Questo contenuto è tratto da un articolo di Mike Kiley & Joseph Tybor per Chicago Tribune, tradotto in italiano da Edoardo Bertocchi per Around the Game.
Dennis Rodman, personaggio controverso per eccellenza nel mondo NBA, ha reso pubbliche le sue variegate e stridenti opinioni attraverso la sua autobiografia, “Bad as I wanna be” (“Cattivo come voglio essere”). Da Madonna a Michael Jordan, passando per le sue canotte paillettate, i rimproveri a David Robinson, il diniego dell’uso di droghe e l’opposizione nei confronti dei vertici della lega e dei loro standard di “immagine”: The Worm ha raccontato la sua versione senza fare sconti a nessuno, anzi andando a muso duro contro tutto e tutti.
Ecco un po’ di estratti interessanti, raccolti da Chicago Tribune.
Sulla relazione con Madonna
“Madonna passava il tempo a parlare della possibilità di avere un bambino. Penso che volesse ogni parte di Dennis Rodman: matrimonio, figli,.. tutto!”.
Rodman vuole farvi credere che la sua relazione con Madonna, passata ampiamente agli onori della cronaca, non fosse altro che una storia d’amore come quelle di una vecchia commedia romantica. Si è però conclusa, poi, perché lui riteneva che la fama di lei e tutta l’attenzione mediatica a loro rivolta avrebbero soverchiato la sua identità.
Dopo che Madonna nel corso dell’All-Star break del 1994 aveva dichiarato di voler incontrare Rodman, ai suoi responsabili delle pubbliche relazioni ci sono volute tre settimane per organizzare il primo appuntamento. Dopo un allenamento, quindi, The Worm ha preso un volo da San Antonio a Miami, e poi ha passato la notte con lei, a casa della cantante. La sera successiva è tornato in Texas, presentandosi direttamente all’arena per una partita di Regular Season.
Al tempo, Rodman diceva che lui e Madonna si sentivano anime gemelle. Due persone che avrebbero potuto fare tutto quello che volevano nella vita e senza conseguenze. Ha aggiunto che il sesso non era così “selvaggio”, però era “piacevole e coinvolgente”; e che Madonna “non era un’acrobata, ma nemmeno un pesce morto”.
Secondo Rodman, Madonna voleva a tal punto che Rodman fosse il padre dei suoi figli che gli impedì più volte di usare il preservativo e arrivò ad offrirgli 20 milioni di dollari.
Il bello di tutto ciò è che all’allora ala degli Spurs non piaceva affatto la sua musica; si rifiutava pure di chiamarla col suo nome d’arte, preferendo un soprannome da lui coniato, “Tita”. Anche la sua casa a Los Angeles “faceva schifo”. Tutti pensieri di cui aveva reso partecipe la diretta interessata.
Rodman tuttora ritiene che loro due fossero una coppia perfetta e che le storie secondo cui fosse stata lei a scaricarlo non sono vere: la loro storia era finita perché lui non voleva essere visto come uno che viveva di rendita ed approfittava della fama della sua compagna. “Penso di essere un ragazzo che ha dovuto stravolgere la propria vita da inserviente per raggiungere l’apice della mia esistenza. Quindi, decidere sul quanto mettermi effettivamente in gioco con Madonna era più difficile di quanto potreste immaginare.”
Sui pensieri suicidi
“Vista dall’esterno, avevo tutto ciò che potessi desiderare. Dall’interno, invece, non avevo niente altro che un’anima vuota ed una pistola sulle mie ginocchia”.
Rodman ha raccontato dello straziante dolore provato nell’aprile del 1993, spiegando le ragioni per cui ha pensato di prendere una pistola dal suo pick-up e togliersi la vita nel parcheggio del “Palace” a Auburn Hills, dove giocava con i Detroit Pistons.
Dennis ha rivolto alcune parole molto dure a suo padre (“il propriamente chiamato Philander Rodman”). Quest’ultimo se n’era infatti andato di casa, situata in un quartiere di Dallas, lasciando Shirley, moglie e madre di tre figli (Dennis di tre anni e le due sorelle più piccole), a lottare da sola per la loro sopravvivenza e garantirne un futuro.
Dennis ha parlato di sé come la combinazione di due personalità, una interna e l’altra esterna, e del desiderio di uccidere la seconda, perché non sapeva mai cosa voleva veramente. “Dopo 10 passi, mi sono voltato e ho sparato all’impostore”, adducendo a un duello mentale con sé stesso e su come, alla fine, avesse deciso che non aveva bisogno dell’arma. È poi andato a dormire, lasciando la pistola nel pick-up, per venire successivamente svegliato dalla polizia alle prime luci del mattino.
Sulla vita sessuale di un giocatore NBA
“La vita in NBA è fatta al 50% di sesso e al 50% di soldi.”
“Non terrei mai conto di tutte le donne con cui sono stato. Non voglio mentire come Wilt Chamberlain: non ci sono tabelle nella mia stanza”, ha raccontato Rodman relativamente al sesso nella sua vita da giocatore NBA.
