Il parziale irrigidimento del metro arbitrale ha creato ancora più confusione; cosa fare ora?

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La regola è chiara: se il palleggiatore porta la mano sotto la palla, di fatto ferma il palleggio e non può riprenderlo. E’ però evidente che negli ultimi 20 anni di NBA si sia perso il collegamento tra la teoria e la pratica. Chi più chi meno, i giocatori lo fanno di continuo.

La flessibilità del metro arbitrale ha facilitato l’estrema velocizzazione del gioco, oltre che una maggiore spettacolarità delle giocate, ma l’esagerazione è sempre dietro l’angolo.

Se n’è accorta l’NBA, che a inizio stagione ha mandato una mail alle squadre “avvisandole” dell’irrigidimento arbitrale sul tema, per poi passare immediatamente ai fatti.


La (debole) stretta

Secondo quanto riportato da Kevin Pelton di ESPN, nell’intera durata della passata stagione sono state fischiate in tutto 110 violazioni di “palming” e “carrying”. Nel solo mese di novembre della stagione corrente, ne sono state fischiate 101. Il cambio di rotta è evidente.

La vicenda è diventata immediatamente di dominio pubblico, quando durante la partita tra Miami Heat e Golden State Warriors dell’1 novembre gli arbitri punirono ben tre volte Jordan Poole, uno dei giocatori che più galleggia sul limite della legalità durante il palleggio.

Nel post partita, il coach Steve Kerr centrò immediatamente il punto della discussione:

Sono rimasto sorpreso perché praticamente tutta la lega lo fa. Lo fanno da quando Allen Iverson ha convinto gli arbitri che era regolare. In realtà non è regolare, quello che fa Jordan è una violazione, ma lo fanno tutti

Parole che hanno avuto seguito in una successiva considerazione di Draymond Green:

Se inizi a fischiare quelle violazioni, allora devi fischiarle sempre. Ora vedremo

E Green faceva benissimo a dubitarne. Un mese dopo, possiamo dire che, di fatto, la maggiore severità degli arbitri è andata solamente a intermittenza, cambiando da partita a partita. Nella stessa notte, vi potrà capitare di guardare un match con decine di violazioni di passi e palla accompagnata in un tempo, e subito dopo un altro con zero fischi di quel tipo.

Quello che più fa storcere il naso a chi ha mantenuto la concentrazione su questo aspetto è la libertà che viene concessa a molte superstar. Intendiamoci, non è certo una sorpresa, ma dal momento in cui la lega si espone pubblicamente contro il problema (e di problema si tratta), la successiva mancanza di coerenza non può essere accettata.

Tra le decine di stelle che godono di un occhio di riguardo nei loro confronti, quello che più ne trae vantaggio è probabilmente Ja Morant. Il fenomeno dei Memphis Grizzlies è ormai abituato a commettere evidenti infrazioni in molte delle occasioni in cui comincia una penetrazione verso il canestro. Ciò ovviamente gli permette di sprigionare più velocità e prendere più vantaggio sul difensore. Non ci credete? Guardate con i vostri occhi.

Cosa fare ora?

A questo punto, lega e arbitri si trovano davanti a un bivio.

Potrebbero decidere di “arrendersi”, cedere alla legge dello spettacolo e dell’abitudine dei giocatori, e allentare nuovamente la presa. Non si parlerebbe più della questione, e tornerebbe a essere un problema grande ma molto più silenzioso. Si aggiungerebbe solamente alla lunga serie di modalità che, specialmente durante la Regular Season, forniscono agli attacchi uno schiacciante vantaggio regolamentare sulle difese.

Dall’altro lato, potrebbero immolarsi nel tentativo di avviare un cambiamento culturale, e punire consistentemente tutte le violazioni evidenti, in tutte le partite. Inizialmente si creerebbe una situazione complicata da gestire, ma i giocatori NBA hanno abbastanza talento per adeguarsi. Il gioco diventerebbe forse meno fluido e appariscente, ma sicuramente più competitivo.

Personalmente, non sarei troppo fiducioso sull’esito. Ciò che è certo, in ogni caso, è che questa sorta di via di mezzo a cui abbiamo assistito nell’ultimo mese non aiuta né i giocatori, né gli arbitri, né lo spettacolo.