torna a casa, è felice e può anche avere un buon fit. La perfezione. 

Chiudiamo gli occhi per un attimo su ciò che LA ha speso, perché l’arrivo di Harden significa che le speranze di titolo della squadra diventano improvvisamente più concrete e legittime, con più chance di terminare le sofferenze dei Clips che durano da tempi immemori. Era esattamente ciò di cui avevano bisogno.

Nell’ultimo anno alla crypto.com arena per la franchigia di Steve Ballmer, Harden può essere il ponte che collegherebbe la vecchia era della squadra con quella nuova all’Inglewood forum. Timing perfetto, no? 

Sul parquet, il Barba offre a Kawhi Leonard e Paul George un aiuto importantissimo in fase di playmaking (l’anno scorso il leader per assist a gara, 10.7, è stato proprio lui) , ma non solo: possono affidarsi a un’opzione offensiva in più quando il tiro non entra, e/o quando le attenzioni avversarie su loro due sono troppo limitanti. E ciò ridurrà presumibilmente anche la loro usura fisica.

Fermi, credevate davvero che di Russell Westbrook si potesse pensare questo per una stagione intera? In più, a Ballmer arriva a casa anche un’altra superstar di casa, cosa che attrarrà altri tifosi, e una persona sempre al centro dei social che tutti adorano guardare, anche se provano odio nei suoi confronti. E no, non è un ruolo che avrebbero potuto coprire Leonard o PG.

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Lo sappiamo, Harden è diventato e può ancora diventare una spina nel fianco delle organizzazioni quando le cose vanno male. Ma tentare deve valere la pena. È una possibile spina con un MVP e 4 titoli marcatori alle spalle, con 20 punti di media nelle ultime 11 stagioni consecutive.

Il 34enne è stato abbastanza infantile con Houston e Brooklyn, e anche con Philly non ha avuto comportamenti esemplari. Ha inflitto diversi danni a queste squadre, ma qui parliamo di una soluzione potenzialmente molto efficace ed a breve termine, la barba giusta al momento giusto.

Tornando alla trade, avete visto chi hanno dovuto sacrificare i Clippers? Anzi, avete visto chi NON hanno dovuto sacrificare? Non Terance Mann, un uomo giovane e affidabile, e nemmeno Norman Powell, uno dei più solidi veterani a roster. Tempo fa, molti credevano che sarebbero serviti entrambi per Harden…

Ovviamente il “prezzo” per farlo atterrar ein California si è abbassato perché nel frattempo i rapporti tra Harden e i Sixers, con Daryl Morey al centro, si sono deteriorati definitivamente. Harden ha fatto opt-in nel contratto per un totale di $36.5 milioni annui e ha subito chiesto la trade, per poi sparare a zero contro Philly una volta incontrati i primi ostacoli. La ciliegina? Questa frase di Morey:

“È un bugiardo. Non farò mai più parte di un’organizzazione in cui si trova anche lui.”

(Daryl Morey)

Subito dopo è arrivata la multa di 100mila dollari ad Harden, e lo scorso mese una poco gradevole apparizione della guardia in un club di Houston con una donna accanto a mostrare la scritta “Daryl Morey is a liar”.

E ancora: media day disertato, così come i primi allenamenti, per poi apparire un bel po’ di tempo dopo. Ovviamente non ha giocato in queste prime 3 gare, stazionandosi in borghese in panchina.

Un brutto addio, davvero, ma ai Clippers non deve importare. Ci sono cose da sistemare e da comprendere, a partire dalla sua passata tenuta ai Playoffs (dove ha segnato 7 dei 27 tiri presi nel corso delle ultime 2 partite contro i Boston Celtics), ma per ora ci si può e ci si deve concentrare sul fatto che è arrivato un pezzo di un puzzle che potrebbe chiamarsi “titolo” per davvero. Risolverà molti problemi, farà ruggire il pubblico come mai prima d’ora.

Insomma, è un villain? Può essere, ma ora quel che conta è che il villain è un giocatore dei Clippers.