In molti si chiedono i motivi dell’allontanamento di Zach Lowe da ESPN.

FOTO: SB Nation

Questo contenuto è tratto da un articolo di Oliver Fox per SB Nation, tramite Celtics Blog, tradotto in italiano da Marco Marchese per Around the Game.


Oliver Fox ha scritto sui Boston Celtics e la NBA su CelticsBlog e SB Nation dal 2021. Uno scrittore, ma innanzitutto un ventunenne appassionato di NBA. La gente a quell’età sa raramente cosa voglia dalla propria vita. Molti si affacciano al mondo lavorativo, altri stanno ancora portando avanti gli studi. Non sapeva se volesse vivere in Oklahoma o in Vietnam, né se comprare o prendere una macchina in leasing. E tutti sono fin troppo giovani per poter sapere quanto forte fosse Gilbert Arenas nel suo prime. Persone come Fox sono i prossimi consumatori in NBA. Un mercato emergente e, se la lega azzeccasse le proprie mosse, potrebbe legarli in una relazione da 50 o più anni di ascolti, vendita di biglietti e merchandising, oltre che d’indottrinamento per le prossime generazioni. Per fare ciò la NBA confida negli sport-media, partner di broadcasting che la trasmettono. Tra questi c’è anche ESPN, il nome più altisonante tra i media sportivi, e tanto famelico quanto la lega di spillare le rigogliose tasche dei giovani fan. Per fare ciò ESPN sta mandando trasversalmente la sua copertura NBA in ciò che esso pensa sia interessante per i giovani. Secondo una ricerca condotta da Microsoft, i giovani hanno una soglia d’attenzione pari a quella di un pesciolino rosso, perciò sono alla ricerca di contenuti che “offrano la torta” negli 8 secondi d’attenzione che hanno. Perciò è giunto il momento di audio e video brevi; Tik Tok, YouTube, i Reel di Instagram, le clip su X e i video da 90 secondi nell’app di ESPN. Assalti visivi con sottotitoli selvaggi che urlano dallo schermo; rapidi balzi da frame a frame, assicurandosi di non mostrare il microsecondo in cui è stata presa una pausa nel discorso. Ma con questa carenza di attenzione, parrebbe che i contenuti testuali d’alta qualità e i podcast con ore di puntate non facciamo parte del budget previsto dall’autoeletto Worldwide Leader in Sports, che poco tempo fa ha sospeso Zach Lowe – una delle vette assolute per quanto riguarda i contenuti cestistici interessanti – nella spasmodica ricerca di follower, click, views e clip che si pensa siano il futuro dei media. Perciò, invece di avere altri contenuti brillanti da Lowe, ci sarà Kendrick Perkins a dire che nessuno ha paura dei Celtics in 1 minuto e 16 secondi. 

L’uscita di scena di Lowe sembra far calare il sipario sui contenuti analitici e misurati, in favore di nomi sensazionalisti e alla ricerca di frasi scottanti come Perkins, Stephen A. Smith e Pat MacAfee. Tutto ciò viene offerto ai giovani e alle future generazioni, stanchi della vecchia roba e del vecchio pensiero. Ma ESPN sbaglia. I giovani non vogliono questo, e – anche se il livello della loro passione racconta diversamente – c’è chi vorrebbe fare una scommessa basata su fatti concreti, che quasi nessuno dalle nuove generazioni oserebbe fare. Non si considerano migliori, più accessibili o più moderni i contenuti brevi rispetto alla classica opera scritta, segmenti televisivi ben articolati o contenuti podcast. C’è chi li considera spazzatura; abbondanti ma senza valore, spesso prodotti da scarti di altri contenuti come gli show di MacAfee o Stephen A. Smith, o dalle clip introduttive di First Take. Questo tipo di contenuti è come un virus. Nessuno li vuole, ma tutti se lo prendono: è qualcosa di auto-replicativo, con decine di migliaia di utenti online a condividerli per migliorarne le performance. Ma questa roba non viene definita come “qualità” dagli utenti solo perché viene condivisa. Questo poteva funzionare in passato, quando messaggi ed email venivano usati come puro mezzo di supporto. Oggi i social media non sono democratici, sono determinati da algoritmi che decidono cosa la gente voglia guardare e che non chiedono alcun input. 

