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Questo contenuto è tratto da un articolo di Gary Washburn per The Boston Globe, tradotto in italiano da Marta Policastro per Around the Game.


L’eliminazione ai Playoffs dei Boston Celtics per mano dei Miami Heat ha reso evidente la necessità di apportare importanti modifiche al roster durante l’estate: Brad Stevens e la dirigenza non possono pensare di iniziare la prossima stagione con gli stessi giocatori e di ottenere un diverso esito. Gli Heat sono dei maestri nel mettere allo scoperto i punti deboli delle squadre avversarie; questa volta, a farne le spese sono stati proprio i Boston Celtics.


Nonostante coach Mazzulla continui a negarlo, i Celtics si affidano troppo al tiro da tre punti: quando non riescono a segnare con continuità, specie per merito delle ottime difese avversarie, il loro l’attacco si ritrova senza soluzioni.

I Celtics non hanno però bisogno di sconvolgere il roster per diventare dei seri candidati al titolo: dopotutto, hanno raggiunto le Eastern Conference Finals e, se avessero tirato con percentuali migliori in Gara 7, sarebbero probabilmente arrivati in finale.

Per prima cosa, Stevens si deve occupare del reparto lunghi: Al Horford ha quasi 37 anni e ha cominciato a mostrare i segni dell’età, non riuscendo a contenere Bam Adebayo in difesa e rivelandosi inefficace in attacco se privato della propria arma migliore, il tiro da tre punti.

Durante la sua quarta stagione in NBA, nella quale Horford guadagnò la seconda convocazione consecutiva all’All-Star Game, il 99,5% dei suoi tiri totali proveniva da dentro l’arco; durante la Regular Season 2022/23, la percentuale è scesa al 32,1% e, nei Playoffs, è arrivata al 28.8%. In questa postseason (20 partite), Horford ha realizzato solamente 23 tiri da due punti, poco più di uno a gara.

Nella serie contro Miami, contro la zona, è capitato più volte che Horford ricevesse palla in area ma rifiutasse la conclusione, preferendo passare a un compagno sul perimetro. Ormai, per Horford il gioco in post è solo un lontano ricordo.

Quando Horford è in campo insieme a Rob Williams, che in quattro anni nella lega non ha ancora sviluppato un gioco in post efficace, i Celtics si ritrovano con due centri che non possono costruire da soli le proprie conclusioni vicino al ferro. I Celtics avrebbero avuto bisogno di un altro centro che sapesse creare gioco e segnare, come Jakob Poeltl, ma Stevens ha preferito puntare sulla coppia Williams-Horford, non potendo contare, per scelta tecnica, né su Luke Kornet né su Blake Griffin.

I Celtics avrebbero anche potuto scommettere su un veterano come DeMarcus Cousin, ma hanno fatto una decisione diversa e l’attacco ne ha sofferto, visto che Horford ha tirato con il 29.8% da tre punti nei Playoffs e che la coppia di lunghi ha tentato in media solamente 6.3 tiri da due punti a partita in totale.

In secondo luogo, se i Celtics vogliono continuare ad affidarsi così tanto alle conclusioni da tre punti avranno bisogno di più tiratori: la speranza è che Danilo Gallinari, che ha saltato l’intera stagione a causa della rottura del legamento crociato, decida di esercitare la player option.

In questa stagione, i Celtics non sono stati in grado di rimpiazzare Gallinari, infortunatosi ad agosto: secondo Stevens, il sostituto del Gallo sarebbe dovuto essere da Sam Hauser ma, nonostante quest’ultimo abbia giocato in 80 partite di RS, tirando con il 41.8% da tre punti, Mazzulla lo ha fatto uscire dalla rotazione nei Playoffs, privando la squadra di un ottimo tiratore.

Hauser non è mai stato un grande difensore ma si è sempre impegnato; vedendo l’impatto positivo che Duncan Robinson ha avuto sulla serie, anche Mazzulla avrebbe potuto trovare un modo per sfruttare le doti realizzative del proprio sharpshooter.

Stevens dovrà anche decidere se a Boston serva un altro facilitatore nel reparto guardie: alla squadra mancano infatti un tiratore affidabile dal pick-and-roll e un giocatore rapido che arrivare al ferro velocemente.

Marcus Smart ha collezionato ottime prestazioni nelle sue otto stagioni con i Celtics, ma la squadra ha avuto difficoltà in attacco sul finire delle partite e né lui né Malcolm Brogdon sono riusciti a risolvere il problema.

Brogdon è diventato un realizzatore dalla panchina, più che una point guard da impiegare nei minuti decisivi; i Celtics avrebbero decisamente avuto bisogno di qualcuno che portasse ordine nel loro gioco offensivo, specialmente sul finire di Gara 1 e 2 contro gli Heat. Potrebbe dunque essere necessario ricostruire il backcourt.

Se Mazzulla verrà riconfermato, sarà assolutamente necessario un coaching staff più esperto. Secondo alcune fonti, gli assistant coach Ben Sullivan, Aaron Miles e Mike Moser dovrebbero raggiungere Ime Udoka a Houston, lasciando così tre posti disponibili nello staff dei Celtics.

In questa stagione, Mazzulla ha pagato la propria inesperienza e l’assenza di un coach navigato che potesse consigliarlo; ci sono moltissimi ex head coach o vice esperti che sarebbero interessati a far parte del suo staff, per poter allenare giocatori come Jaylen Brown e Jayson Tatum e aiutare i Celtics a vincere il titolo.

La sensazione è che Mazzulla abbia bisogno di un supporto adeguato, sia in campo che in panchina. Stevens ha provato a dare profondità alla squadra aggiungendo Gallinari, Brogdon e Mike Muscala, ma gli effetti non sono stati quelli attesi: Muscala, ad esempio, avrebbe dovuto aprire il campo in attacco, ma è quasi subito uscito dalla rotazione. Inoltre, Mazzulla ha tenuto in panchina Payton Pritchard, segno che probabilmente il giocatore diventerà presto un free agent.