FOTO: NBA.com

Da Newark, Arkansas, a Los Angeles, California. Da undrafted a go-to-guy di una delle squadre più blasonate della lega. Dai minuti di garbage time ai canestri decisivi contro Grizzlies e Warriors negli ultimi Playoffs. Fresco del rinnovo che lo porterà a guadagnare 54 milioni di dollari nei prossimi 4 anni, Austin Reaves si appresta ad iniziare la sua terza annata in NBA, stagione della riconferma e della definitiva consacrazione come role player di lusso in una squadra che ambisce all’anello.

Vediamo insieme come il nuovo idolo dei tifosi Lakers sia riuscito a ottenere il meritato rinnovo, analizzando la sua evoluzione dal college alla NBA, per arrivare a riflettere sul suo ruolo nella Lega in proiezione.

Dal college al (non) Draft

Austin, proveniente da una piccola cittadina, non riesce a farsi notare dai grandi college, nonostante degli ottimi numeri all’High School, e riceve poche offerte per una borsa di studio. Decide quindi, quasi forzatamente, di scegliere il progetto di Wichita State.


A causa di un problema alla spalla, il primo anno di Reaves al college non è tra i più felici e anche nel secondo non si sente particolarmente valorizzato dal coaching staff, che decide di impiegarlo principalmente come tiratore di movimento inserito nel sistema e non come prima opzione offensiva, come il talento di Newark sperava.

Nella stagione 2019/20 decide quindi di passare ad Oklahoma, dove ha la possibilità di avere più palla in mano e di mettersi in luce. Nei due anni con i Sooners, Reaves arriva quasi a raddoppiare la propria Usage%, modificando drasticamente la sua shooting diet: le triple tentate calano parecchio e vengono privilegiati i tentativi in pull-up rispetto a quelli in catch&shoot. Inizia inoltre ad attaccare molto di più il ferro e ad andare in lunetta molto più frequentemente.

Questo cambio di stile di gioco porterà ad un drastico calo dell’efficienza al tiro, a causa delle percentuali da fuori decisamente rivedibili, ma servirà anche a portare alla luce alcune delle caratteristiche che oggi fanno di Austin Reaves un importante pezzo di rotazione NBA. Crescono infatti i numeri legati alla creazione per gli altri e si mette in mostra per la sua capacità di andare in lunetta iniziando per primo il contatto.

Fonte: Basketball-Reference / Dati per 100 possessi

Reaves, come dichiarato nella pre-Draft interview con Mike Schmitz, si rivede nello stile di gioco di Joe Ingles: noto per la sua capacità di essere un pass-first guy ma che, al momento del bisogno, riesce ad elevare il proprio gioco e a mettersi in proprio, nonostante un atletismo e un fisico sotto media, grazie alla propria furbizia e alla propria sfacciataggine.

Sono infatti ben note le capacità del giocatore di coinvolgere i compagni sul pick&roll e in situazioni di drive&kick, con ottime letture soprattutto nel trovare il compagno libero in angolo; non passano inosservate anche le capacità di punire la drop, principalmente dal long mid-range, e di andare in lunetta. Purtroppo per lui però sono ben noti anche i suoi difetti principali: la mancanza di atletismo lo porta spesso ad avere difficoltà nel creare separazione contro i giocatori atleticamente sopra la media e, abbinata all’alto carico di lavoro offensivo, la sua scarsa esplosività lo mette in grande difficoltà nella difesa point-of-attack. Sono proprio i limiti sul fisico e sul tiro a farlo scivolare nelle principali board di scout e analisti: benché il talento sia da primo giro, questi grandi punti interrogativi lo proiettano nel range di inizio secondo giro.

La notte prima del Draft, Austin e il suo agente ricevono una chiamata dal GM dei Lakers, Rob Pelinka, il quale promette al nativo di Newark un two-way contract qualora dovesse decidere di rifiutare le chiamate di altre squadre e finire undrafted. Il ragazzo non si lascia scappare l’opportunità di giocare per la franchigia del suo idolo Kobe Bryant e decide di rifiutare la proposta di Detroit alla numero 42.

