Con la prima “pivotal game” della serie domani sera, c’è ansia ad Atlanta per le condizioni di Trae Young, mentre Milwaukee pare aver trovato la sua dimensione.


FOTO: NBA.com

8 anni fa, Milwaukee “saliva” alle cronache della offseason per aver scambiato l’ex Lottomatica Roma Brandon Jennings a Detroit per Brandon Knight e Khris Middleton, scelta al secondo giro dell’anno precedente. Arrivato in Wisconsin, fu lui a vincere un posto in quintetto contro un secco spilungone greco draftato quell’anno. Si marcavano – senza sconti – si contendevano minuti e considerazione, hanno persino confessato di odiarsi.

“Ci ripensavamo qualche giorno fa” – ha detto Antetokounmpo – “si chiacchierava del futuro e gli ho detto che il giorno del suo ritiro sarà difficilissimo per lui, perché siamo stati di fianco per tutta la carriera. Mi fido ciecamente di lui, e non mi interessa chi viene considerato il primo violino e chi il secondo. Voglio vincere”.Niente di nuovo, fin qui: a livello mentale Giannis Antetokounmpo è sempre apparso molto lucido e mai ha fatto storie per i tiri degli ultimi minuti, soprattutto considerando un’altra prestazione da MVP macchiata da un’altra serata sotto al 50% dalla lunetta (6/13).


Essere “the guy” nel clutch time? “Ho tutta la partita per esserlo”, ha detto il greco nel post-game. “Non mi importa di esserlo nell’ultimo quarto. Bisogna solo fare la decisione giusta, soprattutto io, Jrue e Khris. Se la situazione mi richiede di passare sempre la palla, lo faccio. L’importante è trovare un modo per vincere.”

Non è nuovo neanche questo ruolo di Middleton. Per quanto crearsi un tiro facile non sia il suo, teoricamente, per motivi atletici e di ball-handling, ieri Khris è riuscito a tenere a contatto i suoi nei momenti di massima inerzia degli Hawks, sopperendo alle – troppe – amnesie difensive sul perimetro e brillando anche per assist e sotto le plance. 20 dei suoi 38 punti – pareggiato il career-high contro Miami al primo turno – sono arrivati nel quarto periodo. E così, dopo la Gara 1 appena citata e la Gara 6 con le spalle al muro contro Brooklyn, Middleton si è di nuovo dimostrato il closer della squadra più in salute rimasta in corsa per il titolo. Che ora è a due vittorie dalle NBA Finals, rimaste inarrivabili dal 1974 in poi.

Non è stato tutto facile per i Milwaukee Bucks, comunque.

Due falli nel primo quarto per Giannis, poi la partenza a razzo di Trae Young – interrotto nel terzo periodo da questa cosa relativamente probabile:

Una grande prestazione dalla panchina di Danilo Gallinari è stata compensata da una più sorprendente, quella del redivivo Bobby Portis, che è stato il metronomo dell’intensità nel primo tempo e ha messo anche dei tiri importanti nel secondo.

Tornando a parlare di falli, sicuramente ha reso più facile il compito di un attacco che sembra aver dimenticato la triste squeals di isolamenti di Gara 1, l’uscita all’inizio del secondo tempo di John Collins, che già in quel momento aveva sentito quattro fischi. Ciò ha aperto la linea per il ferro al greco con molta più continuità, compensando per una prestazione difensiva almeno rivedibile per tutto il primo tempo. Ne siano prova alcuni tiri presi – e ovviamente segnati – da Young in totale solitudine, aldilà degli ormai inevitabili (anche se “contrastati” più che nella prima partita della serie, come avevamo approfondito QUI dopo G2) floater contro il recupero di Brook Lopez. Coach Budenholzer sembra essersi parzialmente “rassegnato” a inserire ciò alla voce “spese”. Complice un Bogdan Bogdanovic lontano dal 100% per il problema al ginocchio, per ora i costi sono sostenibili per Milwaukee.

Spostando l’attenzione sugli Atlanta Hawks, è inevitabile che in queste ore ci sia tanta apprensione. Finora Young non è mai stato vittima di infortuni gravi, eppure ha ammesso di aver pensato di non rientrare nell’ultimo periodo, e poi ha dato una risposta evasiva sulla sua presenza in Gara 4. Di certo prima di domani non si avranno notizie certe, e il rischio – beninteso, giornalistico – è che si arrivi ad una game-time decision. Proprio quando la panchina iniziava ad essere un fattore, e ciò coincideva con la crescita di Bogdanovic, rischia di saltare tutto. E anzi, senza l’infortunio di Young il momentum sembrava essere indirizzato verso la Georgia, senza nulla togliere – anzi – all’impresa di Middleton.

“Greatness. Khris è stato incredibile. A un certo punto bastava dargli la palla e togliersi… Greatness.” (Giannis)


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25-7, questa la dimensione del parziale con cui Milwaukee ha chiuso gli ultimi 8 minuti del quarto periodo, e si partiva da significativo vantaggio per Atlanta di 95-88.

“Abbiamo giocato al massimo delle nostre possibilità” – il commento di coach Nate McMillan – “e abbiamo creato bene soprattutto nel secondo tempo. Ma certi tiri proprio non andavano dentro, e non abbiamo trovato una risposta a Middleton”.

Martedì notte, sempre alla caldissima StateFarm Arena di Atlanta, Gara 4. Pivotal game.

Si dice che una serie Playoffs non comincia finché non vince una partita la squadra ospite. Questa Finale di Conference, quindi, è iniziata subito. E subito rischia di finire.