Questo contenuto è tratto da un articolo di Divij Kulkarni per Fadeawayworld, tradotto in italiano da Niccolò Scquizzato per Around the Game.
L’importanza in NBA dei giocatori internazionali è cresciuta immensamente nel recente passato. Giannis e Jokic si sono divisi gli ultimi quattro MVP (quinto in arrivo?), Embiid rappresenta la più grande minaccia per Jokic e Doncic è ormai un perenne candidato per il riconoscimento. Ma non è sempre stato così, anzi.
Tempo fa, i giocatori internazionali non erano granché considerati. Leggende come Manu Ginobili e Tony Parker hanno contribuito, insieme a tanti altri, a costruire le fondamenta per le stelle di oggi. L’argentino, il padre dell’odierno eurostep, ha vinto quattro titoli insieme ai leggendari Tim Duncan e coach Gregg Popovich, con i San Antonio Spurs che hanno costruito intorno a loro una vera e propria dinasti, rimasta ai vertici della lega per più di un decennio. In pochi, però, avrebbero immaginato che sarebbe potuto accadere qualcosa del genere durante il Draft 1999.
Quell’anno gli Spurs selezionarono Ginobili a fine secondo round, con la 57esima pick. Una scelta che lasciò confuso persino Duncan, il quale ha condiviso questo divertente aneddoto durante la cerimonia di ritiro della maglia di Manu.
Ogni anno guardo il Draft. Mi metto comodo a casa, dico alla gente ‘non lo guarderò, non lo farò’, poi invece accendo la tv e metto il Draft, guardando selezionare giovani giocatori di cui non ho mai sentito il nome. “Emanuel Jinnobili”… Chi? Ricordo ancora quella chiamata con Pop. “Ma chi abbiamo appena preso?” – “Oh, OK, sarà grandioso, vedrai, lo sarà sicuramente.” – “Okay Pop, come ti pare.“
Il resto, come sappiamo, è storia. Quella di una delle più grandi dinastie nella storia dell’NBA.