Hillbilly Kobe is Him!

Nei due anni in maglia Lakers il ruolo di Austin Reaves è mutato tanto, complice anche il cambio in panchina. Nel suo anno da rookie inizia a farsi notare già dalla Summer League, dove si mette in mostra per le buone letture sul pick&roll e per le sue hustle plays, come il game winner contro Phoenix nato da un rimbalzo offensivo. Nella fanbase gialloviola iniziano rapidamente i paragoni con l’ormai ex Alex Caruso, ma in realtà i due hanno ben poco in comune: nonostante entrambi siano caratterizzati da un alto QI cestistico, Austin dimostra da subito di essere molto meno difensore della guardia da Texas A&M e molto più realizzatore e facilitatore per i suoi compagni.

Dopo essere entrato faticosamente nelle rotazioni di Frank Vogel e nonostante un contesto non particolarmente felice da un punto di vista tecnico e di spogliatoio, Austin continua a sviluppare il proprio gioco, vedendo crescere le proprie responsabilità come creator secondario e rispolverando, come nei primi due anni al college, le proprie capacità in catch&shoot. Particolarmente degna di nota anche la sua capacità di concludere al ferro, sia per percentuali che per varietà di soluzioni: nonostante non goda di un atletismo elitario, riesce a crearsi lo spazio necessario per la conclusione grazie a cambi di velocità in penetrazione, eurostep e all’ottimo uso del piede perno.

Con il cambio in panchina e l’approdo di Darvin Ham nella città degli angeli, troviamo anche un nuovo Austin Reaves. Durante l’estate il prodotto di Oklahoma ha lavorato tanto sul proprio tiro, in particolare sul pull-up game: le percentuali da fuori in questo fondamentale schizzano dal 28.6% post All-Star Game 2022 a degli ottimi 38.4% (pre All-Star Game 2023) e 41.4% (post All-Star Game 2023).

Reaves arricchisce anche il suo arsenale per andare in lunetta, riuscendo a traslare dal college la sua capacità di lucrare falli grazie alle finte che sfruttano il suo uso del piede perno e, nelle penetrazioni da posizione di ala, la sua capacità di iniziare il contatto buttando la spalla debole sul corpo del difensore. A queste armi aggiunge altri due trucchi del mestiere, “rubati” attraverso diverse ore di sala video a maestri come James Harden, Chris Paul e Trae Young. Dai primi riesce a carpire i segreti per riuscire a colpire le braccia dei difensori, sia in penetrazione che con il cosiddetto rip through (un esempio QUI). Dall’ex Oklahoma invece impara la capacità di lucrare falli in seguito ad un pick&roll: dopo aver sfruttato il blocco del compagno, Austin riesce spesso a punire i difensori che gli finiscono dietro per inseguirlo, arrestandosi in un fazzoletto e facendosi tamponare durante un tentativo di pullup dal midrange.

È proprio grazie a questi due aspetti migliorati del suo gioco che Austin inizia a ricevere sempre più responsabilità palla in mano e a ritagliarsi sempre più spazio nelle rotazioni dell’ex assistant coach dei Bucks: Reaves diventa la figura equilibratrice di molte lineup, guadagnando progressivamente anche la fiducia di Lebron e talvolta diventando il leader della second unit. Raggiunge infine il picco della performance nel post ASG dove, complice l’assenza del nativo di Akron, Austin assume spesso il ruolo di go-to-guy della squadra nei finali di gara e diventa uno dei simboli della cavalcata Playoffs dei losangelini.

L’importante finale di stagione non ha permesso a Reaves di scrollarsi di dosso tanti punti interrogativi sul suo gioco in ottica Playoffs: dai dubbi sulle percentuali al tiro da fuori, ai fischi ricevuti nel finale di Regular Season fino ai timori sulla tenuta difensiva on e off ball.