Come chiunque abbia mai consumato troppo cibo da fast food ben sa, questa è la differenza tra il divertimento e il consumo. Il fatto che qualcosa venga ingurgitata non significa che chi lo sta facendo stia amando il suo cibo, e lo stesso vale per i contenuti NBA. Non ci si sente mai troppo bene dopo aver scrollato i Reel di Instagram per 30 minuti di fila; ad alcuni già qualche Reel può sembrare troppo, ma farne una scorpacciata può far uscire dai gangheri. Le pupille paiono nauseate e le cornee urlanti di dolore. Ma un verboso e per sua ammissione perspicace esperto storico potrebbe non essere il perfetto rappresentante per tutti i giovani, ma non è il solo a provare certe sensazioni. Secondo una statistica condotta da The Harris Poll, circa metà della Gen Z vorrebbe che Tik Tok e X non fossero mai stati inventati, notizia che non suona per niente nuova a chi, tra i giovani, non ama utilizzare quelle app. Tutti le conoscono e molti ne sono dipendenti in qualche modo. Si sa che la vita sarebbe migliore senza esse, e lo sanno molti tifosi. 

Molti direbbero semplicemente “Smettete di usarle”, dando la colpa al consumatore per il supporto offerto a questo tipo di contenuti. Ma proprio come il mercato del fast food, i principali produttori sono i brand che attivamente sopprimono l’opinione altrui e mettono i consumatori contro i propri portafogli. Privandosi di una delle voci più autorevoli e analitiche come quella di Lowe, ESPN sta investendo su quelle più ridondanti, provando a sottomettere altri tipi di contenuti dominando sui social media, in cui la maggior parte di essi viene condivisa. E non importa cosa ne pensassero insegnanti o genitori, i social media non sono un’opzione per i nativi della prima generazione digitale. Sono una parte fondamentale della vita sociale di tutti; incontrare qualcuno e poi seguire quella persona su Instagram nei giorni successivi, per poi scriverle e scoprire che vorrebbe trascorrere altro tempo insieme. Per quanto riguarda la NBA, tutti sono abituati ad avere le informazioni istantaneamente. Non ci sono luoghi per ottenere notizie più rapidamente che sui social. Senza tralasciare il fatto che essi stimolino la sensazione di “sentirsi dietro le quinte” o messi da parte, incapaci di rispondere agli amici che, accanto, ci chiedono o raccontano qualcos’altro. Cose reali. Si tratta di un sistema duro da contrastare, e non tutte le risposte sono disponibili adesso – che, però, sarebbe il punto della questione. Un giovane come Oliver Fox,  con dipendenza dai social e livelli autodistruttivi di tempo davanti a uno schermo, non dovrebbe determinare il futuro della copertura mediatica della NBA. Ma perché la ESPN lascia condurre il suo business a Fox, un completo idiota? Pensa che Lowe non avesse appeal sulla gente come gli Oliver Fox, ma si sbagliano. L’intero web è costruito in modo da consumare contenuti “privi di calorie” ma, ancora una volta, ciò non vuol dire che essi piacciano. ESPN sta assecondando le peggiori qualità di Fox e, anche se i contenuti di Lowe potrebbero non rappresentare il futuro, è quello che lo stesso Fox e molti come lui vorrebbero. Continuare a sguazzare nella spazzatura potrebbe essere proficuo nel breve termine, ma porterà anche la psiche dei fan di ESPN NBA oltre la comprensione di ciò che vuole davvero o ciò che lo fa sentire stupido. E forse, alla fine, farà optare per cambiare canale – o, peggio, smettere di seguirlo.