Anche Gara 3, partita a cui i Brooklyn Nets si sono presentati con le spalle al muro, è finita nelle mani dei Boston Celtics. E ora la squadra di Steve Nash, sotto 0-3 nel primo turno, è sull’orlo del baratro, in attesa del colpo definitivo.

Caso mai fosse necessario, è la storia dell’NBA a ricordare come i Playoffs di Kevin Durant e compagni siano giunti a un punto di non ritorno: il record è 0-143 per le squadre che si sono trovate sotto 0-3 in una serie, 89 delle quali hanno rimediato uno sweep.


Difficile non partire proprio da Durant. Più di ogni altra cosa, inevitabilmente, negli ultimi giorni ha fatto discutere – e continuerà a farlo anche nei prossimi – il suo scarso contributo offensivo in questa serie. Dopo due gare al TD Garden in cui aveva incontrato enormi difficoltà (13/41 dal campo, 8 assist e 12 palle perse), infatti, anche nel terzo atto Durant è stato fortemente limitato dalla difesa di Boston, prendendo solo 11 tiri (terzo dato più basso della sua stagione… in una gara win or go home, o quasi) e continuando a fare l’enorme fatica delle prime due sfide nel trovare i propri tiri e creare vantaggi a metà campo.

Se è vero che il Durant visto in queste tre partite è sembrato l’ombra di quello cui ci ha abituato negli anni, è altrettanto vero che coach Steve Nash non ha fatto assolutamente niente per far arrivare a KD il sostegno di cui aveva bisogno contro una difesa fisica, solida e organizzata come quella di Ime Udoka. Nonostante il supporting cast dei Nets possegga ampiamente le risorse necessarie per farlo.

Dopo le prime due partite, era lecito aspettarsi che coach Nash aggiustasse l’attacco della sua squadra in qualche modo; affidandosi meno ad isolamenti, su isolamenti, su isolamenti di Kyrie Irving e Kevin Durant. Così non è stato.

Se offensivamente si può parlare di “spreco”, perché intorno a KD e Kyrie il talento non manca (anzi), difensivamente il discorso è diverso, perché Brooklyn ha tante mancanze e debolezze, soprattutto nelle lineup con due tra Mills, Curry e Dragic, che tanto servono (servirebbero…) nell’altra metà campo. È proprio in presenza di tali mancanze difensive, però, che gli aggiustamenti di Steve Nash si sono resi necessari per provare a contenere i danni e rendere sostenibile la presenza in campo dei migliori attaccanti a roster. Aggiustamenti che, però, non sono arrivati.

I Nets sono andati sotto in entrambe le metà campo e ora si trovano meritatamente a un passo dalla propria offseason. Di seguito qualche considerazione sulle responsabilità di Steve Nash – sweep o non sweep – in quello che si preannuncia come un fallimento piuttosto rumoroso.

(NON) Game-plan offensivo

Prima di qualsiasi discorso, una doverosa premessa sulla difesa di Boston, che è stata davvero eccezionale in questa serie per applicazione, fisicità, organizzazione e costanza.

Che il sistema difensivo di Udoka fosse speciale lo avevamo imparato da gennaio in avanti durante la Regular Season, e dalla trade deadline (con l’acquisizione di White) soprattutto. Ma vedere prestazioni e numeri del genere, oltretutto senza Robert Williams per le prime due partite (e mezzo), è stato davvero impressionante:

D’altra parte, quello che si sono trovati davanti i Celtics in queste tre gare è stato un attacco incredibilmente talentuoso ma povero di soluzioni e prevedibile.

Durant e Irving erano stati fortemente limitati nelle prime due gare, fatta eccezione per l’exploit offensivo di Kyrie in Game 1 (principalmente nel quarto periodo). Contro i difensori, gli aiuti e i raddoppi dei Celtics avevano perso palla spesso (e concesso molti fast break points). Gli isolamenti di KD avevano portato complessivamente a un 1/10 dal campo, 20% di TO% e 0.40 punti per possesso; la sua difficoltà ad attaccare dal palleggio la difesa schierata di Boston era sotto gli occhi di tutti.

Ci aspettavamo che in Gara 3 la squadra di Nash riuscisse a trovare delle soluzioni diverse in cui coinvolgere Durant, ma anche gli altri – tanti – giocatori con punti nelle mani. Seth Curry, Patty Mills e Goran Dragic rappresentano infatti un supporting cast di lusso, che in questa serie abbiamo visto completamente sprecato.

Qualche video.

In questo set visto in Gara 1, i Nets sfruttano la gravity di KD a vantaggio di Curry, che offre un tiro aperto a Bruce Brown (che ha tirato bene nelle prime due, e male su un volume più alto in Gara 3).

Qui sotto due possessi ancora più interessanti, dalla partita di ieri.

