Da Reggio Emilia a Dallas, passando da Milano, Bamberg e Istanbul: ripercorriamo la lunga scalata che ha condotto Nicolò Melli nel mondo NBA.

Come si trasforma un giocatore qualsiasi di pallacanestro in uno di livello NBA?

Questa è la domanda che tutti gli allenatori e tutti i giocatori del mondo si fanno. È di tutti l’aspirazione di diventare il nuovo Michael, il nuovo “Magic”, il nuovo “Shaq”. Trovare la ricetta perfetta per avere il miglior prodotto nel più breve tempo possibile sarebbe semplicemente fantastico. Un mondo cestistico di soli campioni, dove tra Europa, NBA, Giappone, Oceania non ci sia più alcuna differenza; una pallacanestro di fenomeni.

La risposta a questa domanda (per ora) non esiste; o, meglio, per ciascuno è diversa. Impossibile pensare che con un dieta, un scheda per la palestra, la ripetizione per migliaia e migliaia di volte un movimento basti a creare un giocatore.


Un grande giocatore non è solo un automa del basket, una mente stretta nella morsa delle quattro linee, delle due lunette e dei due canestri. Un grande giocatore ha bisogno anche di uno sviluppo mentale ed umano.

Queste riflessioni non sono scritte a caso o per puro vezzo di forma; tali pensieri scaturiscono da una riflessione fatta nelle sedute di redazione: qual è stato il percorso che ha portato il “nostro” Nicolò Melli dalla Serie A2 alla parentesi NBA?

Come detto, per lo sviluppo di un giocatore non basta solo l’allenamento, la costanza, una dieta e la palestra, ma un giocatore si costruisce anche con gli incontri – casuali o meno – che si pongono sul suo cammino e come questi eventi possono forgiare l’attitudine ed il carattere della persona dietro al giocatore. Questo pensiero non può essere più vero che per Melli; un giocare che ha abbracciato la massima espressione del basket mondiale a ventinove anni, dopo una carriera europea tortuosa.

Pallacanestro Reggiana e VL Pesaro

Facciamo un viaggio a ritroso nel tempo e ci ritroviamo nella stagione 2007-2008. Siamo in Lega A2. La Pallacanestro Reggiana si appresta ad una rivoluzione dopo un’annata che è costata la retrocessione dalla massima categoria. Si decide di ripartire dal settore giovanile, che in quelle zone ha portato tantissimi talenti.

C’è un ragazzo, un certo Nicolò. Ha appena sedici anni quando esordisce: 6 punti, 6 rimbalzi e 2 assist contro Pistoia. Il talento c’è, un talento cresciuto e coltivato nei due anni precedenti in quel di Reggio Emilia.

Molto spesso il basket italiano si dimentica di quanto siano importanti i settori giovanili; ed è proprio in quelle giovanili, nelle eterne sfide contro la Virtus Bologna, che il giovane Melli inizia a prendere forma. Insomma, esordire in Lega A2 a soli sedici anni non è da tutti. La stagione è molto promettente, fa vedere ottime cose. Registra anche una doppia doppia contro la Libertas Livorno: 11 punti e 10 rimbalzi.

Trascorre altre due stagioni in Emilia e le sue cifre crescono. L’ultima stagione in biancorosso la chiude con 10.7 punti, 7.1 rimbalzi e 0.9 assist di media. Non male per un diciottenne. Occhi particolari si puntano con sempre maggiore attenzione su quel talentino italiano. Gli occhi sono quelli dell’Olimpia Milano. Nell’estate del 2010 firma il contratto e il 24 Ottobre esordisce contro la Benetton Treviso: 0 punti e 4 rimbalzi. Esordisce anche in Europa.

I tempi sono ancora troppo acerbi per il ragazzo. Viene mandato a farsi le ossa fino a fine stagione a Pesaro, alla corte di Luca Dalmonte ed in compagnia di un giovane Daniel Hackett. La migliore prestazione, però, arriva proprio contro Milano: 17 punti conditi da 5 rimbalzi. Si vede che il ragazzo ci teneva particolarmente.

Questi sono anni di sperimentazione, di crescita pura per Nicolò; tutta esperienza da accumulare nel bagaglio tecnico per il futuro.

