Una strategia apparentemente folle, con un ragionamento alle spalle e risultati a due facce. Udoka la cambierà in Gara 5?

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La difesa in drop coverage prevede che il difensore del bloccante, quasi sempre un lungo, si prenda un po’ di spazio e rimanga qualche metro dietro al livello del blocco, il più delle volte per proteggere il pitturato. L’effetto collaterale di questa difesa è il rischio di lasciare un tiro al portatore in uscita, specie se il suo diretto marcatore non naviga il blocco alla perfezione.

Ecco, adottare questo tipo di scelta alle NBA Finals contro Stephen Curry, il miglior tiratore della storia, sembra (e per certi versi è) un grande paradosso. Così non la pensa Ime Udoka, che ha perseverato con la sua idea per tutte e quattro le partite giocate finora nella serie. Anche in Gara 4, infatti, nella maggior parte delle situazioni, Al Horford e Robert Williams III sono rimasti in drop coverage.

I difetti

Il lato oscuro della drop coverage sui pick&roll dei Golden State Warriors è davanti agli occhi di tutti: Curry sta viaggiando a 34.3 punti di media con il 66% di True Shooting. Sa che può ottenere facilmente un tiro, qualche volta persino comodo, e questo lo aiuta a rimanere nella comfort zone.


Questo è il motivo per cui le squadre non lo difendono più in quel modo da circa 9 anni. Gli unici che lo ha fatto ai Playoffs sono stati i Portland Trail Blazers nel 2019, ma in quel caso mancava il personale difensivo per tentare altro. Fare questa scelta contro il numero 30 significa spesso concedergli ritmo e canestri.

Detto ciò, la sensazione è che spesso non sia un problema di piano partita quanto di esecuzione. Specialmente nelle ultime due gare, l’idea dei Boston Celtics è sembrata quella di implementare una posizione del lungo molto più alta, quasi a livello del blocco, per non dare troppo spazio a Curry.

Certo, conoscendo l’avversario, Udoka sa che può tirare anche con il lungo in posizione maggiormente avanzata, grazie al suo range di tiro e alla meccanica repentina, ma sa anche che è diverso rispetto a lasciargli metri di spazio. In qualche occasione, il lungo alza la sua posizione e il difensore passa abbastanza bene sul blocco, ma Curry mette comunque il tiro.

Se quindi i Celtics possono pensare di poter convivere con i tentativi di Steph da nove o più metri di distanza dal canestro, lo stesso non si può dire delle situazioni in cui tira con il lungo a tre o quattro metri di distanza. Anche nelle ultime due partite, non è stato raro vedere Horford e Williams sorpresi da blocchi lontani dalla palla o in transizione, e beccati dall’attacco in posizione troppo profonda.

Questo però è un errore dei giocatori che non leggono la situazione, e non si può imputare al game-plan, che li vorrebbe più alti in tutte le occasioni.

Il secondo problema relativo all’esecuzione (e solo in parte alla scelta dell’allenatore) non riguarda strettamente Curry. Se infatti la difesa di Boston può pensare di convivere con le doti di scoring del due volte MVP, non può farlo se anche Klay Thompson ottiene buoni tiri.

Fatta eccezione per Gara 3, Thompson non sta giocando una serie individualmente brillante, ma può godere anche lui di una certa libertà in uscita dai blocchi. Ciò gli ha permesso di segnare qualche tiro pesante in Gara 4, completando il lavoro del suo Splash Brother.

Considerando che Thompson non è nemmeno lontanamente un attaccante del livello di Curry, soprattutto in questo momento, non c’è davvero un motivo valido per lasciargli spazio in uscita dai blocchi. Anche questo, tuttavia, sembrerebbe avere poco a che fare con il piano partita e molto di più con disattenzioni sporadiche dei giocatori.

I pregi

Eppure, sembrerà assurdo, ma questa strategia ha una sua logica, e sarebbe parzialmente sbagliato dire che non sta funzionando. Proprio grazie al fatto che per anni gli avversari degli Warriors hanno principalmente preferito togliere la possibilità di tirare in uscita dal pick&roll a Curry, portando due sulla palla tramite blitz o trap, l’attacco si è modellato sulla possibilità di sfruttare continui 4-contro-3 guidati da Draymond Green.

