Dopo Chris Paul a San Francisco, Porzingis a Boston e Beal a Phoenix, idee per altre “blockbuster trade” in arrivo nei prossimi giorni.

E’ il periodo preferito dell’anno per i sognatori della lega, meno per chi si è affidato al crudele destino degli small markets e per chi deve navigare tra dichiarazioni d’amore, smokescreen, report e nuovo CBA, per arrivare non tanto a previsioni e verità ma quantomeno al verosimile.

In questo articolo ci limiteremo a quattro giocatori, in stati di tensione che potrebbero cambiare la mappa dell’impero. Ciò premesso, non si può non partire dall’uomo copertina, colui che non scappa dal grind in maniera talmente coerente che è probabilmente il grind a voler fuggire da lui: Damian Lillard.

1. Damian Lillard ai Miami Heat

Forse è davvero arrivato il momento. Dopo 11 anni, di cui gli ultimi sette senza essere in grado di affiancargli un All-Star, Portland potrebbe voltare pagina e iniziare a pensare al post Lillard. Processo in realtà già ampiamente iniziato, dacché con la pick #3 del Draft di quest’anno è (clamorosamente) arrivato Scoot Henderson, il quale avrebbe avuto una lunga fila di compratori in caso fosse stato messo sul mercato per creare qualcosa più in linea con la timeline di un 33enne. Le azioni di Joe Cronin, GM dei Blazers, non potrebbero essere più lontane dalle sue parole, da quel commitment a creare una squadra vincente intorno a Dame. Un rookie, per quanto potenzialmente generazionale, non può bastare a risollevare un team reduce da un 13esimo posto a ovest, e flessibilità salariale non ce n’è.


Vediamo le possibili opzioni per il secondo capitolo di Dame.

Questa sembra la soluzione più probabile a livello salariale, computando anche la probabilità che Portland lasci spazio a Dame per scegliere la sua prossima destinazione e al contempo ricavi qualcosa di decente – nonostante il lungo e oneroso contratto di Lillard, che ne condiziona molto il trade value – anche oltre Herro.

In questo scenario, rimarrebbe indietro Brooklyn, che potrebbe presentare un’offerta simile con Spencer Dinwiddie, Nic Claxton e/o una pick in più (sarebbe storicamente adatta alla franchigia una scelta del genere), mentre potrebbe sparigliare il tavolo un’offerta di Boston che includa Jaylen Brown, nel caso in cui il prodotto di Berkeley non si renda eleggibile a Boston per il potenziale supermax che lo attende.

2. Paul George agli Atlanta Hawks

Che a Los Angeles, sponda rossoblù, ci sia della frustrazione, è evidente. E’ raro che due superstar così conclamate giochino così poco insieme. L’investimento di Ballmer è stato importante, e va in qualche modo salvato. Vanno in questo senso le parole di Howard Beck, reporter veterano della Lega: “Non stanno cercando di cederlo, ma di capire cosa potrebbero ricavare sì. Non sono soddisfatti di com’è andata quest’era”.

Certamente i Clippers non sono gli unici preoccupati dalla disponibilità di George, il che potrebbe impattare il suo valore. Tuttavia non si può dimenticare che si parla di un difference-maker importante, uno che nelle ultime cinque stagioni è 16esimo nella lega per box plus-minus, 12esimo all time per triple in carriera, nonché un passatore sottovalutato che viaggia a 5 assist di media da due anni, unendo tutto questo a spiccate doti difensive.

La caratteristica più ancestrale di PG sarebbe d’aiuto, insieme all’esperienza playoff, nella città delle pesche, dove l’esperimento di affiancare DeJounte Murray a Trae Young finora ha pagato pochi dividendi.

Gli Hawks in questo modo, liberi dal contratto di John Collins, rimarrebbero al di sotto della luxury tax aggiungendo la tanto anelata seconda stella, uno scenario da sogno; mentre i Clippers fornirebbero un setup migliore per Leonard, perdendo più di qualcosa offensivamente ma ringiovanendosi.