Olimpia Milano

Finalmente, forse anche dopo il netto segnale inviato alla società milanese, approda in un’Olimpia pronta all’ennesima rivoluzione con Giorgio Armani, al suo quarto anno di presidenza, e con l’arrivo di un head-coach di alto livello come Sergio Scariolo – già allenatore della nazionale spagnola. Le aspettative sono tante, anche in ambito europeo.

Il roster viene completato da un ritorno notevole, complice Lock-out NBA: quello di Danilo Gallinari. Stiamo parlando probabilmente del miglior giocatore italiano degli ultimi dieci anni, e per Melli è sicuramente di grande allenamento confrontarsi con un giocatore NBA; forse anche troppo. La prima stagione non è male, anche se Milano non riesce ad ottenere i successi tanto sperati. In campionato porta buone medie sia a livello di minutaggio che di gioco: 4.7 punti e 4.3 rimbalzi in 15.5 minuti di utilizzo nelle dodici uscite ai Playoffs, dopo una stagione regolare in cui era stato meno impiegato dal proprio coach – solo 11 minuti a gara con 3.4 punti e 3.3 rimbalzi.

FOTO: olimpiamilano.com

Ci si aspetta inevitabilmente di più dal ragazzo. Le stagioni successive vanno meglio, ma non come si spera. Milano, dopo due stagioni con Scariolo, è ancora al palo. Il minutaggio di Nicolò aumenta, sia in campionato che nelle coppe europee. Il ragazzo non convince. Il talento c’è, ma Milano non è un piazza facile da gestire. I riflettori sono sempre puntati, illuminano qualsiasi scelta si faccia sul campo e fuori. Il pacchetto lunghi, in cui un Melli già fa vedere un ottimo gioco perimetrale, tipico di un basket più moderno ancora poco affine al mondo europeo è sovraccarico di talenti; basti pensare ai soli Alessandro Gentile e Leon Radošević.

L’Olimpia non vince, e cambia ancora. Nella stagione 2013-2014 arriva Luca Banchi, reduce dei successi in casa Mens Sana Siena. La squadra viene ancora una volta rivoluzionata. Arrivano Samardo Samuels, Gani Lawal e C.J. Wallace.

Melli inizia a carburare: in Eurolega sigla il suo primo career high di 20 punti contro lo Zalgiris e viene impiegato regolarmente – 21 minuti circa di media con 5.3 punti e 4.3 rimbalzi. In campionato diventa titolare e gioca 22 minuti circa con 7.8 punti + 5 rimbalzi abbondanti a partita. Un passo decisivo per la sua crescita, che lo porterà anche a disputare degli ottimi Playoffs di Eurolega come tutta Milano – fermata dal Maccabi futuro campione ad un passo dalle Final-4. Nella stagione dello Scudetto dopo un’astinenza durata 18 anni, Melli gioca degli ottimi Playoffs soprattutto nella propria metà campo compresa una sontuosa e decisiva Gara 7 di Finale contro Siena da 11 punti e 13 rimbalzi.

La stagione successiva parte con un mercato faraonico che vede gli innesti di Linas Kleiza, MarShon Brooks e di Joe Ragland, autentica rivelazione dell’anno precedente a Cantù. Milano è chiamata alla riconferma dell’anno precedente, sia in campionato che in Eurolega, ma il tutto si traduce in un autentico disastro.

Pur chiudendo al primo posto nella Regular Season, l’Olimpia viene eliminata in semifinale in 7 gare dalla Dinamo Sassari (complice lo stesso Nik che genera malauguratamente un fallo sul +3 Milano negli ultimi secondi di gara, passaggio fondamentale per il pareggio della Dinamo e i successivi supplementari poi persi) e fallisce clamorosamente la qualificazione alla Top16 di Eurolega.

Il minutaggio in campionato ed in Eurolega per Melli diminuisce. E’ evidente che non sia in fiducia, complice anche la fatica di Milano nel giocare di sistema, vittima troppo spesso degli assoli dei singoli.

Molto spesso si sottovaluta quanto sia importante l’ambiente cestistico che si respira attorno alla squadra. La presidenza Armani ha segnato in modo deciso una rotta ben precisa: vincere, vincere, vincere, e subito. In quest’ottica, con un Gentile preferito per maturità, fisicità e stile di gioco molto più interno e la folta presenza di americani nel ruolo, Melli si trova stritolato tra la paura di sbagliare e un sistema poco fittante.

