FOTO: Sporting News

Le difficoltà dei Minnesota Timberwolves, prima ancora che dalla metà campo difensiva, passano da quella offensiva. In Gara 3 e in Gara 5 la squadra non ha superato i 100 punti segnati e, in generale, non è apparsa in grado di attaccare i Denver Nuggets coinvolgendo costantemente Nikola Jokic come nelle prime due. Merito anche di coach Michael Malone, che soprattutto da Gara 4 ha cominciato sia ad alzare la posizione del lungo in caso di blocco sulla palla o consegnato per Anthony Edwards – costringendo la principale minaccia di Minnesota o a letture ancora non troppo metabolizzate o a passaggi non molto delle sue corde – sia a tirare addosso al 22enne un po’ di tutto. Il tonnellaggio si è alzato, passando da Caldwell-Pope come matchup principale a Christian Braun e Aaron Gordon, ma in generale la difesa di squadra è apparsa spesso focalizzata in toto su Ant-Man, anche in quintetti spaziati meglio rispetto a quelli con l’ingombrante presenza di Rudy Gobert nel pitturato. Gara 5 ne è stata un manifesto, mancando Mike Conley, il miglior portatore di palla sul pick&roll a disposizione di coach Chris Finch, aspetto che ha permesso a Denver di concentrare tutte le proprie forze sull’unico avversario in grado di creare con continuità dal palleggio:

Aiuti secondari pronti al ferro, show del lungo, stunt dal lato forte e pressione sulla palla: tutto questo è semplicemente troppo per un pur prodigioso 22enne, che ha ha meccanizzato alcune letture ma che fatica ancora molto a tenere vivo il palleggio perché proprio del palleggio non sempre si fida; che fatica a trovare il lungo dopo i consegnati o i blocchi sulla palla, avendo come idea precostituita e istintiva (comprensibile, visto lo shot making straordinario) quella di crearsi il proprio tiro e non di elaborare quello migliore per i compagni; e che, soprattutto, tende a far uscire palla dai blitz sempre con uno o due tempi di ritardo – e spesso male. Un bel problema, visto il trattamento di Gara 5, dove è stato raddoppiato addirittura 34 volte (contro le 20 totali delle prime 4) stando a ESPN.


L’assenza di Conley, che potrebbe essere tale anche in una delicatissima Gara 6, concede poche alternative: certamente innescare dinamicamente Edwards, facendo cominciare l’azione a Nickeil Alexander-Walker, può limitare lo sforzo di Ant-Man nel fare da portatore e creator principale per tutta la partita; così come potrebbe aiutare, sui raddoppi, lasciare come primo appoggio un tiratore, anziché Gobert. Quest’ultimo è abituato a fare da sponda per Conley, ricevendo e poi giocando il consegnato con il veterano, playmaker esperto e in grado di trovare sempre la miglior soluzione da questo genere di giochi a due, che sia il pull-up, la penetrazione nel pitturato per il floater o per l’alley-oop al francese. Soluzioni che non rientrano affatto (ancora?) nel bagaglio di Edwards, il quale – anzi – beneficia spesso della presenza di Conley sia sfruttandolo come appoggio a difesa già mossa, sia potendo ricevere dopo un movimento senza palla.

Prima un’uscita dal blocco dopo la rimessa, poi una collaborazione complessa su “Spain” pick&roll (blocco cieco per il bloccante sulla palla)

Ma queste sono alternative secondarie, delle toppe provvisorie che possano sgravare un po’ Edwards o offrirgli valvole di sfogo maggiormente efficaci, ma che nulla tolgono alla premessa: la dipendenza, deleteria, dalla sua creation per gli altri palla in mano, ancora a uno stadio tutt’altro che elitario. Una vera e propria rivoluzione, dal punto di vista dell’attacco a metà campo, consisterebbe nello sfruttare maggiormente i due lunghi, Karl-Anthony Towns e Rudy Gobert, facendo giocare loro una dose più elevata di pick&roll (o comunque facendoli collaborare attivamente). I Timberwolves ricorrono a questo stratagemma con poca continuità, prevalentemente in uscita da un double drag (doppio blocco in transizione), situazione dalla quale KAT riceve per poi giocarsela assieme al francese. Le doti palla in mano del lungo dominicano non si scoprono certo oggi, sono ciò che lo rende un attaccante atipico e versatile come pochi, ma con l’aggiunta di Gobert ha sviluppato letture davvero di alto livello, manipolando talvolta la difesa come un creator navigato:

I lunghi rappresenterebbero due GROSSE (vista la stazza) soluzioni per l’attacco a metà campo, e le ragioni sono molteplici:

  • così come i giochi a due fra Gordon e Jokic hanno tolto punti di riferimento ai Nuggets, costringendo sempre un lungo a navigare sui blocchi fuori dalla propria comfort zone, lo stesso potrebbe essere di là: l’ala ex Magic, come si può notare dalle clip, fatica a dover inseguire un lungo che spesso accelera e decelera come una guardia, in primis perché si tratta di ricezioni dinamiche, in secundis perché la difesa non rispetta KAT quanto Edwards in tali situazioni, offrendo meno supporto
  • coinvolgere sempre entrambi i lunghi dei Nuggets permetterebbe inoltre di levare almeno un aiuto secondario pericoloso, rendendo la vita più facile per Gobert, altrimenti costretto a letture dallo short roll tutt’altro che continue ed entusiasmanti
  • Edwards, se in campo, avrebbe numerosi giri di riposo, mentre si avrebbe un’alternativa funzionale nei minuti senza di lui, molto meglio per sfruttare Towns fronte a canestro rispetto a cercarlo in post-up passivi che fatica a gestire da sempre (figuriamoci dopo la recente operazione al menisco)
  • Gobert avrebbe molti più tocchi e, qualora la difesa dovesse cominciare a uscire un po’ più alta, si creerebbe costantemente un mismatch in posizione profonda per il francese, pericoloso solo e proprio nelle ricezioni sottocanestro, dalle quali spesso guadagna preziosi giri in lunetta – se non convertiti con successo, quantomeno per rifiatare. Senza Conley, in Gara 5 ha chiuso con 7 liberi tentati e 7 su 7 al tiro proprio grazie agli assist di KAT (3 su 7 canestri) e di Kyle Anderson (2 su 7), unico oltre a Towns capace di premiarlo sotto canestro una volta guadagnato il mismatch
  • un aspetto da non sottovalutare è la taglia e la percezione di chi esegue: la difesa di Denver tende a ruotare dal lato debole per coprire le uscite alte di Jokic (o chi per lui), pertanto questo lascia come unica soluzione all’attacco il passaggio skip sull’angolo opposto. Conley è un ottimo playmaker, ma molto limitato dalla taglia che non gli consente sempre di avere una visione completa del campo (nonostante sappia poi adattarsi benissimo di conseguenza), mentre Edwards ha sviluppato letture di questo tipo ma non le esegue con fiducia, soprattutto dopo l’aumento di pressione a seguito delle prime due gare. Anche Towns non è propriamente indirizzato verso questa soluzione, ma la taglia gli concede sia di avere una miglior visione a tutto tondo del campo, sia di avere qualche frazione di secondo in più per processare la scelta della difesa anche fermando la palla, non avendo problemi a farla passare sopra le teste avversarie. Senza dimenticare che il dominicano ha un ottimo tocco nel floater range e non si fa troppi problemi a prendersi il ferro in corsa, anzi.

Questo non significa certo che adesso KAT debba diventare il megacreator principale, semplicemente si tratta di una soluzione meno prevedibile di altre, che può essere cavalcata con più continuità rispetto al solito e che può spingere la difesa a porsi qualche domanda in più – e a coinvolgere positivamente e attivamente Gobert in fase offensiva. Anche perché, per i Minnesota Timberwolves, questa è la partita della disperazione, win or go home, dopo 3 gare che non hanno fornito molti altri punti di riferimento. La coperta, in attacco, si è fatta corta per coach Finch e staff: tempo di cavalcare un po’ di più questa grossa alternativa (anzi, due)?