La dimensione da short-roller di Green ha reso spesso l’attacco di Golden State inarrestabile, talvolta anche nascondendo qualche carenza nello spacing. E ne abbiamo avuto un assaggio proprio in un possesso decisivo di Gara 4, in una delle poche occasioni in cui i Celtics hanno portato due uomini su Curry.

Giocando in drop coverage su Steph si mettono alla luce vari difetti degli Warriors che solitamente vengono nascosti:

  • Né Green, né Kevon Looney sono “rollanti” di alto livello, e quando giocano insieme le spaziature diventano un problema
  • Una volta tolto il vantaggio automatico che concederebbe un raddoppio, il solito movimento di palla e uomini di Golden State viene un po’ meno
  • Tolto Curry e, in parte, Jordan Poole, gli Warriors non hanno creator efficaci palla in mano.

Dunque, un effetto importantissimo della drop coverage dei Celtics è stato rendere inefficace Draymond Green nella metà campo offensiva. Non potendo più usufruire di superiorità numerica, e non essendo in grado di tirare dall’arco e finire al ferro ad alte percentuali, la sua utilità diventa quasi nulla.

E infatti, dopo quattro partite e un po’ di fiducia persa, Steve Kerr ha preso una decisione drastica, che ha visto Dray relegato in panchina nel cuore del quarto quarto decisivo per la stagione della sua squadra.

Ci sono anche dati importanti che giustificano l’approccio difensivo di Boston.

Ad esempio, dopo quattro partite di Finals, solamente il 59% dei canestri segnati dagli Warriors sono assistiti, quindi ben il 41% sono self created dallo scorer. Durante la Regular Season, lo stesso attacco ha concluso con la miglior Assist Percentage della lega, con il 67% di canestri assistiti: -18%, un chiaro indicatore di un’assenza anomala di movimento palla nell’attacco di Golden State.

Lo stesso attacco, durante la stagione regolare, ha tentato circa il 30% delle sue conclusioni al ferro (e il dato potrebbe essere influenzato al ribasso da una restricted area più piccola presente al Chase Center), convertendole con il 70%, la seconda miglior percentuale della lega. Durante le Finals, invece, la percentuale di conversione è rimasta più o meno la stessa (sebbene in diminuzione del 5% rispetto alla serie contro i Dallas Mavericks), ma la frequenza è crollata al 20%, grazie al lavoro di intimidazione svolto in special modo da Robert Williams. I Celtics stanno fondamentalmente forzando gli Warriors a vivere con i tiri da lontano.

Tutto ciò si traduce in una difesa che concede solamente 93.5 punti per possesso agli Warriors nell’attacco a metà campo. Con la difesa schierata, nonostante l’esplosione realizzativa di Stephen Curry, Golden State segna 0.93 punti per possesso.

Alternative per Gara 5?

Nonostante i lati positivi siano evidenti, e sulla carta la strategia sia ben studiata, i Celtics sono alle porte di un pivotal game in trasferta, che potrebbe dare loro un match-point per il titolo o metterli spalle al muro.

Curry veniva dalla peggior stagione al tiro, ma ora sta tirando con il 49% da tre nella serie, superando le più rosee delle aspettative. Conviene continuare a scommettere sulle sue doti di scoring e rimanere fedeli al piano partita adottato finora, o ri-modellare qualche aspetto per il finale della serie?

Come abbiamo visto, i raddoppi su Curry riporterebbero probabilmente Green nella serie, e anche Gary Payton II e Andrew Wiggins risultano pericolosi in situazioni di short-roll. L’unica opzione che rimane sul tavolo, a questo punto, sarebbe cambiare marcatura sui blocchi; a proposito di questo però, ci sarebbe la contro-indicazione data dal fatto che Curry abbia battuto facilmente dal palleggio sia Horford che Williams, quando si è trovato accoppiato con loro.

Premettendo che i Celtics non si possono più permettere errori di distrazione in transizione difensiva o su blocchi lontani dalla palla, la drop coverage alta implementata a partire dal secondo tempo di Gara 2 per la maggior parte delle situazioni rimane la strada più percorribile. I pregi già citati rimarranno, e magari Curry potrebbe inciampare in una serata storta al tiro, mettendo gli Warriors in enorme difficoltà.

Occorre però essere più pronti a raddoppiare o cambiare sul blocco verso fine partita, dove lasciar tirare il numero 30 potrebbe essere dannoso a prescindere, provando a sfruttare un po’ di stanchezza accumulata per sorprenderlo e provocare possessi statici o palle perse.