A livello tecnico si vedono miglioramenti nella percentuale da oltre l’arco (38.2 % in stagione), ma manca sempre qualcosa. Lo si vede, non è a suo agio.

A Nik serve qualcosa di più, serve spazio.

Brose Bamberg

Il destino si presenta alla porta sempre in modo inaspettato. Gli incontri sono sempre frutto di qualche strana energia che circonda gli eventi. Qui, finalmente, Melli trova la sua dimensione. Lo vuole con tutte le forze uno dei migliori allenatori italiani nel mondo: Andrea Trinchieri.

L’incontro tra i due doveva avvenire proprio in quell’anno, proprio in quel momento, proprio in quel progetto. Trinchieri viene da una stagione assolutamente positiva appena due anni prima con l’Unics Kazan: vittoria della Coppa di Russia – terza nella storia del club – e raggiungimento della finale di Eurocup – persa contro il Valencia di due vecchie conoscenze del basket italiano come Romain Sato e Kšyštof Lavrinovič.

FOTO: brosebamberg.de

Il progetto russo non lo convince. Sposa con assoluta convinzione il progetto del Bamberg. La pallacanestro tedesca non ha mai regalato grandi titoli a livello europeo e le grandi squadre si stanno pian piano formando, in un clima volto allo sviluppo di una cultura cestistica piuttosto che al raggiungimento di vittorie ambiziose. Porta con sé il suo play di fiducia Nikos Zīsīs– e si porta a casa il settimo titolo tedesco della storia del club. L’arrivo dell’emiliano avviene in tempi propizi.

I giovani sono sempre stati un pallino per l’allenatore milanese, e Melli rappresenta una giusta sfida.

Finalmente nella stagione 2015-2016 l’approdo del lungo emiliano è ufficiale. Ed è qui che inizia la magia.

Tempo di conoscersi e l’asse Trinchieri-Melli è compiuto. Il gioco di Nicolò finalmente matura e il suo tiro da tre riesce ad aprire il campo in modo incredibile. Trinchieri ha sempre giocato con dei lunghi mobili – vedi la presenza di un promettente e giovane Daniel Theis (sarà forse un caso?) – e lui ci si adatta alla perfezione, mostrando anche un’ottima abilità nella visione di gioco, forse troppo nascosta sotto “la Madunina”. Le statistiche parlano chiaro: 2,7 assist di media a partita e miglior risultato in carriera.

Piccola nota di contorno: in quella squadra c’è anche un venticinquenne di nome Brad Wanamaker, ex – tra le altre – di Boston Celtics e Golden State Warriors.

C’è un dettaglio che colpisce ancora di più: si fa crescere la barba – chissà, forse influenza bavarese.

Finalmente è divenuto uomo, finalmente si vede il giocatore.

Tutti lo dipingono come un miracolo, in realtà non lo è. I segnali premonitori c’erano stati già a Milano, ben prima del passaggio in Germania, semplicemente il tempo ed il luogo non erano quelli giusti; non era ancora il tempo della maturazione.

Nelle interviste, quando ancora oggi parlano l’uno dell’altro, Trinchieri e Melli sembrano quasi commuoversi. Il loro rapporto non è semplicemente quello tra giocatore ed allenatore, ma emerge l’immenso rispetto che li vincola elevandoli.

“Nicolò, lo sapete, con lui ho un rapporto speciale. Non è solo un giocatore per me”.

(Andrea Trinchieri)

I risultati arrivano e subito: Titolo di Germania e Supercoppa in bacheca, oltre all’approdo nelle Top16 di Eurolega. Anche a livello personale le soddisfazioni in ambito europeo sono tante. Segnarne 17 contro il CSKA Mosca di Miloš Teodosić e Nando De Colo, poi vincitori della competizione, è una grande soddisfazione.

La stagione successiva è una ferma e solida conferma di quanto vista nella precedente. Melli è un giocatore pronto a tutto e soprattutto robusto anche a livello europeo. Manca però il successo internazionale, nonostante le statistiche aumentino in tutte le voci con una valutazione media di 16.1 – dato più alto in carriera – e con la media di rimbalzi difensivi più alta in Eurolega. Arriva il secondo scudetto consecutivo e il successo in Coppa di Germania a coronare il suo percorso tedesco.