Nel primo la difesa di Boston è impegnata dal possibile handoff tra Durant e Irving, mentre un doppio blocco sul lato debole crea lo spazio per il catch&shoot di Mills (nonostante il passaggio non perfetto di KD):

Nel secondo, invece, sulla penetrazione di Durant in spazi stretti (e conseguente aiuto profondo di Horford) c’è il lavoro sul lato debole di Brown, che libera Curry per una tripla “open” con un semplice back screen:

Soluzioni di questo tipo, però, si sono viste molto poco. Nelle prime due gare, come in quella di ieri. Il coinvolgimento offensivo di Curry e Mills è rimasto limitato; gli isolamenti di Durant e Irving hanno continuato a registrarsi con la stessa frequenza (alta) e con gli stessi risultati; le due stelle sono state fredde nei quarti periodi (3/14 complessivo in Gara 2 e 3) e contro i principali marcatori nella serie questi sono i numeri che hanno prodotto:

  • Irving: 24/59 FG, 5/20 3PT, 6 TO, 3 shooting fouls
  • Durant: 22/60 FG, 4/8 3PT, 19 TO, 5 shooting fouls

Quello che agli occhi di tutti rendeva speciale l’attacco dei Nets, quest’anno, era la presenza di gregari d’èlite intorno a un duo di superstar come Durant e Irving. Ma l’abuso della hero ball e l’assenza quasi totale di alternative hanno reso l’attacco di Steve Nash arginabile da una difesa come quella di Boston. Difficile non parlare di spreco.

Strategia difensiva

Il rovescio della medaglia della presenza in campo di Curry, Mills e/o Dragic, al fianco di Irving, è chiaramente la diffusa vulnerabilità difensiva.

Trovare un modo per far funzionare in questa metà campo le lineup con più talento offensivo dei Nets sembrava un rebus di difficile (senza) soluzione. Era chiaro dall’inizio, infatti, che i Nets avrebbero concesso molti punti deboli a Udoka, per le tante guardie sottodimensionate e limitate sulla palla, e per l’assenza a roster di un lungo switchabile.

Il sistema difensivo scelto da Steve Nash per fronteggiare Jayson Tatum e compagni ha previsto di cambiare sistematicamente su tutti i blocchi, con l’intento di rallentare l’attacco dei Celtics e cercare di rendere più statici i loro possessi, rendendo meno automatiche le letture di Tatum e Brown, e non concedendo a loro due, a Smart e a Horford situazioni di soprannumero.

L’attacco di Boston, però, soprattutto nei secondi tempi, ha preso di mira continuamente i punti deboli dei Nets, e ha costruito i parziali decisivi con Tatum e Brown, semplicemente cercando gli accoppiamenti desiderati e attaccandoli a ripetizione; hanno portato spesso i lunghi dei Nets sul perimetro, rendendo inconsistenti gli aiuti nel pitturato e permettendo a Horford e Theis di dominare sotto ai tabelloni.

Qui un paio di esempi tra i tanti possessi in cui le due stelle dei Celtics hanno fatto a pezzi i propri bersagli, in questo caso Blake Griffin (scongelato ieri nel quarto periodo e attaccato sistematicamente da Boston) e Patty Mills:

Se è vero che la coperta è decisamente corta per Nash in difesa (lasciando fuori dal discorso il possibile ritorno di Ben Simmons), è altrettanto vero che i due epiloghi per certi versi simili di Gara 2 e Gara 3 sono stati conseguenza anche del perseverare ininterrottamente con la stessa strategia.

Ai Jays il merito di aver punito, in modo costante nei momenti decisivi, ogni mismatch. A Nash il demerito di aver dato in pasto i propri peggiori difensori on ball, senza provare a cambiare approccio nè proporre – nel mezzo di parziali in momenti cruciali – delle variazioni contro Tatum e Brown.

Pochi aggiustamenti

Insomma, prima ancora delle scelte tattiche di Nash, la ragione delle due critiche qui sopra risiede nell’assenza di aggiustamenti a serie in corso. Una dote fondamentale per allenatori di squadre costruite per lunghe Playoffs Run.

Le attenuanti a Brooklyn, quest’anno, sono molte. Il caso-Harden e la successiva trade, la indisponibilità – disponibilità part time – disponibilità full time di Irving, l’attesa per il debutto di Ben Simmons, l’infortunio season ending di Joe Harris e i mesi saltati da Durant. Come nel 2021, la solita inesistente chimica di squadra.

Tutto questo è innegabile, ma al netto di quello che non c’è, quanto fatto con il materiale a disposizione è stato deludente. E soprattutto, guardando nello specifico all’apporto del coaching di Nash a serie in corso, è deludente quanto poco siano state sfruttate le informazioni raccolte nelle prime due sconfitte.

L’estate dei Nets, a questo punto, è molto vicina. E rischia di essere, precocemente, molto calda.