La riflessione di The Lead sull’ormai imminente separazione tra Lillard e la “sua” Portland.

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Questo contenuto è tratto da un articolo di Khassim Diakhate per The Lead, tradotto in italiano da The Lead per Around the Game.


Esattamente un mese fa, i fan dei Portland Trail Blazers hanno vissuto un giorno che temevano, ma che sapevano che prima o poi sarebbe arrivato: quello della richiesta di trade di Damian Lillard, dopo 11 anni passati al fianco della franchigia.


La notizia ha scioccato l’NBA, trattandosi di uno dei più leali giocatori di tutti, che ha trascorso tutta la carriera in Oregon, dando tutto alla squadra, alla città e ai tifosi e lasciando qualcosa di storico: con Portland ha vinto il premio di Rookie of the Year nel 2012/13, è comparso in 7 All- NBA Teams e in 7 All-Star weekend, è presente nella lista dei migliori 75 giocatori NBA della storia ed è il miglior scorer di sempre della franchigia.

Anche quest’ultima stagione, a livello individuale, è stata super: Lillard ha mantenuto medie di 32.2 punti, 4.8 rimbalzi e 7.3 assist a gara, mettendo a referto anche una storica prestazione da 71 punti contro gli Houston Rockets.

Eppure sembrava chiaro che Dame volesse rimanere per sempre a Portland. Il front office, però, l’ha forzato a volersene andare: negli ultimi anni la squadra non è mai stata davvero competitiva per il titolo, e sia Neil Olshey che Joe Cronin non sono riusciti a costruire qualcosa che si potesse avvicinare ad una contender.

Dopo un’ultima, deludente stagione, i tifosi Blazers hanno spinto per cedere il Draft capital in cambio di una stella già pronta. Come abbiamo visto, però, è accaduto il contrario: nonostante Lillard volesse giocatori maturi al suo fianco, la scelta del front office è stata quella di tornare a puntare sui giovani. Ed ecco che è arrivato Scoot Henderson tramite la chiamata n. 3 dell’ultimo Draft.

Portland, in effetti, non è mai riuscita a firmare un free agent degno di nota. No, non parliamo di una mia troppo attraente, ma resta il fatto che la proprietà non si sia mai degnata di spendere a dovere. Sfortunatamente, l’esitazione continua ha portato all’assenza di grandi e significativi sforzi finanziari, e Lillard è rimasta l’unica star sull’isola. C’era CJ McCollum, sì, ma la produzione offensiva del duo non è mai stata abbastanza e, soprattutto, spesso non riusciva a colmare la grande quantità di lacune dall’altra parte del campo. Anche dopo l’addio di CJ, Portland non è migliorata in difesa, piazzandosi sempre nella bottom 5 per difensive rating nel corso delle ultime 5 stagioni.

Nel 2019, con l’arrivo alle Western Conference Finals poi perse 4-0 contro i Golden State Warriors, l’organizzazione ha acquisito fiducia nella squadra e nel backcourt, anche se era chiaro che ci fosse il grande bisogno di un aiuto in difesa, specialmente sulle ali. Ma col passare del tempo le mosse utili in questo senso non sono arrivate. L’addio di McCollum, poi, non è stato accompagnato da arrivi che potessero compensare la perdita, escludendo Josh Hart (poi scambiato l’anno successivo).

Nel 2022 Portland ha scambiato Norman Powell per Eric Bledsoe, Justise Winslow, Keon Johnson e una scelta al secondo giro del 2025: insomma, tutti asset che non avrebbero mai permesso a Lillard di competere come si deve.
La mossa di gran lunga più dubbia è stata però la rifirma di Allen Crabbe nel 2016, a $75 milioni per 4 anni. Parliamo di un giocatore che al tempo era un buon role player, ma non meritava affatto quel contratto. Successivamente, avrebbe tenuto medie di 10.7 punti per poi essere scambiato ai Brooklyn Nets nel 2017.

Tante trade, tante scelte sbagliate che hanno condannato la squadra a restare sempre lontana dal successo. E ora, la partenza di Lillard potrebbe servire per risvegliare il front office e la proprietà. Nel 2012 il futuro sembrava roseo: dopo le brutte fini di Greg Oden e Brandon Roy, con Lillard sembrava tutto pronto per un’era di successo. Ma non è andata così, e ora serve realizzare che il talento di una delle migliori guardie di sempre è stato sprecato completamente.

Imparare – per davvero – sarà cruciale: i nuovi talenti, da Henderson ad Anfernee Simons e Shaedon Sharpe, dovranno essere preservati per bene. I Blazers dovranno saper investire saggiamente e prendere decisioni che assicurino all’organizzazione un futuro più roseo di ciò che, ormai, è passato.