Il momento della consacrazione è giunto, e non può arrivare con Trinchieri. Le offerte dagli USA non mancano e sono indubbiamente allettanti, ma è qui che si fa vedere il lato saggio. Sceglie di aspettare, di essere veramente pronto, e sceglie il suo amico Gigi Datome (e il suo ex-compagno di squadra Wanamaker).

Fenerbahçe Spor Kulübü

“Nella mia carriera ho avuto due allenatori fantastici: Trinchieri ed Obradović. Al primo piace infiorettare il gioco, gli piacciono i pizzi; il secondo dà indicazioni nette e precise, non ci si può discostare troppo dalla traccia e funziona, ma sono riuscito ad adattarmi a pieno ad entrambi i giochi”

“Con Gigi ho un rapporto fantastico. Ne sono testimonianza le nostre live su Instagram. Ci divertiamo sempre insieme”

(Nicolò Melli)

FOTO: euroleague.net

Queste due frasi fanno capire sia il passato che il presente e futuro del giocatore. Siamo nella stagione 2017-2018. Arrivare alla corte di Želimir “Željko” Obradović, uno degli allenatori leggendari del panorama europeo, e congiungersi con suo amico Datome segnano inevitabilmente la trovata maturità di Melli: una nuova sfida (tosta) in un sistema già equilibrato. Non scordiamo che si ritrova in una delle arene più calde di Europa. Passa da un ambiente molto tranquillo ad uno caldissimo, un netto passaggio di consegne; forse ora è tempo per tutto questo, è tempo per vincere in una società abituata a farlo, vista l’Eurolega conquistata la stagione precedente.

La consacrazione arriva. Un giocatore estremamente solido, che riesce a congiungere un gioco trinchieriano ad uno più deciso, tipico dell’allenatore serbo. Un giocatore in tutte e due le metà campo: difensivamente, un lungo che riesce a tenere i 2-3 senza troppi problemi e fare a sportellate con gli “armadi” avversari; offensivamente, un assist-man – ricordo del gioco di Trinchieri – un ottimo tiratore dall’arco capace di aprire facilmente il gioco sia per gli esterni che per gli interni. Giocatore fondamentale.

In patria si vince: scudetto e Coppa del Presidente arrivano, come previsto. Arriva l’ora di combattere per l’Eurolega. La Regular Season fa ben sperare: secondo posto, dietro solo al CSKA di Kyle Hines. Il cammino continua agilmente: 3-1 al Saski Baskonia del coach Pablo Prigioni. Il primo avversario delle Final Four è lo Zalgiris Kaunas di Šarūnas Jasikevičius, che di Eurolega ne sa qualcosa. La partita è combattuta, molto. Melli gioca una buonissima partita difensiva, ed è proprio la difesa che fa vincere la squadra turca, oltre ai 16 punti segnati dal “Gigione” nazionale.

La finale, la tanto agognata finale europea finalmente raggiunta. La tensione è altissima, si punta a vincere, a tutti i costi.

“Quella è una delle notti più belle e più brutte della mia carriera. Tante emozioni, una ferita aperta che ancora si fa sentire”

L’avversario è il Real Madrid di un predestinato del basket mondiale: Luka Dončić. Nicolò è in forma, è la sua stagione migliore della carriera, basta solo vincere. Ma quando di parla di Real mai niente è scontato. Non si può dire nulla a priori. La partita del lungo emiliano è spaziale, una prova di maturità incredibile, è dentro il gioco, non ci sono distrazioni, ed il tabellino lo sottolinea in modo fantastico: chiude la contesa con 28 punti (Career-High in Europa), 6 rimbalzi e 1 assist. Impressionante.

Nonostante questo, l’Eurolega non arriva ad Istanbul, ma vola a Madrid.

Dopo una partita così, ci si aspetta rabbia, frustrazione, ci si aspetta che le interviste siano imbestialite, fiammeggianti, ma qui parliamo di un Giocatore, con la “G” maiuscola.

