Sono troppo corti? L’NBA è migliorata? O Nikola Jokic rende ancora i Nuggets favoriti?

FOTO: DNVR

Questo contenuto è tratto da un articolo di Bennett Durando per The Denver Post, tradotto in italiano da Marco Barone per Around the Game.


Una nuova stagione NBA significa un nuovo ciclo di 8 mesi immersi nel dubbio per i fan e gli addetti ai lavori. Ci sono 82 gare da giocare, ma la domanda è impossibile da evitare: chi vincerà il titolo? Ecco 5 ragioni per cui i Denver Nuggets si ripeteranno, laureandosi di nuovo campioni NBA, e 5 per cui non lo faranno.


Perché si ripeteranno

1. Nessuno ha ancora una risposta difensiva al Joker

Per quanto questa offseason sia stata, come al solito, movimentata in giro per la NBA, i Nuggets hanno ancora in mano la carta dal valore più alto del mazzo. Nessuna squadra competitiva ha ottenuto un difensore abbastanza convincente da rallentare Nikola Jokic. Kristaps Porzingis è più orientato all’attacco. Jusuf Nurkic? Potete scommetterci, il due volte MVP non si farà mettere sotto dal proprio predecessore, per quanto motivato quest’ultimo possa essere. Rui Hachimura ha retto bene a maggio, sì, per uno o due quarti, lo stesso vale per LeBron James, ma Los Angeles ha provato sulla propria pelle quanto sia inutile una tattica unica nel corso della serie. Finché i Nuggets avranno il miglior giocatore al mondo a roster, saranno sempre tra i favoriti.

2. Quintetto di campioni

Non c’è solo Jokic. I Nuggets stanno tornando con gli stessi cinque titolari utilizzati nel corso delle 20 gare Playoffs della passata stagione, chiuse con 16 a 4 di record. Jamal Murray, Michael Porter Jr., Aaron Gordon e Kentavious Caldwell-Pope formano una macchina ben oliata per un attacco complementare a Jokic. Ogni singolo possesso può prevedere una mezza dozzina di differenti possibilità, ognuno è responsabile dell’esito in base alla propria scelta ma, alla fine, tutti ottengono un buon tiro.

3. Christian Braun, la prova del lavoro sui rookie

Christian Braun non era uno dei nomi di punta nella Draft class 2022, anzi. Ma la scelta numero 21 ha dimostrato che giocatori solidi come lui possono avere un grosso impatto a Denver, messaggio importante per Julian Strawther, Jalen Pickett e Hunter Tyson, da tenere a cuore, visti i tanti minuti disponibili per la panchina. Braun è anche la prova che Calvin Booth abbia affinato la vista per i prospetti capaci di inserirsi nel sistema dei Nuggets. Questo basta ad avere fiducia nel fatto che almeno uno dei tre sopracitati possa avere minuti di qualità nella prossima stagione.

4. Pronti per il salto da All-Star?

Possiamo affermare abbastanza tranquillamente che né Murray, né Porter, né Gordon abbiano espresso ancora il massimo del loro potenziale. Nessuno di loro è ancora stato eletto All-Star in carriera. Murray si giocherò la selezione negli All-NBA Team, mentre MPJ ha voglia di ricordare a tutti le proprie qualità di livello All-Star dopo un crollo delle percentuali nel corso delle NBA Finals. Anche Gordon ha quasi ottenuto l’All-Star Game nella passata stagione, mancato alla fine. Michael Malone ha definito questo questione una “farsa”. Questa squadra ha nel suo DNA i Playoffs, ma molti elementi di questo nucleo hanno ancora qualcosa da provare.

5. Continuità tecnica

Non sono solo i giocatori ad avere qualcosa da provare. Se Malone saprà mantenere tale la traiettoria di Denver avviata nel 2015/16, potrà salire nell’élite degli allenatori dell’era moderna. Al momento è il quarto allenatore dal mandato più lungo in NBA, ma c’è un certo gap fra lui e i primi tre. Steve Kerr, Erik Spoelstra e Gregg Popovich hanno fatto 6 apparizioni alle Finals ciascuno in carriera, due di loro hanno completato il re-peat e l’unico che non ci è riuscito ha comunque vinto 5 titoli (Pop). Malone capisce i propri giocatori, li motiva come nessun altro e ha costruito un sistema vincente accanto a Jokic.

