FOTO: NBA.com

NBA e NBPA (Associazione giocatori) hanno finalmente raggiunto un accordo per quanto concerne il nuovo CBA, per i meno esperti “Collective Bargaining Agreement”, il contratto collettivo che “regola termini e condizioni lavorative per tutti i giocatori professionisti militanti nella NBA, così come i rispettivi diritti e doveri delle squadre NBA, della NBA e delle NBPA”, usando la definizione ufficiale.

Il CBA dal quale si è deciso l’opt-out era entrato in vigore nel 2016 e si sarebbe dovuto concludere a luglio 2024. Il commissioner Adam Silver, però, assieme all’executive director della NBPA, Tamika Tremaglio, e soci hanno optato per un’uscita anticipata, possibile sin da dicembre 2022 ma più volte posticipata a causa delle difficoltà a raggiungere un accordo su svariati temi delicati (li trovate QUI).

Il nuovo accordo sarà dunque valido a partire dalla stagione 2023/24, con una durata di 7 anni e con la possibilità di un’uscita anticipata, come quella di ieri, al sesto anno. Ma quali saranno i grandi cambiamenti apportati, che hanno costretto le discussioni a prolungarsi fino a tarda notte? Ecco un riassunto schematico, ricordando che, per il CBA ufficiale e la definizione formale delle norme, si dovrà aspettare qualche settimana.


  • niente “upper spending limit”, ma un secondo “apron”

L’idea iniziale su cui deliberare riguardava l’imposizione, o meno, di una quota massima spendibile a cui ogni squadra si sarebbe dovuta attenere per costruire il proprio roster: “upper spending limit”, o limite massimo, che avrebbe completamente rivoluzionato il “soft cap”, totalmente fluido, della NBA. Dopo che la proposta aveva già perso trazione nei report delle passate settimane, è stata ufficialmente scansata, lasciando però spazio a un nuovo sistema.

Il “luxury tax apron” è una soglia al di sopra della quota della Luxury Tax che impone certe limitazioni, già esistente, a cui però si è deciso di aggiungerne un secondo per limitare tutte quelle squadre dai payroll stellari, come Clippers e Warriors. Arrivati nella soglia di questo “secondo apron”, posto a circa $17.5 milioni oltre la luxury tax line, le squadre non potranno più utilizzare la taxpayer mid-level exception per firmare dei free agent. Golden State non avrebbe potuto firmare Donte DiVincenzo, ad esempio, citando l’esempio di Wojnarowski su ESPN.

Oltre a questo, però, sono arrivati altri aggiornamenti su norme molto più stringenti per quelle squadre al secondo Apron:

  • niente taxpayer MLE
  • niente cash considerations negli accordi
  • niente inclusione di first-round picks a 7 anni di distanza
  • niente firma di giocatori dal buyout market
  • negli scambi, impossibilità di ricevere più di quanto ceduto

Insomma, non un “upper spending limit”, ma una via di mezzo, come abbiamo spiegato nel dettaglio QUI. Ecco le squadre che ne potrebbero essere colpite dalla prossima stagione:

  • crescita del salary cap e luxury tax

Questo punto, oltre ai sopracitati, era forse il più delicato. Facendo una premessa non troppo complessa, basti sapere che la soglia del salary cap viene stabilita prendendo una parte (44.74%) degli incassi totali di tutta la Lega (BRI) e dividendola per le 30 squadre iscritte. Con l’aumentare delle entrate, aumenta anche il tetto del salary cap.

Dove sorge la problematicità? L’NBA firmerà nel 2025 un nuovo contratto multimiliardario per la cessione di diritti TV e media, che porterà a una crescita improvvisa degli introiti e, potenzialmente, del cap. Questo è già successo nel 2016, quando entrò in vigore l’attuale contratto televisivo, permettendo ai Golden State Warriors – reduci da una stagione già da record – di poter firmare Kevin Durant.

Per limitare casi come quello sopracitato, con il nuovo CBA la crescita del salary cap verrà ammortizzata fino a un massimo del 10% anno per anno, in modo da evitare picchi improvvisi. Assieme a questo cambiamento, una rivoluzione anche nel meccanismo della luxury tax: le penalità non saranno più stabilite in base a fasce di $5 milioni in $5 milioni, ma a categorie che andranno a salire di pari passo con la crescita percentuale del salary cap.

