Questo contenuto è tratto da un articolo di Blake Sebring per © The News Sentinel, Fort Wayne, Indiana / TNS, tradotto in italiano da Marco Barone per Around the Game.


Gli Indiana Pacers festeggiano l’assegnazione dell’All-Star Game 2024 ma, al contrario di quanto molti credono, questa non sarà la prima occasione per lo stato di ospitare l’evento. Per una notte, circa 65 anni fa, fu proprio Fort Wayne (contea di Allen, Indiana) la capitale dello sport mondiale, in occasione della più grande manifestazione sportiva della storia della città. Era il 13 gennaio 1953 quando il Memorial Coliseum fu testimone della terza edizione dell’All-Star Game. Furono 10.340 gli spettatori ad assistere allo spettacolo, battendo il record dell’edizione di Boston di due anni prima (10.094).


“Quell’All Star Game decretò Fort Wayne come una delle più grandi piazze nel mondo del basket, nonostante le dimensioni estremamente ridotte della città” ricorda l’ex GM dei Pistons Carl Bennett. “Gli diede una forza pazzesca agli occhi della pallacanestro mondiale. Non eravamo più solo una città di provincia”.

Con una popolazione di circa 135.000 abitanti, a quel tempo Fort Wayne era la più piccola città della Lega. Il proprietario dei Pistons, Fred Zollner, pagò circa 18.000$ per avere l’occasione di mostrare a tutti il nuovo Memorial Coliseum.

“Fred aveva molta influenza nella Lega”, racconta Mel Hutchins, classe 1953, All-Star dei Milwuakee con un passato anche con la maglia dei Pistons. “Spese un sacco di soldi per tenere alcune squadre a quei livelli, Milwaukee compresa; e anche per i giocatori aveva un occhio di riguardo”.

“C’era anche il discorso della nuova arena e questo era un altro elemento a favore della scelta”, ci spiega John Kundla, a quell’epoca allenatore di Minneapolis. “Da quel momento in poi, iniziarono a spostarsi in città più grandi…”

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Sfortunatamente, alcuni ritengono che quell’All-Star Game fu anche l’inizio del tracollo per la città. L’anno successiva la Lega firmò un contratto nazionale per i diritti televisivi con Dumont, accordo che fu raggiunto proprio a Fort Wayne:

“In quel periodo iniziarono a pensare a realtà più grandi e furono proprio le televisioni a spingere per l’esclusione delle piccole città” ci confida Phil Olofson, ex direttore marketing dei Pistons nonché voce sportiva del News-Sentinel.

La partita vide in campo la presenza di 14 futuri Hall of Famer, tra cui spiccano i nomi di Bob Cousy, Bill Sharman, George Mikan, Ed Macauley e Vern Mikkelsen. I Pistons erano rappresentati da Andy Phillip e Larry Foust. Il match entrò nella storia anche per la presenza di Don Barksdale, che divenne il primo afroamericano a giocare un All-Star Game. Barksdale era abituato ad infrangere barriere: fu il primo afroamericano a vincere il premio di American Player con la maglia di UCLA ed il primo a vestire la maglia degli Stati Uniti all’Olimpiade del 1948, portandosi a casa anche la medaglia d’oro.

“Era un ottimo giocatore della palla”, ci spiega Mikkelsen, “non eravamo certo sorpresi della sua presenza. Quel posto gli apparteneva di diritto; e di sicuro non ci mettemmo a discutere della cosa”.

A quel tempo Barksdale era uno dei quattro giocatori afroamericani della Lega, insieme a Chuck Cooper, Sweetwater Clifton ed Earl Lloyd. L’ironia vuole che Lloyd divenne il primo afroamericano ad esordire nell’NBA, il 31 ottobre del 1950. Durante quella stessa settimana sia Cooper che Clifton fecero il loro esordio, in serate diverse. Dove? Proprio a Fort Wayne. Durante l’All-Star Game, Barksdale segnò un punto, condito da tre rimbalzi e due assist. Con il pubblico gremito ed uno dei primi show pre-partita della storia dell’evento, la serata si rivelò un grande successo.