Perché non si ripeteranno

1. Panchina più corta

Storia già vista alla Ball Arena: un nucleo da titolo resta intatto, ma la squadra non riesce a fermare un role player chiave dall’andare altrove per uno stipendio maggiore durante la free agency. Bruce Brown era un giocatore deliziosamente versatile, con la taglia di una wing, l’abilità nel bloccare e aprire il campo propria di qualcuno che ha giocato con Kevin Durant e Kyrie Irving, le qualità palla in mano e le letture di una point guard. Come se non bastasse, i Nuggets hanno perso anche uno dei cardini della second unit, Jeff Green, facendo maggior affidamento sui giovani.

2. Frontcourt più corto

Le opzioni a disposizione dei Nuggets dietro a Jokic restano scarse, come nella passata stagione. Zeke Nnaji si prospetta il backup principale, ma è injury prone e un po’ “sottomisura” per giocare da “cinque”. DeAndre Jordan è insostituibile come uomo spogliatoio, ma non è certo quello dei giorni migliori. Denver potrebbe gestire meglio i minuti di Gordon per avere sempre in campo almeno un lungo affidabile, ma un aggiustamento potrebbe peggiorare il rendimento dell’ex Magic se dovesse essere forzato a rivestire più ruoli con quintetti diversi. L’ultima cosa che i Nuggets vogliono, comunque, è sentire di non poter fare affidamento su nessuno nel ruolo di lungo se non su Jokic, puntando su un carico più rischioso.

3. Miglioramenti delle altre contender

I Suns hanno trasformati i Big Two in un Big Three con l’aggiunta di Bradley Beal, leader NBA come scorer nel biennio 2019/20-2020/21. Così, i Warriors hanno ottenuto Chris Paul nel conseguente effetto domino generato da Phoenix. Inoltre, i Bucks hanno formato uno dei duo di superstar più intriganti degli ultimi anni, mentre i Celtics hanno acquisito Jrue Holiday, residuo di quella trade, per completare un’offseason che aveva già portato a Boston Porzingis. Anche i Lakers sono stati molto efficienti, con firme minori fra cui anche Gabe Vincent, e confermando Austin Reaves. I Nuggets hanno oziato mentre le squadre attorno si sono rinforzate con aggiunte brillanti.

4. Siamo in un’era di maggior equilibrio

Costruire una dinastia in questo momento della storia NBA è semplicemente quasi impossibile. Ci sono stati 5 campioni NBA diversi negli ultimi cinque anni e quattro differenti squadre uscite dalla Western Conference in altrettanti anni. Aggiungete a questo il fatto che a ovest ci siano quasi solo contender o pretender con giovani stelle promettenti, e otterrete la ricetta per sfinire i campioni in carica. Un nucleo promettente come OKC, che si prospetta squadra da Play-In alla opening night, sarebbe capace di scambiare alcune delle 10.000 Draft picks a disposizione in qualunque momento per trasformarle in un “peso massimo”. Quando anche squadre nella parte “bassa” della conference hanno un tale potere, nessuno è davvero al sicuro.

5. Infortuni e sfortuna

Gli infortuni sono inevitabilmente parte del gioco. Ogni squadra può sperare di tenere vuota l’infermeria per una stagione, ma nessuno può evitare per sempre incidenti di percorso. Chiedete a Murray e Porter, che hanno lavorato senza sosta per riprendersi dai rispettivi problemi e restare in salute per tutta la durata dell’ultima stagione. In uscita da un’estate corta, le prossime 82 gare saranno fisicamente provanti per i Denver Nuggets, potenziali iscritti alla lista di svariati “what if” presenti ogni anno in NBA.