Ha parlato poi delle “groupies” e di come queste vadano dietro ai giocatori di basket con il solo ed unico scopo di condividere con loro fama e denaro. Ovviamente, essere un giocatore professionista è stata la svolta per lui: quando era piccolo, le ragazze pensavano che fosse magro, basso e buffo; ha perso la verginità a vent’anni compiuti, quando una prostituta che viveva nel quartiere “si è concessa a me e ai miei amici per 20 dollari”.
Rodman, tuttavia, ha raccontato anche che si tratta di una sfera che può comportare dei rischi per gli atleti, facendo l’esempio della sua relazione con una cheerleader degli Hawks, con la quale ha avuto una storia durata diversi anni. Era infatti finita che lei l’aveva citato in giudizio, contestandogli il fatto di averle trasmesso degli herpes; Rodman rifiutò la proposta di patteggiamento (che gli sarebbe costato 500 mila dollari) e affrontò con successo il processo, dovendo però pagare 225mila dollari di spese legali.
Rodman ha inoltre aggiunto di aver ricevuto (non raramente) delle proposte anche da coppie sposate, oltre a porre una certa enfasi sul fatto che, anche dopo l’annuncio-shock di Magic Johnson della sua positività all’HIV, la situazione è rimasta sostanzialmente invariata: nessun cambio di abitudini da parte dei giocatori della NBA, “tornati tutti a scatenarsi come conigli”.
Ricordi d’infanzia
“Quando avevo 20 anni, la gente avrebbe attraversato la strada pur di starmi lontano. Ora, le folle si accalcano intorno a me per avere un autografo. Posso capirlo.”
Rodman ha giustificato il suo comportamento eccentrico ed autodistruttivo col fatto di essere cresciuto per le strade di Oak Hill, nell’area di Dallas. “Penso sia il motivo per il quale ora tendo a complicarmi così tanto la vita: non mi sento a mio agio nel poter stare tranquillo”. Si è detto convinto che, se non avesse giocato in NBA, sarebbe morto o finito in carcere.
Le sue due sorelle, Debra e Kim, stelle della pallacanestro all’high school, erano l’orgoglio della famiglia, mentre lui “la pecora nera”. Dennis era addirittura più basso di Kim quando si è diplomato all’high school, ed aveva giocato solo quando era al secondo anno nella squadra di riserva. A 20 anni, poi, ha ottenuto un lavoro come inserviente all’aeroporto di Dallas e, una notte, ha rubato circa 50 orologi da un negozio di articoli regalo situato all’interno dello stesso, che ha poi regalato ai suoi amici per far credere loro di essere diventato un pezzo grosso. Per questo è stato arrestato ed ha trascorso una notte in carcere, dove ha detto di essersi sentito “un animale in gabbia” e dove ha passato il tempo a pregare. Dopo che la polizia ha recuperato tutti gli orologi e l’indagine ha rivelato che era stato Rodman a distribuirli, sono state fatte cadere le accuse.
Finalmente cresciuto e sviluppatosi nel fisico, si è iscritto a Southeastern Oklahoma State University. Appena 22enne, è diventato un amico intimo di Bryne Rich, la cui famiglia, che gestiva una fattoria, ha avuto un ruolo fondamentale nell’educazione di Dennis, provando a condurlo, per quanto possibile, sulla retta via. Ha concluso il suo percorso accademico a 25 anni, dopo essere stato, fra l’altro, NAIA All-American per tre anni di fila, grazie ai suoi 25 punti e 15 rimbalzi di media. È stato selezionato dai Pistons al secondo giro dell’NBA Draft 1986.
Durante il suo primo training camp, ad un giornalista che gli chiedeva chi fosse, Rodman ha risposto: “Piacere, io sono un signor nessuno venuto dal nulla”.
Bianchi, neri (e Larry Bird)
“Un giocatore nero sa che può fare di uno bianco quello che vuole”.
Secondo Rodman, i giocatori afroamericani possano battere gli avversari bianchi ogni volta che vogliono.
Dal suo punto di vista, infatti, i primi, a differenza dei secondi, vedono questo gioco come una guerra, anche alla luce del fatto che, in generale, danno molta più importanza allo sport.
Rodman ha scritto anche su quanto sia stato duro il pubblico del Boston Garden con lui, dopo che i Celtics avevano battuto i suoi Pistons in sette partite durante le Finals della Eastern Conference nel 1987. Eppure, aspetto interessante, non era niente a confronto con quello di Chicago (prima del suo approdo ai Bulls), anche se poi naturalmente lo ha trattato da star.
A proposito di Celtics, Rodman ha scritto inoltre che Larry Bird era sopravvalutato e che aveva tutta l’attenzione dei media solo per il fatto di essere bianco.Tuttavia su questa dichiarazione ha successivamente detto di essersi spiegato male, e che non è una questione di bianco o nero: Bird era un grande giocatore.
Il suo orientamento sessuale
“Frequentare un bar gay o indossare una canotta con le paillettes mi fa sentire una persona completa, non monodimensionale”.