“Hanno semplicemente giocato meglio di noi”

Dopo quella maledetta partita di Belgrado, si è assistito alla nascita di un professionista ormai consacrato, alla fioritura definitiva dell’uomo, l’esplosione di un talento cerebrale oltre che cestistico.

NBA: New Orleans Pelicans e Dallas Mavericks

La stagione successiva non è delle più rosee e i risultati non arrivano. Arriva, come era arrivata a Bamberg, l’ora di prendere il volo verso un nuovo lido, chissà…

Sì, si sente pronto, è il momento di andare oltreoceano ad assaggiare finalmente il campionato più bello del mondo. Arrivano i Pelicans.

Non una contender, una squadra che sta cercando di ripartire da fenomeno generazionale Zion Williamson, e per questo il luogo perfetto per un “rookie” di ventotto anni.

La prima stagione è in crescendo: riesce ad ottenere uno spazio interessante da 3&D, con il tiro da 3 in pick and pop come marchio di fabbrica. Fino alla pandemia e al blocco della stagione, durante la quale inevitabilmente le polveri si raffreddano. Nei mesi precedenti erano arrivati anche 8 Quintetti.

L’esperienza della Bubble di Orlando si traduce in una delusione sia personale – netta la flessione nelle percentuali, dopo un’ottima stagione fino a marzo – che per i Pelicans, incapaci di raggiungere i Playoffs. Nik offre però un’interessantissimo spaccato della stessa raccontandola nel suo Podcast.

Chiude la stagione a 17 minuti circa di media in cui produce 6.6 punti, 3.0 rimbalzi e 1.4 assist.

FOTO: NBA.com

L’inizio di stagione successivo, però, è deludente, e coach Van Gundy gli concede un impiego di soli 11 minuti a partita, dove tira con percentuali pessime: 25.4% dal campo e 18.9% da tre su 1.7 tentativi. Questo porta a una crisi inevitabile.

Alla trade deadline di marzo 2021 viene girato, assieme a JJ Redick, ai Dallas Mavericks per James Johnson, Wes Iwundu e una second-round pick, approdando alla corte – che ironia, eh? – di quel Luka Dončić che lo ha affrontato, e sconfitto, in quella maledetta finale di Eurolega.

Nik, pur migliorando, continua a faticare al tiro, restando abbondantemente sotto il 40% dal campo e convertendo solo il 33.3% dei suoi 2.1 tentativi di media a gara da dietro l’arco. Nonostante questo, l’impegno che Melli impiega, soprattutto nella metà campo difensiva, valgono l’apprezzamento di coach Rick Carlisle, che sporadicamente gli concede un minutaggio elevato – seppur alternato a gare di puro garbage time.

Nik in Texas ha anche l’opportunità di giocarsi i Playoffs, nonostante venga relegato ai margini della rotazione, ultimo assaggio di una NBA che, l’anno successivo, non sarà più pronta ad accoglierlo.

Chi lo accoglierà a braccia aperte, invece, è quell’Olimpia Milano con cui è cresciuto, della quale diventa anche capitano poco dopo. E, se proprio volessimo imbastire una improvvisatissima ringkomposition, quest’anno è riuscito anche a superare quel Sergio Scariolo, seduto sulla panchina della Virtus Bologna, con il quale tutto era cominciato.

Dopo questa lunga descrizione della carriera di Melli, siamo giunti forse ad una riposta alla domanda originaria, sebbene l’esperienza di Nik negli States si sia chiusa dopo due sole stagioni: come si fa a costruire un giocatore di livello NBA?

Ci possono essere due diverse riposte. La prima, forse un po’ (troppo) filosofica – e proprio per questo sarebbe apprezzata da Nik – è che ogni giocatore deve avere la fortuna e la caparbietà di costruirsi il giusto momento, il giusto spazio ed il giusto ambiente per poter esplodere; non tutti ci arrivano a vent’anni come Dončić. Ogni cosa a suo tempo.

La seconda risposta? Potreste chiederla a Trinchieri o ad Obradovic.

Nel frattempo, Nicolò Melli non sta perdendo occasione per dimostrare al mondo che, possa trovarsi a Milano, New Orleans o Dallas (o Berlino), è ancora in grado di condividere il campo – e discretamente – con un due volte MVP.