Con il cap, aumenterà anche la crescita annuale delle eccezioni:

Una grande rivoluzione, soprattutto considerando il fatto che non va a favore dei giocatori, i quali beneficiano della crescita percentuale del salary cap, dietro alla quale vanno di pari passo i contratti. Cosa c’è dietro?

  • money, money, money…

Intanto, maggiori benefici. Limite massimo per le estensioni adesso fissato dal 120% al 140% dello stipendio corrente al momento della firma, a partire dal 2023/24. Citando l’esempio di Bobby Marks, Jaylen Brown, eleggibile secondo le vecchie regole per un quadriennale da $165 milioni, potrà adesso arrivare a percepire $189 milioni in 4 anni.

  • possibilità di investire

Questo punto è davvero clamoroso. Stando a Shams Charania, i giocatori potranno investire nelle squadre NBA e WNBA, oltre a poter promuovere e investire nel settore dello sports betting, le scommesse sportive, e delle aziende di Marijuana.

Come si può comprendere, essere legati a una franchigia e al betting non potrebbe far altro che creare un gigantesco conflitto di interessi, ragion per cui questo sembra essere un punto che necessiti di essere chiarito. In particolare, è giusto far notare che nei mesi precedenti si fosse parlato della possibilità di praticare investimenti per i giocatori, creando anche fondi appositi, ma dopo il ritiro. Prima di sbilanciarsi, meglio aspettare i dettagli ufficiali del nuovo CBA.

  • non-max rookie extension

Questo cambiamento in realtà aiuta sia le squadre nel nuovo sistema, sia i giocatori. Nell’attuale CBA, solo quei giocatori sotto rookie contract che rientrano nei criteri della max extension possono ricevere un prolungamento contrattuale fino a 5 anni, anziché 4; con il nuovo CBA, potranno essere fatte offerte quinquennali anche senza la presenza dei criteri per il massimo salariale.

Un modo sia per le franchigie di poter trattenere ancor più a lungo termine giovani promettenti, senza gli impedimenti del max, e un modo anche per i giovani giocatori di trovare ancor maggiore stabilità nei piani a lungo termine della franchigia.

  • In-Season Tournament in arrivo

Era già nell’aria, come abbiamo anticipato QUI. Si tratta di un torneo a stagione in corso, con le partite giocate che rientreranno nel conto di quelle di Regular Season, che avrà inizio da novembre, selezionando così le 8 finaliste che si sfideranno a eliminazione diretta a dicembre. Le Final-Four si svolgeranno su un terreno neutrale, per cui si pensa a Las Vegas.

La finale aumenterà le partite stagionali a 83 solo per le due partecipanti, e i vincitori (allenatori e giocatori) riceveranno un premio in denaro – secondo Shams $500.000 dollari a giocatore.

  • guerra al load management

Un altro dei temi caldi riguardava l’assenza delle star dai parquet, che l’NBA spera di limitare imponendo un limite di minimo 65 presenze per poter diventare eleggibili per l’assegnazione di premi individuali come l’MVP o di riconoscimenti come la selezione negli All-NBA Team.

  • basta posizioni

A proposito di All-NBA Teams, l’assegnazione procederà indipendentemente dalle posizioni, un qualcosa che non si vedeva dal 1955.

  • più two-way per tutti

Questo punto e il successivo sono i nostri preferiti. Un giocatore sotto contratto two-way, per chi non lo sapesse, può spendere 50 delle 82 gare di Regular Season con la squadra, alternando fra G League e NBA, con un contratto al rookie minimum senza impatto sul salary cap.

Secondo il CBA corrente, solo 2 slot erano concessi, in aggiunta ai 15 standard contract, mentre adesso saranno ben 3. Un bene enorme per ampliare il bacino di selezione di giocatori NBA e per rafforzare il ponte con la G League, essendo sempre più i nomi sotto questo tipo di contratto a trovare spazio poi nelle rotazioni degli anni successivi – vedi Austin Reaves, ad esempio.

  • sì alla Marijuana

Stando a Shams, il consumo di Marijuana non sarà più proibito dal CBA, dopo che la sostanza era stata rimossa dal programma anti-drug già dal 2019/20.