3. Deandre Ayton ai Toronto Raptors

Tornando agli smokescreens, quelle informazioni che si inseriscono sul mercato per valutarne la reazione, la presunta volontà di Phoenix di tenere Ayton insieme a Booker, Beal e Durant suona molto come gli abbiamo dato un contratto di cui non eravamo convinti, non è attrattivo e ora dobbiamo completare il roster. Tutto ciò, essendo già a livelli da record all time per quanto riguarda la luxury tax: Phoenix paga questi quattro giocatori un totale di 169 milioni di dollari per il 2023, con il cap a quota 136.

La realtà probabilmente sta nel semplice fatto che per della profondità nel reparto ali e un lungo che possa stare in campo al secondo turno, Phoenix sia disposta a cedere la sua prima scelta assoluta al Draft 2018. E se c’è una squadra nota per lo sviluppo – del quale il prodotto di Arizona avrebbe bisogno, al di là della sua storia non amorevole con l’ex coach Monty Williams – quella è Toronto, che a sua volta deve decidere cosa farà da grande in seguito all’uscita al play-in contro i Bulls e la mancanza di qualsivoglia velleità di tankare.

Al di là delle possibili picks (e pick swaps) da inserire, in questo modo insieme a Chris Boucher arriverebbero due veterani come Otto Porter Jr e Thaddeus Young, consapevoli di essere probabilmente all’ultimo giro di giostra, e quale posto meglio di Phoenix per provarci davvero, e quali addizioni migliori per quello che è a tutti gli effetti un instant team.

Per quanto concerne invece i Raptors, l’esperimento positionless potrebbe essere terminato considerando l’esonero di coach Nurse e l’addizione di un lungo più tradizionale come Poeltl, che ha anche portato i suoi frutti. Potrebbe essere un’idea.

4. Darius Garland agli Orlando Magic

Cleveland ha avuto la sua miglior stagione dell’ultimo lustro, e proprio per questo lo stillicidio contro i Knicks ha fatto più male di quanto preventivato. Il talento c’è, la direzione tattica di coach Bickerstaff anche (al di là di qualche difficoltà negli adjustments contro Thibodeau), ora c’è bisogno di allungare il roster attorno a Donovan Mitchell ed Evan Mobley.

Qui ritorna la solita questione degli small market poco attrattivi per i free agent, e quindi la necessità di battere strade secondarie: non il Draft in questo caso, perché se i Cavaliers non sono in win-now mode poco ci manca, e dunque una trade. La decisione dovrà essere presa con il coach, perché la rotazione è eccessivamente corta e necessita prima possibile di esperienza ed efficacia dall’arco, ma d’altro canto rompere un tandem potenzialmente devastante per quanto riguarda la creazione dal palleggio come quello tra Garland e Mitchell è una scelta da ponderare accuratamente.

In questo scenario si sa quel che si perde, meno ciò che si trova, ma potrebbe essere la quadra per definire una base con cui Cleveland cerca di diventare una contender. Jonathan Isaac è una scommessa, tanto dal punto di vista fisico ma anche a livello di fit, Jalen Suggs potrebbe essere un sostituto degno, che si avvicina a quel plug&play ricercato, mentre Gary Harris tornerebbe in una situazione simile a quella che ha dovuto lasciare a Denver per far sì che i Nuggets venissero incoronati qualche settimana fa.

Per Orlando invece dovrebbe essere un no brainer: la scelta di Antony Black da Arkansas all’ultimo Draft rende intasato il reparto piccoli, è presto per dare valore ai veterani e Isaac è sopperibile. Un creatore della caratura di Garland renderebbe efficace il pick&roll con Wendell Carter Jr e toglierebbe pressione da Paolo Banchero.

No brainer, anche dovendo aggiungere una pick tra il 2024 e il 2025 per rendere più allettante l’offerta.