Un’opinione rinforzata anche da una sua predilezione tutt’altro che rara per gli abiti femminili. Questo, tuttavia, non aveva nulla a che vedere con il suo orientamento sessuale: Rodman si è detto certo della propria eterosessualità, semplicemente gli piaceva vedere e sentire come vivono altre persone.
Il suo colore preferito è il rosa, tanto da sceglierlo pure per la sua Harley Davidson e il suo pick-up. Non gl’importava di quello che pensasse la gente: “sono io l’unico giudice della mia mascolinità”. In un secondo momento, però, ha rimescolato le carte, affermando che, pur non essendo omosessuale, abbia fantasticato più volte sull’avere un rapporto con un altro uomo. “Penso sia una pulsione naturale per il tuo corpo andare a scoprire qualsiasi cosa”.
Sull’arte del rimbalzo
“Ho sempre dato tutto me stesso per non essere soft. Per me, è la cosa peggiore che tu possa dire ad un giocatore di basket, peggio persino che insultare sua madre”.
Rodman ha spiegato la sua specialità (il rimbalzo) e la sua ferrea volontà di diventare uno dei migliori rimbalzi di sempre. Rodman è convinto che la sua dominanza in questo fondamentale fosse dovuta principalmenre alla sua “fame” in campo, al pensare che prendere tutti i rimbalzi fosse l’unico modo per poter continuare a giocare in NBA.
“La mia tecnica nel prendere il rimbalzo? Qualcosa di unico”. Secondo Rodman, il segreto non era nella fisicità o nell’elevazione, ma nella capacità di contendere il possesso della palla saltando anche tre o quattro volte di fila, continuando ad avvicinarsela con tanti piccoli tocchi, fino ad averne il pieno controllo. “Come giocare a basket su un trampolo a molla.”
Sul campo “tutti volevano un pezzo di Rodman”, tanto che alcuni coach (che non ha nominato) avrebbero scelto un loro giocatore da far entrare solo per fare male a Dennis. Ma era impossibile che ció accadesse, perchè sarebbe servito un avversario ancora più pazzo ed eccentrico di lui – sicuri che esistesse?
Attacco a Mr. Robinson
“San Antonio avrebbe potuto essere qualcosa più di una squadra di basket, se David Robinson non si fosse bloccato ogni volta che gli Spurs giocavano una partita importante”.
Rodman aveva conservato un po’ del suo “trash talking” per l’ex compagno di squadra agli Spurs. Lo ha deriso perché Robinson aveva dichiarato che l’arrivo di Dennis “ha trasformato la squadra in uno zoo” e che la situazione è decisamente migliorata dopo che se n’era andato.
“Immagino che David la consideri nuovamente una squadra solo perché adesso c’è Will Perdue”.
Rodman ha raccontato che prima delle partite di Playoffs era successo più volte che Robinson non riuscisse a smettere di tremare in spogliatoio.
Avanti il prossimo. Nemmeno Chuck Person ha scampato il giudizio di Rodman; al tempo aveva celebrato la sua partenza e aveva sostenuto. Robinson, secondo Rodman, aveva dichiarato solo quanto la franchigia voleva sentire, e questo non è piaciuto a Dennis.
Ha avuto da ridire pure sulla sua intervista, tenutasi prima dello scambio, a casa del general manager dei Bulls, Jerry Krause: “Aveva parlato principalmente Krause. Non c’era bisogno di fare tutti quei discorsi per arrivare ad una semplice conclusione”.
Il giocatore più intenso di sempre
Rodman è convinto che la sua stoppata alla stella dei Rockets Hakeem Olajuwon nel 1990 sia stata la perfetta metafora della sua vita e della sua carriera: pur in apparenza battuto su una penetrazione al ferro di “The Dream”, Rodman è arrivato da dietro negandoglikt incredibilmente due punti facili all’ultimo secondo. Appena conclusa la giocata, si è accasciato al suolo in lacrime, di fronte alla bellezza del momento.
Ha scritto inoltre che mai nessuno nella NBA avesse giocato con la sua stessa intensità e lo stesso fervore. Dal suo punto di vista, quanto ha guadagnato in carriera è stato troppo poco, considerando che “solo Michael Jordan e Shaquille O’Neal sono stati meglio”.
Le possibilità di giocare oggi in NBA, se fosse un rookie, a detta sua sarebbero alquanto scarse: sembra infatti che le squadre vogliano solo giocatori capaci di segnare tanto e da lontano, per cui apprezzerebbero poco chi, come lui, lavorava duro sotto ai tabelloni ed era solito fare “il lavoro sporco”.
Per quanto possa essere stato un infaticabile agonista sul campo, Rodman ha spesso avuto a che fare con la depressione, nella sua vita. Ha cambiato numero di telefono così tante volte che, alla fine, ha chiesto alla compagnia telefonica di non dirglielo, così da non poterlo dare a nessuno.
Con l’avanzare dell’età, Rodman è arrivato a sentirsi senza più alcuno scopo nella vita e ha svelato di aver desideraro di morire in qualche occasione.