Nonostante la pressione legata alle suddette perplessità, sommata a quella generata dalla necessità di performare ad un buon livello per garantirsi un rinnovo di contratto pluriennale, il nativo di Newark ha risposto presente ancora una volta e ha stupito scettici e anche qualche fan, compreso il sottoscritto.

Con una usage% sostanzialmente invariata rispetto al post All Star Game, Reaves è riuscito a mantenere una buona efficienza realizzativa (61.6% di True Shooting) nonostante un Free Throw Rate calato rispetto alla Regular Season (dal 54.1% della RS al 29.4% dei Playoffs). Con il ritorno in cattedra di Lebron sono inevitabilmente diminuiti i compiti di creazione ma, nonostante questo, l’impatto di Reaves da questo punto di vista è stato comunque importante (18.2 di AST% a fronte di un 10.2 di TOV%).

Austin si è comportato abbastanza bene anche dal lato difensivo:

  • nella serie contro Memphis è stato spesso accoppiato a Bane, contro cui ha fatto un buon lavoro – specialmente off ball – nel seguirlo sui blocchi e nel negargli ricezioni facili fuori dall’arco;
  • nella serie contro Golden State ha fatto leggermente peggio, sia perché cercato sui pick&roll alti in punta di Curry, sia perché costretto ad un estenuante lavoro di inseguimento sui blocchi contro un maestro come Klay Thompson; nonostante questo, per le sue possibilità, ha fatto un lavoro degno, non facendo mai mancare effort e piazzando qua e là qualche hustle play;
  • nella serie con Denver ha fatto ciò che ha potuto contro avversari enormemente più grossi (Porter Jr.) o in stato di onnipotenza cestistica (Murray tornato finalmente ai livelli della bolla).

Nel complesso, la run Playoffs di Reaves è stata ottima:

  • 2° della squadra per True Shooting
  • 4° per Win Shares/48
  • 3° per Box Plus Minus
  • 1° per On-Off
  • 2° per 3P%

Il futuro

Reaves è entrato in free agency da Restricted Free Agent e, visto il finale di stagione in netta crescita con dei Playoffs da role player di alto livello, per lui si prospettava la possibilità di ricevere un quadriennale da circa $20 milioni annui (fino ad un massimo di $100 milioni in 4 anni) da squadre in pieno rebuilding come Houston e San Antonio.

I Lakers si sono da subito dichiarati disposti a pareggiare qualsiasi offerta pur di trattenere il talento dell’Arkansas, tuttavia non è stato necessario. Infatti nessun team con spazio salariale ha offerto i fatidici 100×4, quindi Austin Reaves è rimasto a LA per un quadriennale da $54 milioni (il massimo che potevano offrire i giallo-viola), con player option per l’ultimo anno: un contratto più che onesto e che rispecchia il valore del giocatore nello scacchiere tattico di Ham.

Reaves si candida dunque ad un’altra stagione da uomo chiave del sistema Lakers: insieme ai compagni di reparto Russell e Vincent sarà infatti chiamato a gestire i principali compiti di creation per i losangelini, così da ridurre il load offensivo di Lebron e consentirgli di arrivare più fresco nel finale di stagione.

Sarà interessante vedere se HillBilly Kobe riuscirà a confermare le percentuali nel tiro da fuori che ha sostenuto per tutto il periodo successivo all’All-Star Game, sfida tutt’altro che scontata, specialmente per quanto riguarda i pull-up.

Un altro aspetto da monitorare sarà la sua capacità di lucrare liberi. Abbiamo già visto in passato come gli arbitri possano cambiare diametralmente il metro di giudizio da una stagione all’altra in merito ad alcune tipologie di contatti (citofonare Trae Young e James Harden): riuscirà Austin Reaves a mantenere un alto livello di efficienza offensiva se gli arbitri dovessero iniziare a fischiare meno a suo favore?