“Volevamo garantire un grande spettacolo ed uno dei motivi era proprio tenere la squadra a Fort Wayne e fare in modo che la Lega riconoscesse la città come un buon mercato, nonostante le dimensioni ridotte. Penso davvero che avremmo potuto, se ci fosse stato posto a sufficienza, vendere almeno altri 1.000 biglietti”.

Nonostante la partita iniziasse alle 20:00, le macchine affollavano l’area intorno all’arena già un’ora e mezza prima. Tra le persone bloccate nel traffico c’erano anche le intere squadre dei Minneapolis Lakers, dei Boston Celtics e dei Pistons. La partita riscosse grande successo anche nel resto del Paese. Alle 4:00 del mattino del giorno della partita, Zollner mandò il suo aereo privato a recuperare giornalisti sportivi sparsi tra New York, Boston e Rochester. In totale alla partita assisterono 74 persone per la cronaca scritta, 14 stazioni radio e 7 camere da presa. “La partita contribuì a rendere l’evento spettacolare” riporta Olifson. “Anche i giornalisti provenienti da fuori dovettero ammettere che era stata la migliore fino ad allora”. La squadra dell’Ovest vinse per 79-75, con Mikan premiato come MVP dopo aver segnato 22 punti e raccolto 16 rimbalzi. Fu Phillip a servire Mikkelsen per i due canestri decisivi.

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Secondo il libro “The Zollner Piston Story”, la stampa nazionale dedicò all’evento parole al miele: “non escludo che in futuro ci saranno altri All-Star Game divertenti, ma nessuno potrà mai superare quello di ieri sera” scrisse Ike Gellis sulle pagine del New York Post. Matt Jackson del Rochester Times-Union riportò invece:

“E’ stata una produzione degna di Hollywood, un grande spettacolo dall’inizio alla fine. Chiunque dovrà organizzare quello dell’anno prossimo si troverà a cantare davanti ad un pubblico che ha appena ascoltato Caruso. Sarà dura raggiungere lo stesso livello garantito dal team di Zollner. Neanche un dettaglio è stato dimenticato nel presentare le più grandi star NBA di oggi. E’ stato il più grande spettacolo di basket a cui lo sport abbia mai assistito dalla sua nascita. Ogni giocatore, poi, ha dato il meglio di sé”.

Si riporta che Ned Irish, allora proprietario dei Knicks e gestore del Madison Squadre Garden, dichiarò: “Non sono sicuro che sia una buona idea organizzare quello dell’anno prossimo: non credo saremmo in grado di fare meglio di Fort Wayne”. Ma lo fecero, portando all’arena 16.487 persone per il primo All-Star Game della storia conclusosi all’overtime. Qualche anno dopo, al termine della stagione 1956-57, i Pistons abbandonarono Fort Wayne e si trasferirono a Detroit:

“La Lega non fece nulla per incoraggiare Fred Zollner a rimanere e fece di tutto per convincerlo a spostarsi in un mercato più grande. Purtroppo, nel lungo periodo Fort Wayne non fu in grado di sostenere l’impegno e le prospettive di una Lega come l’NBA”.

Bennet, però, non la vede allo stesso modo.

“Non penso che fosse solo per il fatto di essere una città piccola, quanto per l’interesse di Fred di muoversi in un nuovo e più ampio mercato in cui poter fare grandi affari. Fu la scelta giusta, perché la gente di Fort Wayne non poteva, numericamente, sostenere un così grande numero di partite. Non sarebbero mai potuti sopravvivere, come per esempio riuscì a fare Green Bay nel football in NFL”.

Durante gli ultimi due anni a Fort Wayne, i Pistons ospitarono in media 4.745 e 3.859 spettatori, in fin dei conti…